Il Figari International Short Film Festival, quest’anno alla sua tredicesima edizione, è il primo festival di cortometraggi in Italia che permette l’incontro diretto con il mercato. Il festival, che vanta tra i partner la Sardegna Film Commission e Rai Cinema, nasce proprio da questa esigenza e ad oggi è una realtà affermata e riconosciuta in tutto il mondo, non solo nel nostro paese. La Sardegna ospita questa importante iniziativa, che quest’anno trova delle presenze importanti tra gli ospiti. L’organizzazione del festival si occupa anche di produrre corti e presto si approccerà al lungo. Abbiamo avuto un’interessante chiacchierata con Matteo Pianezzi, direttore artistico del Figari Film Festival, in cui abbiamo parlato del ruolo dei cortometraggi nel mercato cinematografico e dell’importanza di questo tipo di opere per i giovani registi.
Come nasce l’idea di creare questo festival?
L’idea del festival nasce da una volontà comune, la volontà di un’amministrazione che voleva creare un evento artistico nel proprio comune e da parte nostra per il fatto di voler creare qualcosa nella nostra zona inerente al nostro lavoro; perché quando abbiamo iniziato nel 2011, creando la nostra società di produzione, eravamo all’inizio del nostro percorso lavorativo e volevamo creare un luogo di incontro che diventasse un punto di riferimento per i giovani lavoratori del cinema, produttori e registi principalmente, e abbiamo creato un evento partendo dal presupposto di ideare il festival in cui ci sarebbe piaciuto essere invitati, con una gestione di ospiti di un certo tipo e un’ospitalità del luogo di un certo tipo. Abbiamo creato una sorta di isola felice del cinema d’estate. In tutto questo la location aiuta molto.
Il mercato dei cortometraggi è in espansione in Italia e all’estero? Ci sono le basi per un’industria solida?
Quando noi siamo partiti, in Italia eravamo molto indietro nell’ambiente del cortometraggio, una delle poche realtà era Mediaset con “Corto 5”; poi grazie al nostro lavoro e al nostro rapporto con rai cinema, rai cinema ha iniziato ad acquistare cortometraggi e a inserirli sulle piattaforme, creando un movimento di acquisizione di corti Italiani. Lo sviluppo delle piattaforme ha creato un movimento aggiuntivo: pensiamo a WeShort, unicamente dedicata ai cortometraggi. Oggi c’è un movimento; è importante però che il mondo del cinema breve abbia attenzioni anche da un punto di vista politico, bisogna capire che nei corti c’è il domani del nostro cinema, bisogna investirci e fare talent scouting. C’è un margine di crescita importante.
Ne abbiamo parlato anche ieri con Francesca Vargiu.
Figari Film Fest, riferimento per il mercato dei Corti
Secondo te l’unica via per un giovane regista per arrivare a dirigere un film è il cortometraggio? Pensi che ci siano vie alternative?
Io il corto non lo considero mai una palestra, ma un banco di prova lavorativo serio; perché la differenza tra lungo e corto sta solo nell’investimento di denaro e nei giorni di lavorazione, oltre alla durata complessiva del prodotto. Il corto per il resto è un film in tutto e per tutto. Penso sia fondamentale per cimentarsi alla realizzazione di un film. È complicato approcciarsi alla creazione di un lungo senza aver mai fatto niente prima. Anche le grandi produzioni fanno fare dei corti a registi emergenti per fargli fare poi un lungometraggio. Le grandi società testano i nuovi registi con piccole produzioni di corti. Il produttore che investe sul giovane vuole giustamente avere qualche garanzia sulle sue capacità. Con il corto si capisce anche lo stile del regista e il suo tipo di cinema.
Io paragono sempre il film al libro e all’album musicale come tipo di opera, secondo te il cortometraggio è paragonabile a questi tre tipi di opere?
Probabilmente si perché ha tutte le dinamiche del lungometraggio. Nonostante la durata di 20 minuti, ha tutte le caratteristiche di un film, magari è come un racconto breve, un piccolo libro che leggi in poche ore. Invece di essere un album completo magari è un EP; è comunque un opera in cui c’è vita dentro.
Pensi che ancora oggi nel mercato ci sia spazio per quei film che sono, di fatto, delle raccolte di corti? Film come Ro.Go.Pa.G. oggi sono realizzabili?
Penso che sia cambiato il modo di fruire le opere e il modo di approcciarsi. Penso che oggi sia più probabile strutturare una serialità, pensiamo a Black Mirror che di fatto è composta da dei corti autoconclusivi. Probabilmente il corto può diventare episodio seriale. Essendoci una crisi della sala, il miglior percorso può essere appoggiarsi a una piattaforma per creare un prodotto seriale; con un Fil Rouge che leghi i vari corti. La serie in questo periodo storico probabilmente si sposa al meglio con il cortometraggio.

Pianezzi