Le tanto attese regole annunciate dagli Academy, dopo la polemica di qualche anno fa per una maggiore rappresentanza bianca rispetto a quella afroamericana, sono diventate realtà. E a dire il vero toccano solo la categoria miglior film e non tutte le altre. Caso curioso e incomprensibile, come se solo il Miglior Film dovesse essere posto sotto tutela. Ma andiamo ad analizzare i pochi pro e i tanti contro delle nuove norme restrittive.
Distribuzione più ampia: blockbuster vs film indipendente
Una delle regole necessarie per la candidatura riguarda la distribuzione del film. Va precisato che tali cambiamenti riguarderanno produzioni 2024 e quindi avranno impatto per l’edizione 2025; quindi non toccheranno minimamente quella corrente. Riguarderà una permanenza maggiore in sala delle pellicole e sarà mirata a valorizzare l’uscita sul grande schermo. Una regola che, come si intuisce, mira a indebolire fortemente piattaforme come Netflix che hanno un’uscita in sala molto limitata in favore dello streaming.
Il film come sempre dovrà uscire almeno per una settimana in una città tra Los Angels, l’area di San Francisco, New York, Chicago, Miami e Atlanta. La novità sta nel fatto che si dovrà aggiungere un’altra settimana di distribuzione nei 50 mercati cinematografici degli USA. E per quanto riguarda i film non americani, oltre ad uscire ovviamente nel proprio paese d’origine, dovranno uscire in almeno due di questi 50 mercati con in più una distribuzione in ben 15 mercati internazionali.
Ora, è abbastanza evidente che con questa rigida regola distributiva, gli Academy vogliano premiare se stessi come industria. Tale norma va infatti a premiare un cinema di massa a discapito di quello indipendente. Sappiamo benissimo che le grandi case di produzione con i loro film d’intrattenimento occupano le maggiori sale e i cinema per mesi, lasciando le briciole al film con minore budget. E in quest’ottica il cosiddetto film indie, se prima aveva le gambe indebolite, adesso le ha spezzate.
La soluzione non può essere quella di affidarsi a case tra l’indipendenza e la major come A24, perché non tutti possono permettersi una collaborazione del genere. Oggi film come Parasite avrebbero pochissima speranza di essere candidati come Miglior Film. Così come Coda, film Apple e vincitore nel 2022, e candidato grazie allo streaming.
Eccesso di inclusione e i gruppi sottorappresentati
Ma le regole più stringenti riguardano tutta quella branca del politicamente corretto che mira, ormai da anni, a modificare il cinema in favore di categorie da proteggere e che gli Academy chiamano gruppo etnico sottorappresentato. Con le nuove direttive infatti un film potrà essere candidato solo se rispetterà due di questi quattro punti. Il primo punto riguarda gli attori e il tema della rappresentazione. L’attore/attrice principale dovrà essere asiatico, ispanico/latino, nativo, afroamericano o nordafricano, hawaiano e altra etnia sottorappresentata non specificata. L’attore/attrice secondario invece, il non protagonista, dovrà essere per forza di cose : una donna, un disabile o non vedente o un appartenente alla comunità lgbtqia+.
Ma la deriva maggiore e più pericolosa riguarda la trama: l’Academy pretende che il film debba parlare per forza di cose dei gruppi che chiama sottorappresentati. Se ci fermassimo a considerare la donna in questi gruppi soffermandoci nello specifico alla sua rappresentazione sul grande schermo negli ultimi almeno cinque anni, non potremmo che sorridere. Tutte queste categorie sottorappresentate, nel secondo punto devono essere ricoperte anche dalla leadership creativa e capi di dipartimento. Quindi , per fare un esempio, verrà escluso Vittorio Storaro per prendere un direttore della fotografia con meno esperienza e bravura ma che rientri in questi gruppi. Stessa cosa per il terzo punto che riguarderà anche gli apprendisti e stagisti sul set, e anche chi finanzia il film, i produttori o case di produzione. Gruppi sottorappresentati che si estenderanno anche ai dirigenti che curano il marketing e la pubblicità del film.
Il Codice Hays, il ritorno
Negli anni ’30, durante il periodo d’oro del cinema classico, la Motion Picture Producers and Distributors of America, che poi sarebbe diventata l’odierna Motion Picture Association of America, adattò il Codice Hays, un codicillo pieno di linee guida morali che imponeva e obbligava nella produzione del film cosa fosse o non fosse considerato moralmente accettabile. In proporzione, quello che il Codice faceva con la violenza e il sesso, oggi il Codice morale dell’inclusività, appena adottato dagli Academy, si propone di farlo con la correzione filmica a tutto tondo.
Tali regole pongono Hollywood nell’era post-moderna della suscettibilità che grava irrimediabilmente sulla libertà dell’autore/regista. Seppur possano essere aggirate nel pieno dell’ipocrisia di una simile normativa.
Un regista che voglia rappresentare il dramma della guerra, o cineasti come Scorsese e Eastwood che improntano il proprio cinema su storie di una certa estrazione etnica e sociale, oggi si troverebbero paletti con cui fare i conti. Va detto che tali regole prima di diventare certezza venivano già applicate dalla maggior parte delle produzioni, di certo sull’onda emotiva di scandali e fenomeni come il Me Too. Ma il punto è che vi era comunque una libertà di poter scegliere. Pensiamo a Premi Oscar anche recenti come Niente di nuovo sul fronte Occidentale, o anche passati come Il braccio violento della legge, con queste regole sarebbero non candidabili o avrebbero molta difficoltà.
Perché l’Academy pretende che almeno in due fondamentali processi realizzativi ci siano tali gruppi sottorappresentati. Se non è l’attore, è il tema. E se non è il tema deve essere il produttore o l’operatore di ripresa. È questo un discorso strano che fa l’Academy e molto pericoloso. Le maestranze del cinema non verranno scelte sul merito, bensì sul gruppo etnico e sessuale di appartenenza. Col il rischio che le produzioni cinematografiche siano inficiate da un catalogo di appartenenza, dove il valore artistico sia la cosa che può contare e non l’unica che il film deve possedere.
Quindi questo nuovo Codice Hays dell’inclusività e della distribuzione diviene schiavo dei tempi progressisti, cogliendo anche l’opportunità di averla vinta su vecchie diatribe come quella tra la sala e le piattaforme streaming.