Due voci narranti (la regista stessa Agnès Perrais e Alessandro Stella, storico ed ex militante di Autonomia Operaia) si alternano per raccontare la rivoluzione mancata dei Ciompi nell’omonimo documentario in concorso al Pesaro Film Festival, mentre immagini della Firenze di ieri e di oggi dialogano tra loro in una serie di rimandi continui.
Sembra una vicenda condannata a tornare ciclicamente, del resto, quella della rivolta che infiammò la città toscana nell’estate del 1378 e vide, per pochi mesi, il “popolo minuto” dei lavoratori salariati prendere il potere della città, in cerca di una rappresentanza (tanto politica quanto corporativa) fino a quel momento negata. Un unicum nella storia italiana, sedato col sangue e mai più ripetutosi, ma destinato a rispecchiarsi in tante storie di lotta e resistenza a venire, portatore di istanze e rivendicazioni ancora tristemente attuali e necessarie.
Il furore dilaga in città
È da queste sottili ma ben visibili corrispondenze che parte allora la regista francese Agnès Perrais per il suo documentario Ciompi, da un evento entrato nell’immaginario collettivo (anche grazie a una ormai celebre lezione di Alessandro Barbero) e capace, per questo, di farsi storia esemplare. Accostando squarci paesaggistici a dettagli di arazzi e affreschi, il racconto storico ai suoni e alle immagini di proteste di lavoratori di un’azienda tessile e affidando la lettura di documenti storici a cittadini qualunque, la rivolta dei ciompi, con le sue rivendicazioni “sindacali” e politiche, riprende così vita facendosi un tutt’uno con il nostro tempo.
Un eterno presente fatto di ingiustizia e sopraffazione, quello del film di Perrais, dove parole e immagini dialogano tra loro attraverso i secoli, rese uniformi grazie all’uso della pellicola (nei formati Super 8 e 16mm) e nobilitate da uno sguardo analogico che, con la sua grana fuori dal tempo, pare annullare le distanze, accomunando gli sfruttati e i rivoluzionari mancati di tutti i tempi, i ciompi di ieri e di oggi.