Trumpets in the sky, cortometraggio del 2021 vincitore di 10 premi tra cui il Best film al Toronto International film, viene presentato in questi giorni anche in Italia alla ventiduesima edizione dell’Euganea film festival.
Il regista è Rakan Mayasi, palestinese formatosi all’Asian Film School della Corea del Sud che ha già scritto, diretto e prodotto altri quattro corti indipendenti pluripremiati. Co-sceneggiato da Wahid Ajmi, alla sua prima esperienza, il corto mette in scena con estremo realismo la vita del Libano rurale e la cultura patriarcale del matrimonio nel Paese.

La fine dell’infanzia
Boushra (Boushra Matar) è una giovane raccoglitrice di patate. La sua quotidianità di duro lavoro nei campi viene sconvolta quando scopre che sua madre (Azra Al Nazza) ha deciso di darla in sposa in cambio di denaro. Il matrimonio rappresenta la fine della sua infanzia, l’allontanamento dal mondo conosciuto. Mentre gli uomini festeggiano allegri e spensierati, lo sguardo mesto di Boushra mostra tutta la sofferenza per un destino di cui non sarà mai completamente padrona, affidata dalle braccia della madre a quella dello sposo.
Nel Libano delle spose bambine
Il panorama della campagna libanese, impoverito dalle guerre, si mostra nella sua bellezza incontaminata fatta di monti e cieli sconfinati. L’orizzonte divide però l’inquadratura a metà schicciando i personaggi in basso, in mezzo all’erba stopposa e alla povertà. Boushra si muove tra i campi e la baraccopoli dove vive senza differenze, la sua vita è il suo lavoro tanto che anche il giorno del suo matrimonio è uno come tanti altri. Sua madre le infila il vestito da sposa, certo, ma sotto lei indossa sempre gli stessi abiti con cui ha lavorato nella mattinata.
La scena di ballo gioioso del matrimonio è un momento che sfiora il grottesco. Mentre gli uomini ballano concitati nessuna donna è presente perchè è chiaro che il matrimonio è un affare maschile. Madre e figlia sono rintanate nel privato, solo lì sono libere di versare qualche lacrima e mostrarsi un po’ di tenerezza. Quello di Boushra è il destino di molte giovani libanesi, costrette ad un matrimonio combinato dalla situazione di indigenza delle famiglie, anche prima di raggiungere la maggiore età.
Questo dramma silenzioso viene messo in scena senza dialoghi; basta lo sguardo rassegnato della ragazza a interrogare la coscienza dello spettatore. Mayasi mette in scena una vicenda così dura contrapponendola ad una costruzione delle inquadrature che restituisce la bellezza naturale dei paesaggi, creando un ritratto poetico che guarda con tenerezza più che giudizio.