Entra nel vivo la 59° edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, dal 17 al 24 Giugno decine di eventi e proiezioni dedicate al cinema sperimentale di oggi, con uno sguardo attento a quello del passato e all’arte immortale e affascinante della pellicola e del suo sviluppo.
Il titolo di questo cortometraggio sperimentale si riferisce all’immagine degli “occhi di vetro azzurro cisposi” tratta dal romanzo The Waves (Le Onde) di Virginia Woolf, l’opera letteraria più sperimentale e idilliaca dell’autrice novecentesca britannica a cui il regista Park Kyujae si è ispirato per raccontare coraggiosamente se stesso e per cercare di spiegare cos’è il cinema, nella sua forma più poetica.
Un’allucinazione nella natura
Bleared Eyes Of Blue Glass è un film che ruota intorno alla luce e alla sua forma tanto dirompente quanto sfuggente e inafferrabile; lo fa infatti mostrando sopratutto il buio e le ombre, servendosi di un bianco e nero estremamente contrastato, intervallato da fugaci lampi di colore e da forme umane rivelate poco alla volta, un’allucinazione consapevole ed elaborata in cui è assoluta protagonista la natura.
Il film è girato in una casa nel bosco vicino Incheon, non lontano da Seolu, dove vive attualmente il regista. L’ambientazione conosciuta permette a Park di scrutare tutti gli angoli nascosti e inesplorati intorno a lui, ponendo gli spazi che solitamente non verrebbero guardati, sotto una luce diversa, più attenta e personale. La camera si insinua tra le ombre, il fogliame e le ramificazioni del fiume che delinea il confine tra se e il mondo esterno. Bleared Eyes of Blue Glass è come l’occhio curioso di un bambino che nel proprio giardino di casa immagina un mondo.
In questo viaggio tra le suggestioni della notte, in poco meno di nove minuti, l’ombra di Park acquisisce mano a mano sostanza e i suoi pensieri si fanno più concreti, la sua mano, al viscerale contatto con la carta stampata del romanzo, viene esplorata sempre di più, così come la sua fisicità. L’essenza umana e naturale, sempre più evidente, si mescola alle immagini intangibili e senza forma create dall’incidenza della luce nell’obiettivo. I limiti imposti dal digitale e della tecnica diventano così un mezzo stilistico affascinante.
Un’opera unica e intangibile, ma dai principi chiari
L’estetica, legata a una natura vivida e magica, artefatta solamente dalla tecnica di ripresa e dalla scelta del bianco e nero, rendono Bleared Eyes of Blue Glass un film facilmente collocabile nella sfera del cinema naturalista e del realismo magico, suggestionato dalle immagini e dai testi. La forte ispirazione alle nuove correnti del cinema del sudest asiatico permette di paragonarlo a tanti altri, pur restando qualcosa di nuovo e unico.
Nel film, le scelte ponderate di un montaggio evocativo e di momenti misteriosi, accattivanti, filtrati dall’uso di lenti ricercate e particolari e rafforzati dal brusco passaggio dal bianco e nero al colore nei momenti chiave, mettono in luce l’elevata conoscenza e ispirazione del regista agli autori più rinomati del cinema d’avanguardia, pur non travisando mai la sua natura sperimentale e intangibile. Le parole di Virginia Woolf invitano il lettore, e in questo caso lo spettatore, all’immaginazione, i suoni e la fonetica diventano figure, sagome e soggetti, in un film muto ma allo stesso tempo reso estremamente evocativo, dalla forza visiva. Il testo funge quindi come una guida a ciò che lo spettatore vede, accompagnandolo nel mondo della foresta intorno al regista.
È in quella realtà alternativa, fatta di suoni non uditi ma stimolati, che risiede buona parte della bellezza di Bleared Eyes of Blue Glass. Quello che ne scaturisce è l’instaurazione di un immaginario illusorio e totalmente nuovo, che senza questa composizione d’immagini e testo, non sarebbe esistito, il che fa di questo film un fantastico prodotto nel panorama del cinema sperimentale.
L’onda dei giovani artisti sperimentali
Park Kyujae è un giovane regista sudcoreano, nato nel 1996 ed ex studente di Cinema alla Dongguk University di Seoul. Si sta specializzando nella realizzazione di film in Super8, 16mm e digitale, osservando i giochi di luce e ombre nella natura e nell’artificiale, analizzando la propria psiche e mettendola coraggiosamente in mostra nelle sue opere dal sapore vintage ma, grazie a un’ottima competenza nel montaggio, estremamente moderni, ritmati e affascinanti.
Park, appassionato di cinema sperimentale e di Letteratura, in Bleared Eyes of Blue Glass mescola le due cose creando un opera dal punto di vista estremamente intimo e personale, prende in prestito le parole di The Waves, della scrittrice Virgina Wolf, e se ne serve per raccontare la sua visione del cinema, maturata negli anni di studi e approccio al mondo dell’audiovideo.
“Gradually the dark bar on the horizon became clear…
…Gradually as the sky whitened a dark line lay on the horizon dividing the sea from the sky”
“Ciò che Bleared Eyes of Blue Glass racconta è l’ossessione condivisa da ogni amante della settima arte di poter contribuire all’affermazione mezzo cinematografico con la propria visione e le proprie idee, nel panorama sperimentale questo sentore è particolarmente diffuso”. Sono sempre di più i registi e artisti sperimentali che, usciti dalle scuole, iniziano a puntare molto sulla speranza, un giorno, di divenire grandi artisti ed esteti. Park è tra coloro che sta riuscendo meglio in questo ambizioso progetto nel contesto di un genere forse relegato a nicchie di appassionati ma che in un’epoca satura di contenuti poco ispirati e rilevanti, è destinato a trovare sempre più spazio tra il pubblico, affamato di arte e leggerezza.
Festival come la Mostra Internazionale del Cinema di Pesaro sono parte fondamentale di questo processo.
Una precedente pubblicazione di questo articolo comprendeva citazioni alla recensione dell’autore Borja Castillejo Calvo presente nel suo blog e dalla quale ho raccolto informazioni. Sono ora state rimosse su richiesta di quest’ultimo, con cui mi scuso.