Non Credo in niente di Alessandro Marzullo è stato presentato ieri alla rassegna Nuova Onda-Arthouse del cinema Farnese. La rassegna con i direttori artistici Luca Arcangeli e Fiaba Di Martino vuole dare spazio al cinema emergente e far vedere i nuovi registi che compongono la “nuova onda” del cinema italiano.
Il film è stato presentato in anteprima al Festival di Pesaro 2023.
Distribuzione: Daitona e Flickmates.
Nel cast : DEMETRA BELLINA GIUSEPPE CRISTIANO RENATA MALINCONICO MARIO RUSSO.
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Non credo in niente trama
Un viaggio notturno che corre sui binari paralleli delle vite di quattro ragazzi, sullo sfondo di una Roma deteriorata. Un racconto frammentario con relazioni superficiali, dove si alternano romanticismo e brutalità, dolcezza e sofferenza, musica e silenzio.
Una ragazza ricca di talenti artistici che si ritrova a fare la hostess di aerei; un aspirante attore taciturno che vaga in sella alla sua moto in cerca di sesso occasionale; una coppia di fidanzati musicisti, che si ritrova a lavorare in nero nella cucina di un ristorante.
Accomunati dalla stessa situazione hanno perso tutti la strada che avevano intrapreso e si ritrovano in un
vicolo cieco alla soglia dei trent’anni senza prospettiva.
Le loro ambizioni giovanili si sono scontrate con la realtà del mondo contemporaneo. Vivono in un profondo e costante disagio, nell’insoddisfazione, senza comprendere a fondo il motivo del loro malessere. Una successione di notti senza fine, in cui i protagonisti tenteranno di affrontare le proprie fragilità.
Società liquida
Nella nostra epoca il mondo intorno a noi è tagliuzzato in frammenti scarsamente coordinati mentre le nostre vite individuali sono frammentate in una successione di episodi mal collegati fra loro.
Si apre con una citazione di Bauman il lungometraggio di Alessandro Marzullo che vuole esplorare il disagio e la frustrazione che vivono i ragazzi di oggi, trasmettere le loro sensazioni, le loro paure.
Proprio A Zygmunt Bauman si deve la definizione di “modernità liquida”, di cui è uno dei più acuti osservatori e la cui concettualizzazione ha influenzato gli studi in tutti i campi delle scienze umane. Ed è questo aspetto liquido e frammentario della società che la pellicola ci mostra fin dal suo esordio.
Provando a proseguire i percorsi seguiti dai registi indipendenti del passato come Rossellini o Cassavetes, e Wong Kar Wai prova a tracciare una sua personale prospettiva nella messa in scena di questa “poesia metropolitana”.
Un individualismo dove nessuno è compagno di strada ma antagonista di ciascuno, da cui guardarsi. (U. Eco)
Una modernità fragile dove tutto si dissolve in una sorta di liquidità appunto. Nessuna certezza e l’individuo si ritrova senza punti di riferimento.
Un film che vive di contrasti, afferma il regista, e che, attraverso delle dissonanze musicali e un montaggio alternato, cerca di restituire l’imprevedibilità della vita e del presente, la convinzione che il cambiamento è l’unica cosa permanente e che l’incertezza è l’unica certezza”.
La musica è il vero e proprio perno della struttura narrativa. Le scene sono state scritte e filmate senza un ordine precostituito generando un puzzle di frammenti senza forma nella quale i personaggi non vanno da nessuna parte.
Spazi
Vari personaggi si muovono distrattamente attraversando spazi , luoghi, persone e relazioni che non sembrano avere importanza.
Traspare una frustrazione di base e una superficiale messa in scena di vite all’apparenza vuote, indolenti e prive di profondità. Domina la crisi: lavorativa, relazionale, intimista. Velleità artistiche sfumate in mezzo alla realtà di contesti lavorativi svilenti e ambizioni sentimentali analogamente deturpate da squallidi intramezzi puramente fisici.
Il silenzio diventa un martello pneumatico che rimbomba in testa, un vuoto che necessita di essere riempito da cose futili e prive di importanza, un luogo dove anche la bella musica suonata al pianof0rte o al violino perde la sua perfezione e la sua valenza anche nel suo tentativo di far da contraltare a volgari attacchi personali che minano ulteriormente un’autostima inesistente. La violenza diviene la scontata valvola di sfogo al personale senso di inadeguatezza.
Conclusioni
Nel tentativo di proporre molto, in idee, messaggi e tematiche varie centrate sulla necessità dei giovani di andare alla ricerca continua di ‘un posto migliore’ in cui ritrovarsi, la pellicola riesce nell’intento di mostrare lo strato di vuoto, crisi e squallore che circonda i suoi personaggi , ma non possiede la credibilità di cui necessitava la storia. Rimane così come sospesa in mezzo a questo limbo di situazioni e personaggi tutti abbozzati, ma non adeguatamente approfonditi e lasciando una sensazione di incompiutezza e di luogo comune.
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