Cinema e Ambiente Avezzano 2023. Cominciamo dalla conferenza stampa. Si è svolta all’aperto, presso la Valle Solegara. Un luogo inusuale per questo genere di meeting.
In realtà è inusuale per i festival in generale, ma nel nostro caso è una costante, più o meno è da 3–4 anni che svolgiamo la conferenza stampa quel luogo.
Il motivo è semplice. È un luogo magico, molto bucolico, perché là vicino ci sono i cervi che pascolano la sera… ma purtroppo da molti anni c’è una ex discarica.
Il nostro obiettivo è quello di attirare l’attenzione su queste mancanze di tutela ambientale. Anche perché è uno spazio abbastanza particolare, a cavallo tra due territori comunali, e quindi con questa scusa nessuno dei due comuni si prende in carico la bonifica dell’area.
Due comuni, per inciso, presenti in conferenza stampa. Quindi la conferenza stampa è utile per cercare di sistemare questo luogo ancora offeso. Purtroppo 3-4 anni che facciamo la conferenza stampa lì, ma la discarica resta, e ci auguriamo che entro la decima edizione riusciremo a bonificarla.
Quindi la conferenza stampa, oltre a illustrare la nuova edizione, diventa un atto politico?
Assolutamente si. C’è un messaggio coerente con la tematica del festival. La scelta di Valle Solgara per fare la conferenza stampa è per attirare attenzione su una questione che per noi è prioritaria, perché riguarda il nostro territorio. C’è la necessità di un supporto da parte delle istituzioni più concreto e più attivo.

Settima edizione di Cinema e Ambiente Avezzano, un festival che dal 2016 sta crescendo sempre più rigoglioso. Non solo un incremento delle proposte filmiche, ma anche interessanti eventi collaterali.
Da tre anni cerchiamo di accompagnare la proposta cinematografica con degli eventi differenti che possono attirare i cittadini anche in ambiti diversi. Possono essere mostre, interventi culturali, rappresentazioni teatrali, escursioni culturali.
Azioni concrete, come negli anni passati c’erano le giornate ecologiche o le attività con le scuole. L’obiettivo di Cinema e Ambiente Avezzano è comunque quello di immergere la cittadinanza, per una settimana, nella tematica ambientale, attraverso tante modalità differenti.
Ad esempio quest’anno attraverso la mostra “Guadi” di Marco Borgarelli, in modo tale che i cittadini possano comprendere meglio queste problematiche.
Questa è la prima edizione in cui il festival si svolge anche in un’altra città. La scelta di Tagliacozzo, come secondo polo della kermesse, come è nata?
È stato un insieme di volontà. Da un lato allargare il festival, abbracciare un territorio più vasto, per includere una cittadinanza che non riusciva a partecipare al festival essendoci una certa distanza.
Dall’altro perché il borgo di Tagliacozzo, dal 2000 promossa a città, è un luogo che ha una sua storia, e danni dedica molta attenzione alla cultura con il Festival di Mezza estate, che esiste da quasi 40 anni (fu creato nel 1985, ndr).
Quindi questo allargamento è nato anche per cercare di staccarsi dalla sola Avezzano. Abbracciare nuovi orizzonti, e accogliere la volontà dell’amministrazione di Tagliacozzo perché molto attenta a promuovere azioni cinematografiche, non avendo spazi cinematografici.
Non va nemmeno dimenticato che il giornalista Osvaldo Bevilacqua (ex autore e conduttore di Sereno variabile, ndr) in questi ultimi tempi ha fatto diversi post in cui promuoveva il festival Cinema e Ambiente Avezzano e si riallacciava a Tagliacozzo, perché è uno dei più affascinanti borghi d’Italia.
Quindi in questa settima edizione cerchiamo di raccontare la storia della cittadina di Avezzano, che ha una sua storia particolare, legata a due eventi catastrofici d’inizio secolo, ma cominciando a dare anche uno sguardo agli altri borghi degli Appennini abruzzesi.

Tema di questa settima edizione è La sete. Un argomento sempre più di stringente attualità, nel terzo mondo e anche più sovente in Italia. Un tema che purtroppo riguarda da vicino anche l’Abruzzo.
Il tema della siccità, ribattezza con “la sete”, scaturisce anche dall’attenzione di Marco Merola, giornalista creatore del progetto Adaptation e nostro supporter sin dalle primissime edizioni, che ha dedicato sul tema dei cambiamenti climatici.
Riguardo l’Abruzzo, e in particolare alla Marsica, a gennaio la CAM (Consorzio Acquedottistico Marsicano) ha inviato una lettera a tutti i sindaci dei comuni per avvertire che sarebbero state ridotte le forniture di acqua, causa carenza di risorse idriche.
Cosa abbastanza scioccante, perché per noi che abitiamo in montagna ed è un fatto che non era mai avvenuto. Il caso ha voluto che da quando abbiamo stabilito il tema di quest’anno, almeno nella nostra zona, non ha mai smesso di piovere.
Infatti anche nei giorni del festival, purtroppo, ci saranno piogge costanti. Però questo non deve essere visto come un ostacolo allo svolgimento. Noi vogliamo far capire che il tema della siccità e della sete è fondamentale anche in contesti in cui le persone non hanno la percezione di questo problema.
Finché vedevamo le immagini del Po secco, quelle scene restavano vive nella nostra mente, ma quando poi si ritorna alla “normalità”, ecco che ci si dimentica tutto.
Per questo vogliamo creare la volontà di non far dimenticare, e anzi far capire che sono problematiche climatiche cicliche. In questo periodo non attaccano il nostro territorio, ma ne attaccano altre.
Infatti se vediamo adesso New York, ha delle immagini quasi post apocalittiche, a causa delle ceneri che arrivano dalle foreste canadesi in fiamme. Questo disastroso evento non rende vivibile la città di New York, perché l’aria è inquinata e non si può respirare, e costringe milioni di abitanti a non poter svolgere una normale vita.
Ma non vanno nemmeno dimenticate le recenti disastrose esondazioni accadute in Emilia-Romagna, regione a due passi dall’Abruzzo.
Tornando agli aspetti organizzativi del festival, quante opere sono giunte in fase di selezione?
Solitamente un migliaio di opere, perché è molto stringente la tematica. Mentre al festival Garofano Rosso, di cui Taxi Drivers è stato media partner nella scorsa edizione, ne arrivano molti di più perché la tematica è più ampia.
Le quattro sezioni sono un’idea di quest’anno oppure erano già presenti nelle edizioni passate?
Tre anni fa erano soltanto 3 sezioni, e dall’edizione scorsa sono divenute 4, perché abbiamo aggiunto la tematica della fauna.

Godard affermava in Cura la tua destra che “La fatica più grossa, nel fare cinema, è portare le pizze”. La fatica più grossa nel fare un festival?
La sfida più grande è quella di riuscire a portare le persone, di coinvolgerle. Fare un’azione cinematografica e al contempo una proficua operazione culturale. E nostro caso, creare anche una coscienza ambientale.
Fare in modo che gli spettatori e i cittadini vivano appieno questo evento identitario, che porta il nome di Avezzano in giro per il mondo, e che ugualmente porta il mondo, per 7 giorni, ad Avezzano.
Nella sua scheda biografica rivendica con orgoglio le sue radici abruzzesi, territorio fortunatamente ancora naturale e rurale. L’Abruzzo, però, rientra in quelle regioni considerate periferiche. Secondo lei L’Abruzzo può considerarsi, in un certo qual modo, una Galizia italiana?
Non ho grandi conoscenze della Galizia, però sicuramente l’Abruzzo è una regione molto sottovalutata. Sfruttata in maniera negativa, ed è un peccato perché è una regione, una realtà, con tante potenzialità, ma non è sfruttata appieno.
Infatti Cinema e Ambiente Avezzano ha anche la funzione di valorizzare e promuovere il territorio.
Cinematograficamente l’Abruzzo è molto utilizzato, ma non crede che sia ancora poco valorizzato per le sue peculiarità? Ovvero, viene usato soltanto per prendere quei formidabili luoghi naturali ma non c’è un cinema identitario.
Non c’è purtroppo una concreta volontà di creare un cinema identitario. Non c’è quella capacità produttiva e ideativa di una vera industria.
La Film Commission per anni non è stata realmente propositiva, e soltanto da quest’anno, c’è stata l’approvazione di un decreto legge che istituisce un’apposita fondazione che si occuperà delle risorse destinate alla cultura e al cinema.
La mia paura peggiore, come regista e come Direttore di Festival, è che di questa importante risorsa culturale, appena creata, si faccia il solito lavoro di grande spreco di risorse pubbliche, che terminano in progetti sbagliati e/o non funzionali al territorio.
