Symphony for a Common Man del regista brasiliano José Joffily è un appassionato ritratto dell’ambasciatore José Bustani, primo direttore generale dell’OPCW (Organization for the Prohibition of Chemical Weapons). Il film è presentato al Biografilm, di cui Taxidrivers è media partner, nel concorso internazionale in prima nazionale.
La drammatica storia di Josè Bustani primo direttore generale dell’OPCW
Il lungometraggio racconta il caso del diplomatico brasiliano che ha praticamente strutturato, alla sua nascita nel 1997, il nuovo ente mondiale. Bustani riesce a compiere un ottimo lavoro, organizzando l’ufficio e lo staff nella sede dell’Aia in Olanda e facendo aderire la stragrande maggioranza dei paesi del mondo. Bustani è oggetto di una campagna denigratoria e politica alla vigilia della Seconda Guerra del Golfo del 2003. Gli Stati Uniti vedono nell’OPCW, e nella persona di Bustani, un ostacolo per l’attacco imminente in Iraq che, con l’Afghanistan, è uno degli obbiettivi bellici dopo l’attacco agli Usa dell’11 settembre 2001.
Gli Stati Uniti, con l’appoggio del Regno Unito nelle sedi diplomatiche internazionali, accusano l’Iraq del possesso di grandi quantità di armi chimiche. Il paese mediorientale è una minaccia alla pace mondiale e alla sicurezza dei paesi democratici. l’Iraq è uno dei pochi paesi che non avevano aderito all’OPCW. Bustani voleva pianificare una visita dei suoi ispettori nel paese per controllare se effettivamente fossero presenti depositi di armi chimiche.
Con la visita degli ispettori si rivelerebbe che ormai l’Iraq non fabbricava più questo tipo di armi da molti anni. Il 95% del loro arsenale era stato distrutto, o utilizzato contro la repressione dei Curdi. La possibile adesione da parte dell’Iraq all’OPCW avrebbe tolto agli Usa uno dei motivi principali per un attacco al paese.
L’intervento politico degli Usa contro Bustani
Per questo motivo gli americani impediscono l’invio degli ispettori, tengono sotto controllo Bustani e iniziano una campagna contro il suo operato accusandolo di essere un incapace. Chiedono le sue dimissioni, arrivano a minacciare direttamente lui e la sua famiglia, attraverso telefonate e incontri personali fatti dall’ultraconservatore John Bolton, all’epoca sottosegretario di Stato della presidenza Bush per il controllo degli armamenti e la sicurezza internazionale.
Bustani resiste e iniziano le pressioni politiche ed economiche degli Usa nei confronti del Brasile e di molti paesi aderenti all’Organizzazione. Su richiesta degli americani, il 21 aprile del 2002 si tiene una riunione straordinaria dei delegati dell’OPCW che destituisce Bustani, dopo averlo rieletto per un secondo mandato all’unanimità neppure un anno prima, con 48 voti favorevoli, 7 contrari e 43 astenuti.
Il ritratto di un uomo fuori dal comune
In un programma del Festival all’insegna delle donne, Symphony for a Common Man è il ritratto di un uomo retto e con principi etici saldi che, improvvisamente, si trova a resistere contro gli interessi geopolitici di una potenza mondiale. Joffily introduce il protagonista mentre sta preparando un concerto a Rio de Janeiro, dove Bustani vive e da quando è in pensione si dedica alla musica classica e a suonare il pianoforte, sua grande passione fin da bambino.
Senza una macchina da presa invasiva, la narrazione dei fatti, in cui è coinvolto Bustani vent’anni prima, inizia mostrando foto e documenti personali nel sua abitazione attuale.
Il regista brasiliano ricostruisce i fatti attraverso il montaggio di filmati, servizi televisivi e interviste di archivio allo stesso Bustani e a politici. Il tutto intervallato a incontri diretti ai nostri giorni compiute ai protagonisti che agirono dietro le quinte. Dopo tanto tempo, questi confermano come le prove del possesso delle armi chimiche fossero costruite a tavolino attraverso rapporti dell’intelligence. Bustani, dopo la destituzione dal suo ruolo apicale all’OPCW, continua la sua carriera diplomatica sotto la presidenza Lula prima come ambasciatore del Brasile a Londra e poi a Parigi.
Symphony for a Common Man: lo stile del documentario come genere
Il documentario è un genere cinematografico come gli altri e il ricco programma del Biografilm di Bologna ne dà un’ampia e ricca dimostrazione.
Il cosiddetto “cinema del reale” viene tradito nel momento in cui la macchina da presa è posizionata su una porzione della realtà che collima con lo sguardo del regista e la storia che narra.
Joffily racconta la storia di un uomo eccezionale, contraddicendo il titolo stesso di Symphony for a Common Man, perché Bustani è – ed è stato – tutto fuorché un “uomo comune”.
Gli elementi più interessanti del film sono essenzialmente due.
Da un lato, la storia procede come una “detection” storica attraverso un montaggio controllato di documenti di archivio e in presa in diretta delle dichiarazioni dei protagonisti della vicenda.
Dall’altro, ha un’atmosfera da melodramma che è evidenziata dalla preparazione del concerto di cui è protagonista Bustani stesso nell’incipit e che si collega nell’esecuzione finale con cui termina l’opera del regista brasiliano.
Il climax di ciò l’abbiamo nel momento in cui Bustani legge il suo discorso originale tenuto il giorno del suo allontanamento dall’OPCW. In un primo piano molto drammatico e costruito, assistiamo alla forte commozione dell’uomo che rivive emozioni sopite, ma mai scomparse.
Al di là di questi elementi, Symphony for a Common Man non ha particolari elementi estetici né cinematografici. Si avvicina spesso a uno stile da reportage cine giornalistico. Ma ha il grande merito di aver costruito un ritratto onesto ed empatico. Un grande, misconosciuto, protagonista di un periodo storico recente, mostrandoci gli eventi da un punto di vista inedito.
Le recensioni di Antonio Pettierre