Napoli Film Festival
‘Un bacio di troppo’. Sul corto di Vincenzo Lamagna
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1 anno agoon
Lanciato al NaNo Film Festival, la nuova creatura di Vincenzo Lamagna, frutto di un lavoro corale, è adesso in concorso al Napoli Film Festival. Taxidrivers è media partner dell’evento.
Dalla scuola di cinema alle esperienze su set nazionali e internazionali, passando per i videoclip musicali e il genere documentario, il regista torna alla sua forma “naturale”, quella del corto, con Un bacio di troppo.
Si tratta di un dramma sensuale ed erotico, in cui le dinamiche romance tra Maria (Fernanda Pinto), Ciro (Gianluca Di Gennaro) e Fabrizio (Vittorio Nastri), irrorate da sensualità, gelosia e sospetto, sono il pretesto per affrontare, sotto la superficie, temi quali la vulnerabilità, l’identità di genere e le convenzioni sociali mediante la metafora amorosa.
Prodotto da Dave Given e NaNo Film Production, con Gelsomina Prositto come produttrice esecutiva.
Un bacio di troppo, la trama
Un appartamento buio. Bussano insistentemente alla porta e Ciro (Gianluca Di Gennaro, Lo chiamavano Jeeg Robot, Capri-Revolution, Gomorra 2 la serie) tarda a rispondere. Indaffarato cerca di nascondere qualcuno, prima di recarsi all’ingresso. L’ambientazione cambia, ci si sposta dalla camera da letto al salotto. È Maria (Fernanda Pinto, Casa Surace, Un Posto Al Sole, Rosy Abate 2) che, in piena notte, si reca a casa di Ciro per parlargli. Si è negato al telefono e la conversazione non può aspettare.
Tra i due ci sono conti in sospeso, un amore ferito, un tessuto che sembra difficile da ricicure. Maria si scusa ripetutamente, ma Ciro non vuole sentire ragioni. Serve tempo e spazio, e nemmeno lanciarsi in un approccio fisico aiuta a placare gli animi. Maria desidera forzare la discussione, eppure la casa è a lei negata. Ogni tentativo nasce e muore in quella stanza oscura, dove si consuma la verità, mentre i segreti si celano altrove.
Un bacio di troppo, luce e spazi a rappresentare l’interiorità dei personaggi
Corto-metraggio è una parola composta, il cui significato è presto intuito. Il termine occorre ad indicare i film la cui durata massima raggiunge i 40 minuti. Si tratta di una scelta artistica a cui ricorrono oggi molti cineasti, non solo esordienti. Pertanto una pellicola di dimensioni temporali ridotte, ma senza alterarne il senso. Capacità di sintesi, abilità di scrittura, ritmo e essenzialità sono la cifra stilistica di questa formula, ben rappresentata da Un bacio di troppo.
Il nuovo corto di Vincenzo Lamagna scruta tra le pieghe dell’interiorità dei personaggi, senza mai perdere di vista la relazione, che poi inserisce la storia in una cornice collettiva, universale. Di primo acchito la trama amorosa si mostra di facile accesso al pubblico: l’uomo Ciro vive una crisi d’identità in seguito alla rottura con la sua compagna di sempre, la quale sembra averlo tradito durante l’addio al nubilato. Non importa che sia vero o no, il sospetto dell’evento basta a rimescolare le carte e ad attivare il processo di messa in discussione della coscienza di sé e delle dinamiche gruppali. La confusione del protagonista è caricata simbolicamente dal ruolo giocato dalla luce e dagli spazi. Gli interni corrispondono localmente ai dubbi claustrofobici di Ciro, suddivisi nel gancio con la sua vita precedente (il salotto, il confronto forzato con Maria) e l’apertura ad un futuro libero, ma che richiede uno sforzo maggiore (la camera da letto, il nascondimento dell’altro). La luce è perlopiù assente, salvo qualche bagliore non naturale, che stride con l’oscurità dominante.
La vulnerabilità come viatico per dialogare con il pubblico
La stessa polarizzazione ricorre anche tra l’interno e l’esterno, perché la scoperta dell’identità passa necessariamente dal confronto con l’altro da sé. Il film è girato in un luogo chiuso, peraltro avente un legame con il vissuto di Ciro, quello che sta tentando di rigettare. L’unico contatto con l’esterno viene annunciato dall’arrivo di Maria, che spinge prepotentemente per tornare alla ribalta. La donna rappresenta il fascino delle certezze anche quando sono smascherate e non hanno più la stessa tenuta di prima. La pressione esercitata dalla cultura prevalente è incarnata dalla co-protagonista, anche lei artefice e vittima dei meccanismi di cui è portatrice nel racconto.
L’opacità del giudizio e della colpevolezza è una minaccia inequivocabile per i personaggi rappresentati, ma sta fuori dalle intenzioni di regia. Anzi, la scelta stilistica della nudità funge da escamotage metaforico per raffigurare la vulnerabilità dei soggetti in scena. Alle prese con i loro dilemmi identitari e relazionali, lo spettatore assiste al dipanarsi delle loro emozioni, crude e veraci come quelle che l’amore sa accelerare. I loro corpi, protetti dal buio della stanza, sono al contempo il ricorso, di nuovo duale, al loro altro: il segreto, ciò che celano anche a se stessi.
In questo senso, il cerchio narrativo ambisce a chiudersi – e nel dibattito ad aprirsi – lì dove la storia ha avuto origine. La camera da letto è il luogo in cui il vaso è stato scoperchiato, ma anche quello in cui Ciro ritorna con consapevolezze nuove. Lo spazio in cui il diverso non fa solo paura, ma può essere anche accogliente.
Un bacio di troppo traccia le linee di una storia specifica, che risulta mutuabile grazie ad una sensibilità che trascende la vicenda. Le tematiche affrontate rendono il corto attuale e aggiungono in maniera artistica un tassello interessante alla loro esplorazione.