Potrebbe sembrare la trama di un film di fiction, se non fosse nota a tutti come una storia vera, anzi tristemente vera. After the bridge, il documentario di Davide Rizzo e Marzia Toscano prodotto dalla bolognese Sayonara Film, ripercorre infatti, tra passato e presente, la vita di Valeria Collina, madre di Youssef Zaghba, uno dei tre autori dell’attentato di stampo jihadista avvenuto sul London Bridge di Londra il 3 giugno 2017. Il giovane fa parte del commando che uccide 8 persone innocenti: a sua volta, verrà ucciso durante l’azione. Dopo l’anteprima mondiale tenutasi a Toronto lo scorso aprile all’Hot Docs – Canadian International Documentary Festival, After the bridge sarà presentato in anteprima nazionale a Bologna in questi giorni nell’ambito della 19a edizione del Biografilm Festival, in concorso nella sezione Biografilm Italia. Successivamente il documentario approderà in anteprima europea in Inghilterra allo Sheffield Docfest, in programma dal 14 al 19 giugno.
After the bridge: progetti di vita radicali
La voce di Valeria Collina, calmissima anche nel raccontare i momenti più drammatici della sua vita, che ci rivela un lavoro profondo fatto dalla donna su sé stessa in tutti questi anni, racconta una storia, la sua, dunque una narrazione auto-biografica, di per sé già di grande impatto anche senza la tragica vicenda del figlio. Nata nel 1949 a Bologna, Valeria trascorre la giovinezza assieme al padre, un ex partigiano comunista, e alla madre, che lavora come artigiana costruendo fiori di stoffa. Nel 1969 Valeria, che riceve un’educazione liberale, ispirata ai valori della solidarietà e dell’uguaglianza, si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna, dove si avvicina al movimento studentesco partecipando alle lotte di quegli anni. Ben presto entra a far parte di un collettivo femminista con cui intraprende un percorso politico attraverso l’attività teatrale.
Tra gli anni settanta e ottanta, Valeria abbraccia l’esperienza del “teatro povero” di Jerzy Grotowski e fa di tale attività la sua professione. Grazie al teatro, alla fine degli anni Ottanta conosce il suo futuro marito, un uomo marocchino: dopo un viaggio in Marocco compiuto insieme, Valeria decide di abbracciare un progetto radicale, convertirsi alla religione islamica, seppellire il suo passato per abbracciare una nuova vita con il nome di Khadija. Presto nasce la prima figlia e, dopo qualche tempo, il figlio Youssef.
Preziose immagini in pellicola del Novecento provenienti da ‘Home Movies – Archivio Nazionale del Film di Famiglia’ mostrano Valeria bambina nella Bologna che rivive grazie alle immagini, la Valeria liceale e universitaria nei Super-8 del suo prezioso archivio privato, la Valeria contestatrice, femminista e animatrice del teatro povero di Grotowski, quella che, sulle assi di legno di un palcoscenico, incontra il suo futuro marito, un uomo marocchino. Le immagini mostrano Valeria che, una notte, prima di partire, brucia tutte le cose che la legano al suo passato, come gesto simbolico di rottura col prima, per andare verso la sua nuova vita.
“Non volevo portare nulla con me – racconta Valeria – se il progetto è radicale, devi svuotare il terreno di ogni cosa e non portarti dietro niente”.
La famiglia decide, dopo un breve periodo in Italia, di trasferirsi in Marocco dove i figli crescono. Vent’anni dopo Valeria decide di tornare in Italia e si stabilisce in Valsamoggia, luogo d’origine dei suoi genitori che le hanno lasciato una piccola casa in eredità. I figli sono grandi, Youssef è a Londra per lavorare e Valeria non sospetta nulla della sua ‘altra vita’.
Un’esistenza segnata da un ‘prima’ e un ‘dopo’
La vita riserva un altro ‘progetto radicale’ per Valeria, questa volta non scelto né condiviso ma subìto: il secondo spartiacque della sua esistenza è la notte in cui un commando jihadista, di cui fa parte il figlio (ovviamente a sua completa insaputa) uccide, armato di coltelli, 8 persone sul London Bridge, e nel quale a sua volta gli attentatori, compreso Yussef, rimarranno uccisi. Improvvisamente, il 3 giugno 2017, la vita di Valeria viene sconvolta da questo evento.
Quarantotto ore dopo l’attentato, una volta resi noti i nomi e i volti di tutti gli attentatori, la piccola casa di Valeria sulle colline della Valsamoggia viene assalita dalle troupe televisive di tutto il mondo. Valeria rinnega pubblicamente l’azione del figlio, rifiutandosi di partecipare al suo funerale.
Le riflessione di Valeria accompagna tutto il film, nel tentativo di sanare la frattura creatasi tra il “prima” e il “dopo” la notte degli attentati, cercando una possibile risposta allo strappo prodotto dal gesto violento e dalla morte del figlio, insieme alla necessità di trovare parole per rintracciare un senso al gesto incomprensibile del figlio, per individuare colpe o possibili assoluzioni e auto-assoluzioni, una verità che ricomponga la crepa insanabile causata da un gesto di inaccettabile violenza.
Prodotto da Sayonara Film con la collaborazione di Rai Documentari e Al Jazeera e con il sostegno di Emilia-Romagna Film Commission e Doha Film Institute, il documentario segue il percorso di analisi di Valeria su cosa possa essere accaduto al figlio, scomponendo ricordi ed immagini in una molteplicità di rappresentazioni.
Tanti tasselli si compongono, la decisione del figlio di abbandonare gli studi per un anno per fare delle esperienze all’estero, la scelta di Londra, una telefonata particolarmente dolce fatta alla madre pochi giorni dell’attentato, quasi un commiato, un commento sul fatto che forse non gli serviva cercare una fidanzata perché ne avrebbe avute tante in paradiso, e così via.
Ma c’è anche l’inevitabile riflesso pubblico di Valeria, come emerge dalle interviste che i giornalisti, riversatisi in massa davanti alla sua casa sui colli bolognesi dopo l’attentato, le chiedono con insistenza, il suo dover giustificare, in qualche modo, una ulteriore identità, quella di “madre del terrorista”, così lontana da quella di madre di Youssef. “Quando parlavano di mio figlio come il terrorista – racconta Valeria – e di quello che aveva fatto, non sembrava affatto che parlassero di Yussef, io ricordavo un altro mio figlio”.
Così, nello scollamento e nel rifrangersi caleidoscopico della sua rappresentazione e auto-rappresentazione, la voce di Valeria/ Khadija che arriva dalle registrazioni e da conversazioni durate anni segue il dipanarsi delle sue emozioni, dei suoi sentimenti, della necessità di ricomporre l’insostenibile lacerazione, in una sorta di terapia filmica che consenta, attraverso il racconto, di giungere a una nuova tappa della sua esistenza. Attualmente Valeria vive in Italia e ha ripreso la sua attività teatrale scrivendo e interpretando uno spettacolo teatrale dal titolo “L’Isola”.
Un bellissimo documentario, sobrio e intenso al tempo stesso, che compone il ritratto di una donna e madre lacerata, che tenta di ricucire il filo della propria esistenza attraverso il teatro e la riflessione, per immaginare un futuro possibile.
FILMOGRAFIA DEI REGISTI
Davide Rizzo e Marzia Toscano sono due registi italiani. Il primo film che hanno co-diretto si intitola Un Western Senza Cavalli, un documentario sulla figura del visionario cine-amatore Mauro Mingardi. La sceneggiatura del film è stata finalista al Premio Solinas 2012 e il film è stato presentato al Biografilm Festival 2017. After the Bridge è il loro ultimo film.
SAYONARA FILM
Sayonara Film è una società di produzione cinematografica fondata da Adam Selo e Olga Torrico nel 2016 con l’intento di produrre opere moderne, complesse e significative, con una particolare attenzione ai documentari di creazione. Nel 2017, Sayonara ha coprodotto 13.11 una serie antologica di sei cortometraggi, girati in sei paesi europei, lanciato all’estero da Repubblica TV, Le Soir e El Pais. Tra gli ultimi lavori di Sayonara ci sono il corto documentario Les Aigles de Carthage di Adriano Valerio, coprodotto con Francia e Tunisia, il corto Gas Station di Olga Torrico, candidato ai David di Donatello, entrambi presentati in anteprima a Venezia nell’ambito della 35a Settimana della Critica. Nel 2021 Sayonara ha co-prodotto con Films Grand Huit The Nightwalk di Adriano Valerio. Il film è stato presentato in anteprima al Clermont Ferrand International Short Film Festival, vincendo il Canal Plus Award ed è stato nominato per i Césars 2021.