In programma alla 26° edizione del Festival CinemAmbiente di Torino, Paradise, documentario diretto da Alexander Abaturov, ritrae la bellezza, il mistero e l’agonia dei paesaggi della Siberia nord-occidentale, testimoniando l’eterna lotta tra l’uomo e la natura.
Paradise: la trama
Il documentario esplora le quotidiane fatiche degli abitanti del villaggio siberiano di Šologon, situato nel cuore della taiga all’interno di una delle «zone» delimitate dal governo russo, aree remote di difficile accesso, scarsamente abitate e, in questo caso, costantemente minacciate dagli incendi. Nel 2021, abbandonata da autorità e istituzioni, la popolazione locale si trova costretta ad affrontare un’anomala ondata di calore e il conseguente divampare di enormi roghi, assistendo alla devastazione di milioni di ettari di terreno, sia per l’impeto delle fiamme sia per la dispersione delle ceneri.
L’estate sta arrivando
È proprio di questi giorni la notizia della nube di fumo e ceneri che ha avvolto la città di New York e parte del Nord America, causata da una serie di incendi divampati in Canada. A impressionare è stata la coltre arancione che ha ammantato per alcune ore la Grande Mela, ricordando scenari alla Blade Runner 2049. Lo stesso identico cielo che vediamo in Paradise, con Abaturov che ci conduce proprio all’interno della nube e dell’incendio. Siamo in Siberia, nella “zona di controllo”, uno di quei territori remoti o scarsamente popolati dove le autorità non sono obbligate a combattere gli incendi boschivi se il costo dello spegimento supera quello del danno stimato. Terre di confine, al limitare del mondo, dove l’umanità si dirada e con essa il controllo che ha sul territorio. Come piccoli avamposti, i villaggi della zona si trovano a contatto diretto con la natura più selvaggia e primordiale.
L’estate per loro può diventare come l’inverno in Game of Thrones, con l’estremo rischio di un’invasione in questo caso di terribili incendi che con l’azione del vento possono devastare le ampie zone boschive, arrivando alle abitazioni. Gli sparuti abitanti rappresentano la prima difesa e spesso non possono contare sull’aiuto delle autorità, lasciati al loro destino alle prese con l’inferno. Nel 2021 l’ondata anomala di caldo ha provocato roghi sconvolgenti, generando in particolare uno degli incendi più grandi nella storia conosciuta del pianeta, con fumo e ceneri arrivate per la prima volta anche al Polo Nord. Alexander Abaturov documenta da vicino uno di questi incendi, seguendo alcuni cittadini di Šologon nel tentativo di contenerne l’espansione, in attesa delle salvifiche piogge che tardano ad arrivare.
È una lotta contro il tempo a cui tutti cercano di partecipare, invitati comunque a rimanere pronti a evacuare le abitazioni in qualsiasi momento, mentre l’aria ormai è un persistente testimone della vicinanza della minaccia. La macchina da presa accompagna gli uomini al limitare dell’incendio, osservandone la rapida e implacabile avanzata, e persino al suo interno, tra le dense pareti di fumo e le prime lingue di fuoco. Tentano in ogni modo di arginarlo, attraverso fossati e trincee, o con fuochi controllati, come da tradizione millenaria di molte comunità indigene.
L’incendio viene soprannominato “drago”, assimilato a una creatura viva, che sembra muoversi in modo autonomo prevedendo all’apparenza ogni mossa. E Paradise assume quasi toni fantastici nella rappresentazione del fuoco come di un mostro devastante, in un’atmosfera post-apocalittica. Attraverso il valore mistico, onirico e seducente delle immagini, Abaturov coglie il senso più trascendentale dell’evento a cui stiamo assistendo, manifestando l’eterna lotta tra l’uomo e la natura, ritraendone la bellezza e la distruzione che racchiude. Ma è soprattutto il sonoro a restituire l’anima degli elementi e del paesaggio. Il rumore dei passi nella neve, il crepitìo delle fiamme e degli alberi che cadono, l’oscuro lamento dell’incendio che incede. E il vento, i cui soffi determinano il destino dell’incendio e della popolazione, risuonando come un fruscìo o persino come un mormorìo strascicato.