La serie parla di un gruppo di ragazze, le Barracuda Queens, che vivono a Stoccolma, Svezia. Le protagoniste sono Lollo (Alva Bratt), ragazza viziata ed impulsiva, Klara, studentessa di legge, Frida, la sorella di diciassette anni, Mia, l’unica ragazza non benestante del gruppo, e la nuova arrivata in città, Amina. Dopo una selvaggia vacanza, le Queens si ritrovano con un enorme debito da saldare all’hotel di lusso in cui soggiornano. Sebbene provenienti da famiglie abbienti, le ragazze non vogliono ammettere i loro errori ai genitori e preferiscono trovare un’altra soluzione per ripagare il debito.
Da ricordare la presenza nel cast di Izabella Scorupco, che ha debuttato a Hollywood con il ruolo di Natalya Fyodorovna Simonova nel film della serie James Bond GoldenEye (1995), al fianco di Pierce Brosnanche. Scorupco qui interpreta Margareta Millkvist, la madre di Lollo.
Una serie ambientata negli anni ’90… uscita dagli anni ’90
Ad un primo sguardo, già dalla grafica del titolo, “Barracuda Queens” sembra provenire dall’era delle serie anni ’90, come Dawson’s Creek. La fotografia si tiene molto distante dalle protagoniste, una color correction poco personale e pochissimi primi piani. Si dà invece ampio spazio ad inquadrature larghe, principalmente a figura intera o mezzo busto durante i dialoghi, cercando sempre di includere molteplici elementi e personaggi.
Purtroppo la fotografia non sfrutta il potenziale della tematica principale della serie, il furto di beni di lusso. Si sente la mancanza di una ricerca visiva che metta in risalto il luccicare dei candelabri, la bellezza dei dipinti, i riflessi dei calici di vino che le ragazze sono solite lasciare come firma in ogni casa che rapinano.
Una serie drammatica che non impegna
Il montaggio veloce e la trama scorrevole realizzano appieno la descrizione della sceneggiatrice Camilla Ahlgren:
“La nostra ambizione è quella di creare qualcosa di divertente, stimolante e fresco e allo stesso tempo raccontare una storia sui tempi in cui viviamo, con cinque intelligenti ragazze dell’alta borghesia di Djursholm che non conoscono limiti come personaggi principali”.
É tutto molto esplicito e prevedibile, non c’è una ricerca di un sottotesto e la serie privilegia i dialoghi alla comunicazione non verbale o ai simboli, appoggiandosi ben volentieri anche a diversi cliché.
Le scene in cui subentrano eventi particolarmente drammatici non sono esplorate nei dettagli né a lungo, sorvolando i problemi con un montaggio serrato e spiegando l’accaduto tramite i dialoghi tra i personaggi.
Bling Ring, Gossip Girl o Spring Breakers?
Tanti sono i richiami serie a pellicole e serie tv riguardo ambienti benestanti, il lusso, il furto e la ricerca di fama. Tuttavia, sono le protagoniste e la loro motivazione a fare la differenza: non c’è nessun fascino della ricchezza per le Barracuda Queens, in quanto sono tutte (meno Mia) già ricche. Il furto qui acquisisce il significato di vendetta contro i torti degli uomini, come dice Lollo “per fargliela pagare”. Le ragazze si proclamano delle eroine, delle Robin Hood, che rubano solo ai ricchi (ma non donano ai poveri). Il movente iniziale per le loro rapine è un enorme debito nei confronti di un hotel di lusso nel quale hanno soggiornato in vacanza. La vergogna nell’ammettere le loro colpe ai genitori le spinge a trovare una soluzione tutta loro, unendo vendetta a necessità. I furti, tuttavia, non si fermano all’estinzione del debito, ma innescano adrenalina pura nel gruppo, inducendo una insaziabile fame di denaro quasi come… barracuda, animale vorace per antonomasia.
In conclusione…
BarracudaQueens si pone come una serie ideale qualora si stia cercando un prodotto semplice, senza troppe pretese, da godersi in un binge watching o durante la pausa pranzo.