Dal 16 al 18 giugno 2023 avrà luogo il Love Film Festival, nona edizione della kermesse diretta da Daniele Corvi. Il festival, che ha come intento quello di portare avanti valori positivi attraverso il cinema, avrà luogo a Perugia. Proprio al direttore artistico Daniele Corvi abbiamo fatto alcune domande sulla rassegna.
Il Love Film Festival di Daniele Corvi
Love Film Festival: già il nome è sintomatico di ciò che vuole affrontare la kermesse, ma che definizione daresti a chi chiede “cos’è il love Film Festival”? Quali sono i valori positivi sui quali si concentra?
L’idea è nata quasi dieci anni fa e ha un po’ ripreso la tradizione romantica della città di Perugia legata al bacio perugina. Nasce con l’esigenza di ridare vita alla città. In più c’è da dire che ci sono tanti festival in Italia, ma non uno che tocchi prevalentemente il tema dell’amore che ogni anno viene declinato in modo diverso (quest’anno spiritualità e amore per l’ambiente). Questo ha fatto sì che il Love Film Festival prendesse una sua identità.
Un festival che, come hai detto, è legato alla terra in cui si svolge, ma che quest’anno ruota attorno al tema della tradizione e della spiritualità. In che modo verrà affrontato questo aspetto? E come sarà protagonista il territorio?
Spiritualità e ambiente è una risposta che dà il territorio. L’Umbria è terra di santi, di sante, invita alla riflessione ed è anche un luogo, per certi versi, incontaminato e attento all’ambiente. Non a caso qualcuno lo chiama “il polmone verde d’Italia”. Da qui il fatto che abbiamo selezionato film dell’ultimo anno che hanno toccato questi aspetti.
Alcuni sono stati proprio girati qui, in Umbria. Uno, per esempio, Chiara di Susanna Nicchiarelli, ma anche il documentario sul Perugino. Poi c’è anche Padre Pio di Abel Ferrara. E il film di Paolo Genovese, umbro di origine e mio presidente perché entrambi siamo nell’Umbria Film Commission.
Ogni proiezione sarà accompagnata da un testimonial (regista o attore) che potrà anche sviluppare e approfondire con il pubblico il tema della spiritualità e dell’ambiente.
La collaborazione con le scuole
Un aspetto importante da sottolineare è che il Festival ha lavorato per tutto l’anno con tre scuole immergendo i ragazzi in un cinema di impegno sociale. Inutile dire che in tempi come questi è sempre più importante puntare sui giovani e formarli anche da questo punto di vista. Com’è stata questa esperienza?
Il rapporto con le scuole (dei licei del territorio) è sempre stato un elemento di questo festival che negli ultimi anni, causa pandemia, si era trasformato in un concorso letterario, non potendo avere un contatto così diretto. Quest’anno li abbiamo accompagnati durante tutto l’anno.
Abbiamo coinvolto un partner, la Confapi di Perugia, per dei seminari e approfondimenti sul tema della condizione della donna nel lavoro e della parità di genere. Varie imprenditrici hanno fatto seminari sul tema e poi dopo abbiamo seguiti gli studenti per la realizzazione di cortometraggi che toccassero queste tematiche.
Sono stati realizzati 7 cortometraggi e, attraverso una giuria interna, ne sono stati selezionati 3 che hanno affrontato questo tema in maniera diversa: uno più drammatico, uno ironico e uno con interviste. Dando un tema comune e un supporto tecnico ognuno ha sviluppato il tema in maniera originale: è stato il primo bagno nel mare del cinema.
Questo rende il festival anche meno statico.
Il festival in questo caso ha fatto proprio produzione, ci siamo messi a disposizione spiegando rudimenti di sceneggiatura, montaggio, scenografia.
E la cosa interessante è che molti ragazzi saranno nostri volontari o stagisti durante tutte le giornate del festival, in vari reparti, per addentrarli ancora di più in questo mondo.
Il lavoro di Daniele Corvi e dei collaboratori dietro il festival
Come avviene la selezione dei titoli in un festival del genere?
Facciamo un bando con il tema (quest’anno spiritualità e ambiente). In alcuni casi magari ci stimoliamo noi stessi quando siamo in luoghi di cinema. Io, per esempio, vado spesso nei festival e se vedo un’opera interessante lo faccio presente. In base al tema e al valore che può trasmettere possiamo selezionare il film.
Il nostro premio, poi, è il grifone d’oro per le varie sezioni ed è assegnato non al miglior film, ma al miglior film che sviluppa il tema del festival.
I film di quest’anno sono incentrati proprio su questi valori, valori che si possono legare al territorio. Ci sono anche storie interessanti, alcune più attuali, altre meno e altre di fantasia.
Ma il tema viene deciso dopo la visione dei film o prima?
Generalmente stabilisco prima il tema. A festival concluso, o anche prima, so già l’anno dopo che tema vorrò sviluppare.
Qual è il pubblico di riferimento del Love Film Festival? C’è una fetta di persone alle quali vorrebbe rivolgersi in maniera particolare?
Il pubblico tendenzialmente è prevalentemente femminile. In un primo momento era un pubblico più maturo, dai 30 anni in su. Adesso stiamo attuando delle strategie per coinvolgere più giovani, coinvolgerli e valorizzarli (anche all’interno dell’organizzazione).
Le tematiche sono comunque universali e possono arrivare a chiunque. Il film, a mio avviso, deve lasciare qualcosa e scaturire e generare una riflessione e un confronto.
Il festival permette di parlare a tu per tu con il regista, l’attore, il produttore o lo sceneggiatore per capire ancora di più dell’opera.
Tanti ospiti, titoli e incontri
Tra le proiezioni e gli ospiti ci sono, infatti, anche momenti di condivisione e dibattiti. Ce ne sono alcuni particolari da segnalare?
Il film che mi ha dato maggior soddisfazione nell’inserirlo nel programma è Padre Pio di Abel Ferrara che sarà presente al Festival insieme all’attore Luca Lionello.
Poi c’è anche un momento sui libri: tengo particolarmente a Flashback di Cristina Comencini che tocca la tematica della parità di genere e la violenza sulle donne. E poi c’è questo legame con Paolo Genovese che, da Perfetti Sconosciuti, è sempre di casa a questo festival.
Quali sono le aspettative, in generale, per questa edizione?
Come ogni anno si cerca di fare un gradino in più. Siamo arrivati al nono e riteniamo di avere un programma che possa generare spunti e riflessioni. Chiaramente quest’anno iniziamo il percorso che va al decennale su cui punteremo molto.
All’inizio sembrava quasi uno scherzo un festival del genere. Poi, negli anni, sono anche transitati registi che hanno dato luogo a produzioni sul territorio, come Paul Verhoeven per Benedetta che si invaghì dei luoghi e poi tornò a girarci buona parte del film. Ma anche la serie Il nome della rosa.
L’idea è continuare così a coinvolgere il maggior numero di persone, cercare sempre di trovare delle storie su delle tematiche positive, come una sorta di cinema terapeutico che possa arricchire anche l’anima.
Altri nomi e momenti da segnalare?
Un altro ospite molto legato al festival è Marco Bocci. Poi Serena Grandi che sarà presente nelle vesti di scrittrice per presentare il suo libro L’uomo venuto dal Po.
Faremo anche una tavola rotonda con i produttori della Vivo Film su Umbria, cinema e spiritualità per raccontare l’Umbria come terra di santi, ma che si può anche trasformare in terra di cinema dato che da due anni è nata la fondazione Film Commission.
Qualcosa sulla giuria?
Non ci sono solo esperti di cinema, ma anche esponenti della cultura e della scuola. Proprio perché il cinema deve formare. Per fare in modo che il film o l’interpretazione o la regia non sia valutata solo da esperti, ma anche da chi ha un certo spessore culturale e si possa valutare la capacità di arrivare al reagente.