Ugramè un thriller/action movie indiano del 2023 scritto e diretto da Vijay Kanakamedala.
Prodotto da Shine Screens e Anji Industries, il film è stato distribuito nelle sale nazionali il 5 maggio 2023, diventando immediatamente un enorme successo commerciale.
Distribuito sulla piattaforma Amazon Prime Video, Ugramconsolida il sodalizio professionale tra Kanakamedala e la sua stella protagonista Allari Naresh, qui affiancata dall’attrice Mirnaa Menon.
Shiva Kumar (Allari Naresh) è un agente di polizia che si alterna con passione e impegno tra lavoro e famiglia. Tuttavia le sue prolungate assenze da casa cominciano a far oscillare il matrimonio con Aparna (Mirnaa Menon) e a incrinare il dolce rapporto con la figlia.
La situazione non sembra affatto migliorare e anzi precipiterà irrimediabilmente quando Shiva, preso da un convegno lavorativo, non risponderà a un’impellente richiesta di aiuto della moglie, che verrà dunque umiliata nella sua stessa casa da una banda di criminali precedentemente mandati in carcere dal marito.
L’evento scatenerà l’ira di Shiva, che, dopo aver cercato la vendetta personale, si ritroverà costretto a fare i conti con un grave trauma procuratosi in un incidente stradale e l’inspiegabile scomparsa della moglie e della figlia.
Paese che vai, cinema che trovi
Non è semplice, basandosi su una visione eurocentrica, spiegare e discutere di questo film. Ugramè certamente uno di quei prodotti che trasmette fin dalle prime battute la sensazione che vi siano importanti sforzi di adattamento a una mentalità straniera, che non appartiene alla grande e variegata nazione indiana. Non a caso il film riprende il plot, seppur rivisitato, di un precedente lavoro statunitense targato Netflix (Fractured, 2019).
Fin dall’inizio si viene catapultati in una dimensione puramente ludica e sconvenientemente iperbolica, che soffoca ogni possibile naturalismo scenico nonostante non vi siano affatto ambizioni da cinema sci-fi o surrealista. Complice di ciò è una CGI terribile, assurda e nemmeno lontanamente sostenibile come invece potrebbe essere per un B-movie o una parodia.
La narrazione procede per intrecci sconnessi, spesso ingiustificati, basati su nodi narrativi che mai e poi mai potrebbero ingannare neanche lo spettatore più ingenuo. A fare da cornice a questo autentico “pastiche” vi sono la soundtrack di Sricharan Pakala e le sequenze corali (tutti flashback) che si innestano a completare una storia già fortemente stravolta: due tratti che non soltanto costituiscono la vera identità del film, ma che risultano gli unici accettabili anche per uno spettatore culturalmente “distante” proprio perché siamo abituati a percepire il cinema indiano attraverso quei precisi stilemi.
È qui che la riflessione avviata precedentemente ritorna e trova la sua conferma: il cinema indiano continua a voler dimostrare tutto il suo valore rincorrendo un’industria, quella hollywoodiana, che ha molta più esperienza e molti più soldi. E tutto questo lo si vorrebbe ottenere senza abbandonare la tradizione e la cultura delle proprie radici. Il risultato è però discutibile, nonostante sia da lodare il coraggio di una simile impresa.
Sulla regia di Ugram
Non si può concludere questo articolo senza soffermarsi brevemente sulla regia. Come già accennato nel paragrafo precedente, uno degli aggettivi più adeguati a descrivere questo titolo è “iperbolico”: Kanakamedala è senza dubbio un regista che conserva e sfrutta delle basi linguistiche e tecniche molto solide; ma le estremizza in continuazione, dando vita a dei tagli e a delle composizioni da musical, nonostante si voglia puntare ogni sforzo produttivo sull’azione e la suspense.
Allo spettatore non resta che accogliere in sé, quasi come un mantra, tutta la strabordante forza espressiva di Ugram, lasciandosi trasportare da un vortice sonoro e cromatico che si deposita piacevolmente sullo schermo, e che, per fortuna, riesce quasi a compensare le tante manchevolezze nella sceneggiatura e nella CGI.