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‘Breaking Social’ di Fredrik Gertten, un documentario straordinario prodotto dal basso

‘Breaking social’ denuncia la perdita di quel patto di fiducia che lega non solo i cittadini alle istituzioni, ma i cittadini tra loro, dimostrando come la democrazia è in realtà un “sentimento democratico” che va nutrito quotidianamente e mai dato per scontato. Un legame di fiducia e onestà che si crea tra le parti e che rende egualitaria una società.

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Breaking Social di Fredrik Gertten (Big Boys Gone Bananas!*) è il film di chiusura della 26° edizione del Festival CinemAmbiente di Torino. Storie di ispirazione e battaglia tenace, raccolte da tutti gli angoli della terra per guidare le nuove generazioni ad una presa di posizione attiva e decisiva.

Un prodotto che alcuni potrebbero definire con superficialità “scomodo” o “complottista”, dal momento che individua un inquietante pattern comune e tristemente ridondante nella malvagità umana.

Melissa Briones. Foto di Janice D’Avila

Breaking Social di Fredrik Gertten, la trama

Un documentario intercontinentale che passa dalla corruzione politica al sentimento, dalla povertà degli insegnanti, allo sfruttamento selvaggio delle risorse. Ribadisce nuovamente e riflette sulla lunga lista di brutture che l’animale uomo sta perpetrando in questo mondo, non solo a scapito della terra e delle altre specie, ma scavando la fossa a se stesso.

Distruggiamo le cose più preziose che abbiamo al mondo, al solo scopo di aggiungere degli zeri al conto in banca.

Eppure, non ci lascia senza speranza.

I fatti di cronaca, narrati tramite preziose testimonianze, sono ingiustizie di lunga data o crimini irrisolti: dall’omicidio della giornalista maltese Daphne Caruana Galizia, agli scioperi degli insegnanti americani. Il racconto delle proteste in Cile del biennio 2019-20 (Estallido Social) è molto toccante: perché si genera da un discorso sulla normalizzazione dell’ingiustizia.

Fondamentali inoltre, sono le prospettive della scrittrice Sarah Chayes e dello storico Rutger Bregman, la cui affermazione descrive l’essenza e l’intenzione del film per intero:

When we get angry, change is already happening.

E qui di storie di popoli arrabbiati e motivati al cambiamento, ce ne sono davvero tante.

Estallido Social, le proteste in Cile del biennio 2019-20_Foto di Janice D’Avila

Il documentario, la denuncia, e la costruzione registica

Quanto sia potente a livello visuale la realtà di tutti i giorni, Gertten ce lo ricorda con eleganza. Si trova ad avere soggetti dalla fisicità così piena e verace, al punto che ci si perde negli occhi di cristallo di Sarah Chayes e nella sua voce dall’inglese scandito e colorito. Breaking Social ha lo stile dei migliori HBO, delle inchieste pulite americane, sebbene sia una produzione svedese.

Anche il suono va in quella direzione, avvolge e ci rammenta come anche i documentari siano film per i cinque sensi. Anzi, sei sensi, che qui si racconta una storia che al sesto senso si affida molto per protrarre l’indagine sempre più a fondo.

Il quadro si compone partendo dai bordi, comunque esageratamente estesi, rientrando poi verso il centro della questione. In principio non lascia molta aria da respirare, il senso di soffocamento inizia con le proteste in Cile e si amplifica esponenzialmente via via che il discorso si rivolge ad una inafferrabile dimensione di potere, di classe sociale, così distante da risultare utopica. Sono teorie complottiste o siamo davvero ad un passo dal tramutarci tutti in spiedini arrosto per il diavolo?

Il film denuncia la perdita di quel patto di fiducia che lega non solo i cittadini alle istituzioni, ma i cittadini tra loro, dimostrando come la democrazia è in realtà un “sentimento democratico” che va nutrito quotidianamente e mai dato per scontato. Un legame di fiducia e onestà che si crea tra le parti e che rende egualitaria una società.

La fiducia è l’ossigeno della democrazia.

Ma il finale di Breaking Social non ci abbandona. Anzi, ci lascia attivamente imbestialiti e pronti all’azione.

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