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Tin e Tina: trama, recensione e cast
Trama, recensione e cast del nuovo horror movie spagnolo disponibile su Netflix dal 26 maggio
Published
2 anni agoon
Tin&Tina: trama, cast e recensione del nuovo horror su Netflix
Dal 26 maggio è disponibile su Netflix Tin e Tina, un horror-thriller spagnoleggiante firmato Rubin Stein con Jaime Lorente (Denver della fortunata con qualche riserva Casa de Papel) e Milena Smit. Una pellicola “alla vecchia maniera” che riporta indietro nel tempo e nel genere dei racconti d’orrore, ma che a volte porta un po’ fuori strada. Ciononostante, il film si è subito posizionato in alto nella classifica dei film più visti.
Tin e Tina: la trama
Spagna, debutto anni ’80. Adolfo e Lola (Jaime Lorente e Milena Smit) sono una coppia apparentemente felice, almeno nei primi attimi della pellicola dove sono in procinto di sposarsi e mettere su famiglia (lei ha il pancione). Il sogno viene immediatamente interrotto da un’ infelice interruzione della gravidanza da parte di lei in una maniera molto scenografica: il vestito bianco e candido da sposa inizia a macchiarsi di sangue, primo momento di molti simili in tutto il lungometraggio.
Pochi mesi dopo la coppia, decide di adottare un bambino, su insistenza di Adolfo e con qualche riserva da parte di Lola, ancora scossa dal recente accaduto. Si recano per questo motivo in un convento vicino e lì fanno la conoscenza di Tin e Tina (Carlos G. Morollón e Anastasia Russo), due gemelli dai tratti molto chiari e leggermente inquietanti: i due suscitano nell’immediato l’affetto di Lola, mentre Alfonso ha delle riserve.
Appena arrivati a casa con i bambini, i sentimenti sembrano piuttosto invertirsi. Alfonso è pronto a lanciarsi nel ruolo di padre che soprattutto accontenta e cerca di coinvolgere i nuovi figli, mentre è Lola ad avere dei dubbi sulla natura dei due.
I gemelli hanno infatti degli atteggiamenti strani e inquietanti, molto ligi ai doveri di quel cattolicesimo estremo dal sapore medievale e catecumeno, influenzati dall’ambiente in cui sono cresciuti fino a quel momento, sotto gli insegnamenti religiosi del convento da cui provengono. Il loro arrivo darà il via a una serie di eventi “strani”, al limite tra il reale e il paranormale, che accrescono i dubbi e le paure della madre, acutizzando fortemente le distanze nella coppia. L’uomo accecato dai doveri e dai vezzi della società, la donna trascurata, relegata alle competenze casalinghe. Gli eventi, miracolosi e disastrosi, che si verificheranno nella casa avranno delle conseguenze ( prevedibili e non ) fino alla fine del lungometraggio, anche quando nella famiglia arriverà un nuovo componente, un altro figlio concepito da Lola e Adolfo
Recensione e Cast di Tin &Tina
Nonostante il posizionamento elevato tra le classifiche Netflix, Tin&Tina divide la critica che concorda nel citazionismo e nella bravura degli attori (soprattutto per i giovani protagonisti Carlos G. Morollón e Anastasia Russo) e della regia di Stein, con una fotografia travolgente e delle scene molto ben costruite che tentano di rimanere impresse negli spettatori. Le scelte di trama però non sempre convincono e dividono, tra chi parla di “miglior film horror dell’anno” e chi invece non apprezza le scelte del regista.
La messa in scena consente di fare un salto nel passato nei favolosi anni Ottanta con quell’ostentata ricchezza sull’orlo del baratro, con qualcosa di sinistro che si nasconde dietro l’angolo pronto ad arrivare e a far precipitare le cose. Si nota anche quell’iconicità di prodotti destinati ad essere emulati e a restare nell’immaginario collettivo, come la canzoncina Super Disco Chino cantata da Tin e Tina.
Sentite? Questa è l’ira di Dio
L’analisi del rapporto matrimoniale tra Lola e Adolfo invece pone il lungometraggio nel dibattito attuale sull’emancipazione femminile, i cui dubbi e sofferenze sono incarnati dalle espressioni faticose e intense di Milena Smit. Jaime Lorente mostra in maniera altrettanto puntuale il ruolo statico, dominante e a volte distruttivo della componente maschile e patriarcale della coppia, quella che non è in grado di pensare ad altri che a sé stesso. Ê incapace di vedere i problemi della donna e della famiglia, camuffandoli con premure e attenzioni che restano a un livello superficiale. A questo livello rimangono, purtroppo, anche tutte le dinamiche del film che in qualche modo potrebbero essere approfondite (conoscendo qualcosa sulla storia personale dei personaggi, ad esempio), mentre da spettatori invece osserviamo come molte cose vengono appena accennate.
Altra componente centrale di Tin&Tina è il rigore di una certa mentalità cattolica plasmata su una dura educazione del cattolicesimo, dei suoi testi e delle sue contraddizioni, che il regista cerca di smontare e decostruire. I gemelli compiono una serie di azioni a loro modo estreme e sanguinarie perché pensano di seguire gli insegnamenti e le regole della Bibbia imparata all’orfanotrofio. Spesso (per non dire sempre) gli intenti apparentemente buoni e innocenti portano a esiti disperati (come quanto accade al povero cane, per dirne una), con delle scene anche difficili . Carlos G. Morollón e Anastasia Russo vestono i ruoli in una maniera tanto inquietante quanto impeccabile, ricordando un po’ i bambini delle prime fiabe di tradizione tedesca (quelle che riprendono i Grimm), i classici caratteristi horror (i due gemelli identici), fino ad alcuni personaggi letterari.
Queste somiglianze hanno un senso soprattutto se si osserva il modo candido (come il colore delle loro vesti e della pelle) in cui sembrano compiere delle azioni che risultano“ cattive”, ma che sono il risultato di insegnamenti poco chiari e fraintesi. Tin&Tina critica e condanna il dogmatismo cieco e senza riflessione o attualizzazione.
Nel racconto fantastico I fatali del 1869 Iginio Ugo Tarchetti parla di un personaggio che per strane connessioni si trova sempre presente in gravi catastrofi; questo individuo
Era biondo e bellissimo, eccessivamente magro, ma non tanto che la bellezza dei lineamenti ne fosse alterata; aveva gli occhi grandi ed azzurri, il labbro inferiore un po’ sporgente, ma con espressione di tristezza più che di rancore;
La fisionomia del fatale di Tarchetti rimarca bene quella dei gemelli protagonisti del lungometraggio di Stein che tra condanne, contraddizioni e prevedibilità si rivela comunque un film che sta facendo parlare di sé.