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‘Denti da squalo’: un esordio tra semplicità e magia

Denti da squalo è un racconto di formazione tra magia e realismo.

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In concorso l’8 Marzo 2024 nella sezione lungometraggi al Sudestival, Denti da squalo nasce da una comunione di sogni e di passioni. Davide Gentile ne cura la regia: consigliato da Gabriele Mainetti – produttore con la sua Goon Films, produttore artistico e co-autore delle musiche insieme a Michele Braga – il giovane cineasta esordisce con un’opera semplice, ma venata di magia. Inoltre il film è presente anche in piattaforma su Prime Video.

Il soggetto e la sceneggiatura, firmati a quattro mani da Valerio Cilio e Gianluca Leoncini, hanno vinto il Premio Solinas. E così è iniziato il percorso di questa favola, meritevole di essere vissuta sul grande schermo e capace di far tornare bambini. Girato tra Tor San Lorenzo, Fiumicino e il quartiere San Paolo, il film è una produzione Goon Films, Lucky Red, Ideacinema con Rai Cinema, in collaborazione con Prime Video.

Denti da squalo | La trama

Walter (Tiziano Menichelli, perfetto alla sua prima prova attoriale) è un tredicenne come tanti, a cui piace ogni tipo di sport e andare in bicicletta. Se non che, ha da poco perso il padre (Claudio Santamaria), a causa di un incidente sul lavoro, e non riesce più a parlare con la madre (Virginia Raffaele), ritenuta in parte responsabile di quanto accaduto.

L’estate, al massimo del suo splendore, perde per lui qualsiasi attrattiva, almeno sino a quando non fa una scoperta che lo cambia per sempre. Quando, nella piscina della villa del Corsaro (Edoardo Pesce), si imbatte in uno squalo, Walter decide di trascorrere lì le sue giornate. Ma non ha fatto i conti con il custode del posto, Carlo (Stefano Rosci), un bulletto con il quale si creerà un rapporto particolare.

Uno squalo per elaborare il lutto

Il mare in apertura suggerisce quanto l’elemento acquatico sia fondamentale nella storia e in coloro che la popolano. A dispetto della splendida giornata che accoglie gli avventori della spiaggia, del sole che con i suoi raggi li scalda, dell’energia palpabile, qualcosa stona. Walter osserva la distesa dinnanzi a lui, le scene di padri che giocano con i figli, e non può fare a meno di pensare al suo di papà.

Solitudine, rabbia, frustrazione e tristezza lo avvolgono, non concedendo spazio ad altro. Niente e nessuno, nemmeno la mamma, riescono a fargli diminuire, almeno per un attimo, quel dolore. Ma accade qualcosa. Qualcosa di inaspettato, necessario e magico, che lo salverà.

L’elaborazione del lutto, come nella realtà, non sarà facile, né immediata. Ad aiutare il protagonista, nel suo percorso, ci penseranno l’incontro con uno squalo e una nuova amicizia.

Mica è pe’ tutti esse uno squalo.

Essere l’uomo di casa

Denti da squalo diventa un racconto di formazione, dentro il quale tante tematiche trovano un modo anche originale di emergere. Il futuro, per esempio, con le sue incognite e i desideri inespressi, fa la sua fugace comparsa su un murales, mentre Walter sfreccia sulla sua bicicletta, ignaro di ciò che lo attende alla fine della corsa.

Il pensiero costante della perdita del padre lo schiaccia e lo spinge oltre i limiti. Le tracce del genitore sono disseminate qui e là: una fotografia, gli attrezzi da lavoro, i libri che leggeva, il necrologio. Ritrovarsi a 13 anni a dover ricoprire il ruolo di “uomo di casa” può spaventare, soprattutto perché è complicato creare nuovi equilibri all’interno di una famiglia spezzata.

Non me nasconde le cose, te prego.

Se il dialogo sparisce dall’equazione, così come la confidenza, sono i piccoli gesti incondizionati – un bacio sulla fronte, una bottiglia di birra aperta con l’accendino – a tenere saldo l’amore tra la madre e il figlio. L’amicizia con Carlo permetterà loro di ritrovare una sorta di serenità e di leggerezza. Alternandosi con la drammaticità intrinseca alle vicende, questi momenti costringono le emozioni a palesarsi.

Denti da squalo | La verità è nei dettagli

In Denti da squalo sono i dettagli a rendere tutto più poetico e potente. La macchina da presa si sofferma su un rivolo di sangue, su una lacrima tenuta nascosta, su un paio di zoccoli. Ciascun elemento assume un suo preciso significato nell’economia della storia.

Ciononostante, la nostra attenzione, guidata dalle scelte registiche, privilegia gli sguardi. Se gli occhi sono lo specchio dell’anima, quelli di Walter e del Corsaro riflettono senza inganni i due caratteri, agli antipodi, forse solo in apparenza. Le lunghe ciglia del primo ne sottolineano la dolcezza, gli occhi neri del secondo – Pesce indossa delle lenti a contatto scurissime per l’occasione – sembrano pozzi in cui annegare e ricordano, appunto, uno squalo.

Più fai paura agli altri e più in alto arrivi.

Al centro di tutta la narrazione, la metafora con il predatore del mare dà modo di esplorare una realtà esistente. A popolarla, persone vere, che ogni giorno si trovano in lotta tra la propria coscienza e un senso di onnipotenza inebriante. Le leggende hanno spesso un fondo di verità e si tramandano, di voce in voce, contenendo messaggi semplici ma importanti. Esattamente come fa questo film, da non perdere.

Leggi: ‘Denti da Squalo’ conversazione con Davide Gentile

*Sono Sabrina, se volete leggere altri miei articoli cliccate qui.

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