Una bellissima storia, delicata e al tempo stesso estremamente significativa, girata con dedizione ed amore, quella raccontata dal regista franco-vietnamita Trần Anh Hùng nel film The Pot-au-Feu’ (La Passion de Dodin Bouffant), presentato con una standing ovation nella sezione in Concorso del 76° Festival di Cannes: un riconoscimento ampiamente meritato. Il cineasta, già nel 1993, 30 anni fa, aveva vinto la Camera d’Or al Festival di Cannes con il film Il profumo della papaya verde. La mano del maestro, nella sua piena maturità artistica con il film La Passion de Dodin Bouffant, si rivela nei dettagli magnifici curati in ogni scena, quando la videocamera si sofferma ad esempio sul prima e sul dopo di alcuni momenti topici, sulla cucina come luogo di scambio del quotidiano e dell’affermarsi di una relazione intima, amorosa ma capace di mantenere una distanza, sulla natura esterna, che segna il ritmo del trascorrere del tempo. Il film sarà distribuito prossimamente in Italia da Lucky Red.
Filmare la cucina come un’opera d’arte
Liberamente ispirato al romanzo di Marcel Rouff, The Life and Passion of Dodin-Bouffant, gourmet, il film racconta la lunga relazione tra Eugenie e Dodin che agli inizi del Novecento in Francia, condividono una storia di gastronomia ad alto livello, tra passione per il cibo e sentimenti di vero, nobile amore. Dodin Bouffant è un rinomato chef ed Eugenie la sua assistente che, negli anni, ha saputo conquistarsi un posto unico nella vita e nel cuore di Dodin: i due infatti sono su una stessa lunghezza d’onda nella profonda conoscenza dell’arte culinaria, nella paziente ed intuitiva gestione delle più complesse ricette da proporre anche agli ospiti più illustri, e la loro intesa si è affinata grazie alla loro relazione sentimentale. Lei realizza con abilità superiore allo chef, capacità creativa ed autonomia, le ricette da lui proposte e ne inventa di nuove, in uno scambio attivo ed inebriante per entrambi. Ma Eugenie ha sempre rifiutato le proposte di matrimonio di Dodin, almeno fino al giorno in cui lui decide di cucinare per lei (convalescente e con problemi di salute) un pasto sopraffino, dedicato solo a lei, come forma di riconoscenza e seduzione al tempo stesso.
Juliette Binoche eBenoît Magimel non potevano interpretare meglio i ruoli di Eugenie e Dodin, misurati ma intensi: lei sprigiona grazia e sapienti sorrisi, lui ben nasconde il fuoco della passione e della gratitudine che sente per la donna. Entrambi sentono ed esprimono il privilegio di vivere una storia umana e professionale così importante.
Gastronomia, istinto, coniugalità
Tante le scene in cui ‘realmente’ si cucina (il cibo è tutto vero) e si mangia con gusto: sembra che il regista abbia avuto problemi, in alcune scene, a far smettere di mangiare gli attori del film.
Consulente d’eccezione del film è stato lo chef Pierre Gagnaire (3 stelle), che ha sovrinteso la preparazione di tutti i piatti cucinati e decorati nel film, oltre che l’uso dei termini utilizzati.
“Hung è venuto a pranzo a casa mia per la prima volta – racconta Gagnaire – Era un giorno d’inverno e io ricordo di avergli servito un pot-au-feu a modo mio che era sul menu in quel momento. Dopo essersi complimentato, Hung mi ha confidato il suo desiderio di fare un film sulla storia di Dodin Bouffant – “Un film che parlerà di pot-au-feu, mi ha detto. Mi aiuteresti?” lo conoscevo il suo lavoro di regista e in quel momento stavo scoprendo l’uomo, la sua gentilezza, una rara eleganza… lo sono uno che lavora d’istinto: ho detto di sì con entusiasmo.”
“Da anni cercavo un tema inerente la gastronomia come opera d’arte – racconta il regista – alla fine mi sono imbattuto nel libro di Marcel Rouff, che scrive magnifiche pagine sull’arte culinaria ed offre anche l’occasione per esplorare un tema poco trattato al cinema, specie se le cose vanno bene: la coniugalità. C’è, in questa coppia, un’alterità e una complicità non comuni all’inizio del Novecento. Dodin ama la vita in un modo che definirei molto francese. I due non sono dentro una forma di romanticismo, non vivono nemmeno una passione esacerbata, ma sono dentro una perfetta misura, in un rapporto misurato con il mondo e la natura. Mi piaceva molto questa forma di morbidezza e moderazione che ritroviamo nell’arte e nello spirito In questo senso, penso che il mio film sia estremamente francese. Rimane il desiderio di Dodin di sposare Eugenie, la quale resiste, elevando una barriera che è una forma di mistero. La bellezza della loro relazione viene da questa resistenza. Se Dodin è ancora così innamorato di lei dopo tutti questi anni, è perché sente di non poterle prendere tutto.”