Al Festival di Cannes 2023, nella sezione della Quinzaines des Cinéastes, spicca il film portoghese Légua, che prende il suo nome dalla amena e lussureggiante località, nei pressi di Porto, in cui la vicenda è ambientata e dove si trova il podere nobiliare ove tre vite di donna si incrociano ed intersecano tra loro.
Il film, diretto a quattro mani da Filipa Reis e Joao Miller Serra, intende soffermarsi sulle caratteristiche di vita che contraddistinguono tre differenti fasi della vita umana, rappresentate da tre donne di età differenti, concentrandosi in particolare sulla stagione di mezzo, rappresentata dalla protagonista quarantacinquenne Ana, domestica e madre, che fa da collegamento alle altre due figure femminili, e costituisce il perno della storia.
Vivere ed invecchiare nell’antica villa dimenticata dai proprietari
La dinamica domestica quarantacinquenne Ana aiuta la governante di una antica villa nobiliare a mantenere casa e giardino pronti per il momento in cui i proprietari decidono di far ritorno alla casa.
Solo che costoro non fanno visita alla vecchia dimora da anni, e la vita delle due scorre con i soliti rituali, rallentati sempre più spesso dai problemi di salute che gravano sulla anziana governante, afflitta e piegata da una malattia degenerativa senza cura.
Mentre la figlia di Ana se la spassa pensando alle feste in discoteca e alla vita brillante in Porto, le giornate di Ana trascorrono sempre uguali, adattate ai rituali dei doveri casalinghi.
In più la donna, impietosita dall’aggravarsi delle condizioni della sua capa, provvede ad accudirla e a farle da badante, mentre una insistente agente immobiliare continua a cercare di entrare nella casa per un sopralluogo a scopo di proposta di vendita concordato con qualcuno degli eredi di quella proprietà immobiliare semi-abbandonata.
Légua – la recensione
Nei suoi precisi rituali di vita descritti con dovizia di particolari e una maniacale ripetitività, Légua si sofferma su tre donne di differenti età per concentrarsi su quella delle tre che si trova in una posizione mediana.
Ana non è più giovane come sua figlia, ma nemmeno anziana come la sua responsabile, afflitta da problemi di salute che la rendono sempre più non autosufficiente.
La donna pertanto prova a reagire con scatti di vitalità sfrenata, ma un esame realistico della propria situazione le impone di soprassedere, e di continuare a dedicarsi alla attività di mantenimento dell’antica casa abbandonata, il cui fascino vetusto ed austero la fanno divenire quasi una villa di fantasmi o anime inquiete.
Nella semplicità delle azioni da lavoro quotidiano che contraddistinguono la maggior parte de movimenti e delle interconnessioni dei tre personaggi principali del film, Léita si impegna a trasfigurare il trascorrere inesorabile del tempo, che ad un certo punto pare materializzarsi sotto forma di una misteriosa linfa che inizia a scorrere sulle cose che circondano il parco della villa dimenticata dal tempo e dagli eredi.
Il film della coppia Reis/Miller Guerra riesce, nella semplicità del suo catturare lo scorrere del tempo, ad avere un potere quasi ipnotico sullo spettatore, inducendolo a riflettere sul progressivo, inesorabile decadimento che grava sulle cose, ed ancor più sulle persone.