Dopo il Festival di Cannes 76, ed ora Fuori concorso al Torino Film Festival, Cerrar los ojos rappresenta il tanto atteso ritorno in regia del maestro basco Victor Erice, a distanza di ben tre decenni dal suo ultimo lungometraggio, lo straordinario Il sole della mela cotogna, che valse all’autore il Premio della Giuria proprio al Festival di Cannes 1992.
Il film è una sorta di enigmatico giallo che coinvolge un noto regista a cui una trasmissione televisiva dedica una puntata su un fantomatico film mai terminato a causa della sparizione improvvisa del suo attore principale, da decenni dato per morto in quanto introvabile.
Dal cinema alla vita vera, tornando nuovamente al cinema
Presso una località nella periferia borghese parigina nota col curioso nome di Triste-le.roi, un ricco signore incarica un investigatore privato (José Coronado) di ritrovare la sua unica figlia, col compito di riportargliela prima che egli muoia del male che lo sta consumando.
Poco dopo scopriamo che questa storia è solo una delle poche scene girate di un film che il regista Julio Arenas (Manolo Solo) dovette interrompere a causa della sparizione misteriosa del suo protagonista, scelto per interpretare l’investigatore. Un suo caro amico sin dai tempi della leva militare, nonché suo attore feticcio.
Quando una trasmissione televisiva in stile Chi l’ha visto tratta nuovamente il mistero di quella scomparsa, ecco che la telefonata di una donna fornisce indicazioni precise su dove trovare l’uomo.
Recatosi nella località marinara che ospita un ospizio in cui l’attore, senza memoria né amici, ha trovato rifugio, grazie alla magnanimità di due suore che l’hanno soprannominato Gardel per il suo canticchiare spesso motivi legati al tango, il regista inizia ad avvicinarlo. E, dopo essersi convinto che è davvero lui, cerca di trovare il modo affinché lo smemorato possa ritrovare i ricordi del passato, l’amore per la figlia e l’affetto del suo più caro amico.
Sarà il cinema, che li ha divisi per tanto tempo, forse, a farli ritrovare, consapevolmente.
Cerrar los ojos – quel cinema che aiuta a vivere e a ritrovare i cocci del proprio passato in frantumi
Il ritorno in regia di Victor Erice avviene con un film straordinario che può lasciare inizialmente interdetti, ma che è destinato poco per volta a entrare nei cuori degli spettatori.
Con un regista come attore principale, e un coprotagonista smemorato, il film non può che rivelarsi un’opera dai risvolti inevitabilmente molto autobiografici, attraverso la quale il grande autore di Lo spirito dell’alveare (1973) e di El sur (1983) cerca di fare i conti con la sua arte e la sua passione, chiudendo il cerchio durato tutta una vita, dedicata certo alla settima arte, ma senza frenesia né obblighi contrattuali da rispettare.
Cerrar los ojos conferisce al cinema il potere quasi miracoloso di recuperare la memoria, le emozioni che parevano perse, e nello stesso tempo riabilita le sorti di una pellicola in qualche modo maledetta, sempre al centro di notizie fuorvianti legate alla misteriosa sparizione dell’attore e per nulla incentrate sulla qualità intrinseca del lavoro. Peraltro appena abbozzato in una scena iniziale e in quella finale.
Il risultato è straordinario, commovente, e pudicamente celebrativo di un’arte narrativa che dimostra virtù terapeutiche insperate e dagli effetti pratici quasi miracolosi.