Alla Quinzaine des Cinéastes del Festival di Cannes 76, uno dei pezzi forti tra i 15 si rivela come intuito The book of Solutions, del regista francese Michel Gondry.
Il film arriva a otto anni dal precedente e tenerissimo Microbo & Gasolina (2015) e a dieci anni esatti dal meraviglioso Mood Indigo – La schiuma dei giorni (2013).
Un film spassoso sul cinema, sull’arte del creare e su quel pizzico di follia che rende piena di ostacoli la quotidianità bisognosa di razionalità ,conferendo quella giusta impronta per raggiungere, attraverso il cinema, la creatività giusta per avvicinarsi alla creazione artistica di livello.
Nel cast motivato e complice, brillano per simpatia il protagonista Pierre Niney la scatenata e sardonica Blanche Gardin, e la pacata e saggia Francoise Lebrun.
Prendi il girato e scappa in campagna dalla zia
Marc è un giovane regista indipendente un po’ ansioso e con tendenze schizofreniche che, nel momento cruciale in cui il suo ultimo progetto deve essere sottoposto al vaglio dei finanziatori, si accorge di essere stato scaricato dal suo stesso agente che non lo sopporta più.
Prima di perdere il materiale già girato ed ancora da sottoporre a montaggio, il cineasta sguinzaglia le sue zelanti assistenti per attuare il cosiddetto “Piano B”: fuggire col girato per terminare il lavoro in completa autonomia.
L’operazione, dai connotato grotteschi e funambolici, riesce piuttosto bene e la piccola troupe di ribelli cerca rifugio tra le Cévennes, presso la casa di campagna della paziente e gentile zia di Marc, Denise.
A quel punto il regista, approfittando di quel clima di totale libertà in cui tutte le assistenti si occupano di lui e delle sue bizzarre evoluzioni creative, si imbarca nel portare a termine un progetto in qualche modo rivoluzionario per come l’eccentrico regista ne concepisce la struttura.
Ma a quel punto, devastate dalla tensione e dalla imprevedibilità di quel folle narratore di storie, anche le devote collaboratrici finiscono per essere tentate di abbandonarlo e zia Denise inizia a temere che l’interruzione improvvisa e volontaria della cura medica che teneva a bada lo stress del nipote possa averlo compromesso irreparabilmente.
The book of Solutions – la recensione
Che spasso e che divertimento ogni volta che Michel Gondry si affaccia al pubblico con una nuova fatica cinematografica!
Questo suo irresistibile e puntualmente esilarante The book of solutions descrive la sintesi di un processo di creazione d’opera che necessita di distacco dalla routine e dalla materialità controllata e logica tipica della vita reale.
Il regista Marc è tutt’altro che un tipo concreto e deciso, e non a caso nel suo lavoro è solito circondarsi di angeli custodi che si materializzano sotto forma di donne tenaci e sveglie che lo conoscono, ne accettano gli atteggiamenti al di fuori di ogni logica e ne apprezzano l’impeto creativo che spesso induce il cineasta a cadere oltre il burrone.
Stavolta il regista geniale e spesso incontenibile di Se mi lasci ti cancello (2004) e Be kind, rewind (2008) ci parla dell’arte del creare, di quella di fare cinema e di come la follia a volte sia l’ingrediente necessario ed insostituibile per arrivare ad ottenere cose geniali.
Almeno a patto di poter disporre di persone razionali che adottino il regista e creatore come un piccolo genio totalmente incapace di gestirsi quando la creatività non può fare a meno di interagire con la realtà burocratica e davvero poco poetica della vita reale.
Un Gondry in gran forma confeziona un piccolo gioiellino di grazia e di amore per la settima arte, complice di un cast di giovani attori irresistibili e in stato di grazia come Pierre Niney e Blanche Gardin, affiancati dalla tenera e gloriosa Françoise Lebrun, icona dei maestri più grandi e padri fondatori dell’arte di sapere far cinema.