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Cannes

Black Flies: un giro nell’inferno newyorkese

Un'umanità perduta e putrefatta si offre nel sacrifico quotidiano ai paramedici impegnati a soccorrerla.

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Black flies

Jean-Stéphane  Sauvaire arriva per la prima volta nel Concorso a Cannes trascinandoci nel girone dantesco dell’allucinata New York. Seguiamo le vicende di due paramedici, Ollie Cross (l’angelico Tye Sheridan), giovane studente di medicina che affianca ai suoi studi la ‘pratica’ sulle ambulanze e il veterano Rutkovsky (gestito con sicurezza da Sean Penn). Coppia agli antipodi: Ollie, più idealista, timoroso e poco concreto, Rutkovsky decisamente temprato nel corpo e nello spirito da anni e anni di immersione nell’inferno.

Stato di allucinazione

Black Flies è un film volutamente eccessivo. Nella forma, innanzitutto: veniamo letteralmente immersi in un contesto disturbato, scaraventati da un’ambulanza nella sua folle corsa, dal rumore amplificato di sirene, dalle grida della tragedia (la prima di una lunga serie) che Ollie e noi viviamo come un’allucinazione. Da questa allucinazione, non ne usciamo se non per pochissimi momenti. Che colgono le rispettive vite e tipologie dei due protagonisti. La difficoltà del giovane Ollie di assorbire un’umanità reietta, che gli vomita addosso tutto il suo terrificante stato. Deboli, pazzi, violenti. La testa bombardata da urla, da corpi devastati di criminali, tossici, homeless di un suburbanesimo spietato in tutte le sue sfaccettature: ambientali, architettoniche, razziali.  Si sopravvive, ci si ammazza, si maledice chi tenta di salvarti.

La macchina da presa si getta addosso a queste putrefazioni. La fotografia amplifica, ridondando, tale effetto stupefacente. La scena più disturbante, l’iniziazione di Ollie ad un reale esposto nella sua verità di orrore puro, simboleggiato dalle mosche nere che lo sovrastano, rende perfettamente il senso e la necessità di questo eccesso.

La prospettiva è anche politica

Tratto dal romanzo I corpi neri di Shannon Burke, maturato nel contesto delle sue reali esperienze di paramedico di strada, Black Flies è eccessivo anche nella sostanza, rimanendo ancorato ai singoli episodi che si alternano in un soccorso sempre estremo, sempre fuori dall’ordinario. Soltanto dopo una buona prima parte del film, si arriva ad un punto di svolta: un caso di coscienza che coinvolgerà direttamente Rutkovsky ma che condizionerà e contribuirà a far maturare il giovane Ollie. Ispirato, in questo inferno dalle ali salvifiche dell’arcangelo Gabriele, la missione di cui si è sempre sentito parte il giovane, muta di prospettiva. La realtà dell’essere umano e del buio in cui precipita è una dimensione che non si può controllare, proteggere sempre.

La disumanità degli stessi angeli salvifici, indossata al meglio da un inedito e disgustoso Michael Pitt è, politicamente, una chiara denuncia del nostro tempo: gli angeli soccorritori, oggi, semplicemente sono sempre di meno, essi stessi demoni tormentati. Impossibile  neppure accostare Black Flies allo Scorsese di Al di là della vita.

Il nostro tempo è lontano anni luce da quella messa a fuoco: tutta la perdizione attuale è spinta sempre più in basso, lasciata a se stessa, abbandonata al suo inferno quotidiano dalla superficie delle nostre benestanti, connesse ed egoistiche esistenze.

 

Black Flies

  • Anno: 2023
  • Durata: 120
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Usa
  • Regia: Jean-Stéphane Sauvaire

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