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‘Fanfik’. Il nuovo coming of age su Netflix

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Fanfik (Fanfic nella versione originale) è un coming-of-age polacco diretto da Marta Karwowska, che lo ha scritto insieme a Grzegorz Jaroszuk. Il lungometraggio si basa sull’omonimo romanzo di Natalia Osinska e segue le vicende di due adolescenti e del loro gruppo di coetanei mentre navigano alla scoperta di se stessi.

Prodotto da Orphan Studio e distribuito da Netflix, che ne ha curato la premiere per il 17 maggio.

Fanfik, la trama

Toska (Alin Szewczyk) e Leon (Jan Cieciara) sono i due protagonisti della storia. Frequentano entrambi le scuole superiori e nella prima scena sono nello stesso bagno a fare i conti con la bulimia. Toska è un’adolescente scorbutica e insolente. Cammina in solitaria, percepisce il disagio del suo corpo che cambia, rigetta gli altri e se stessa. La realtà è claustrofobica; per questo si rifugia nelle fan fiction. 

Leon è un ragazzo introverso e dolcissimo. Si è trasferito da poco in città. Lo osserviamo mentre cerca di inserirsi velocemente nel gruppo. Toska lo nota. Una sensibilità comune, un gioco di sguardi, un percorso condiviso e in salita alla ricerca del proprio sé.

Tra i due nasce un’amicizia, che spingerà entrambi ad affrontare le proprie verità recondite, in un misto di accettazione e rifiuto tipici dell’adolescenza.

Raccontare il disagio generazionale

Raccontare i disagi delle giovani generazioni non è una pratica nuova. Ma non si tratta solo di questo. Fanfik si inserisce all’interno di un tessuto narrativo ancora d’avanguardia a livello linguistico e visivo, che cerca di illuminare categorie tutt’oggi marginalizzate o escluse dal racconto. La serialità italiana, ad esempio, sta facendo passi da gigante in questa direzione. Prodotti di successo come Skam Italia o Prisma, che hanno in comune Ludovico Bessegato come showrunner, hanno mostrato l’urgenza di una narrazione con protagonisti appartenenti a categorie diverse, esistenti, meritevoli di rappresentazione.

Si tratta di partire innanzitutto da una raffigurazione differente dei corpi e del processo di familiarizzazione/scontro che gli adolescenti hanno con essi.

Liberarsi dai condizionamenti per diventare se stessi

Toska si percepisce intrappolata nel suo corpo, prova a cambiarlo, a nascondere gli elementi esteticamente femminili che lo compongono. Incontra sovente lo psicanalista, crede di aver bisogno di un supporto farmacologico, trova rassicurazione in una realtà parallela per sopportare la malattia della vita. Si crede sbagliata perché non collima con l’immagine che gli altri le hanno attribuito, in primis suo padre.

Basta un episodio apparentemente insignificante per liberarsi. Indossare vestiti maschili è un viatico verso la liberazione dallo stigma del dover essere. Ed è favorito da Leon, che per primo intuisce la vera essenza di Toska.

Il film risulta infatti diviso in due parti: nella prima assistiamo alla maschera, all’isolamento e alla sofferenza della protagonista che nel percorso di congiungimento con la propria identità accoglie quella sterepotipata affibiata dal gruppo di riferimento, dai familiari, in sostanza dalla società.

In Eroine, la critica televisiva e scrittrice Marina Pierri afferma:

Se l’uomo ascende, la donna discende per ascendere. Per questo credo che i Viaggi dell’Eroina contemplino tutti il momento spaventoso in cui la protagonista sfida la superficie per addentrarsi in profondità, lì dove si trova un’autenticità libera dai condizionamenti.

Solo toccando con mano il fondo, Toska acquisisce la consapevolezza di ciò che è e che vuole essere senza possibilità di ritorno.

La seconda parte del film la svela sorridente e riconciliata. In aggiunta, anche gli altri iniziano a vederla per la sua natura, elemento che fa scattare il supporto e la comprensione che le nuove generazioni sono capaci di mostrare. Si ribadisce la frantumazione del concetto tradizionale di genere e le anomalie sono presto risolte.

Conclusioni su Fanfik

La compattezza del lungometraggio circoscrive per durata e intensità un percorso che nella realtà è assai piu doloroso e pieno di inciampi. La regia è moderna, con un’estetica che rimanda al mondo del videoclip, con un utilizzo della musica didascalico in senso buono, volto a potenziare immagini ed emozioni. In linea con le generazioni a cui il film desidera rivolgersi.

Non è importante soffermarsi sulla mancanza di originalità della prospettiva da cui il film trae origine. I temi LGBTQ sono a fuoco: argomenti come la transfobia, l’omosessualità e l’omofobia riempiono il vaso fino all’orlo e aiutano a delineare con maggiore impeto i sentimenti e i desideri specifici di coloro che sono rappresentati sullo schermo.

È invece interessante sottolineare che per la prima volta in Polonia un romanzo, e il film corrispondente, includono tematiche come queste con una resa così esplicita, obbligando lettori e audience a parlarne.

Sono Diletta e qui puoi trovare altri miei articoli

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