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Interviews

Donne, migranti, amiche: Michelle e Noel Keserwany raccontano l’Orso d’oro a Berlino ‘Les Chenilles’

Le registe libanesi parlano del corto femminista e post-coloniale, vincitore alla Berlinale e candidato agli EFA, tra vita vissuta, Storia e attualità

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Les Chenilles, donna guarda collega cameriera da vetro

È tra i seni delle donne che i bozzoli dovrebbero essere posti a covare”. Mai se lo sarebbe potuto immaginare quel principe giapponese, a cui spetta la paternità di questa frase del 492, che un giorno le sue parole avrebbero ispirato una storia per quella forma di espressione, invenzione senza futuro, destinata a chiamarsi cinema. Il film si sarebbe intitolato Les Chenilles, e avrebbe vinto l’Orso d’Oro alla Berlinale 2023 come miglior cortometraggio. Ad esserne suggestionate due sorelle libanesi, Michelle e Noel Keserwany: la prima cineasta, la seconda attrice – in questo caso, co-registe del corto. L’hanno scovata, la frase, in un articolo di Fawwaz Traboulsi che esplora il rapporto tra le donne del Monte Libano e le fabbriche di seta straniere installate nella regione del Levante nel XIX secolo. Passato remoto? Macché: attualità che scotta.

Da qui, di fatto, un salto in avanti nella Storia. Forti della loro esperienza di migranti, le autrici si sono figurate un racconto al femminile ambientato nella Lione di oggi, in cui unire passato e presente con un filo che annodi colonialismo, lavoro di genere, fragilità e resistenza delle donne. Antichi episodi dal passato ricadono sul presente, influenzano i flussi migratori. Così, orientano la vita di persone – donne spaesate (letteralmente, lontane dal loro paese), venute dall’Oriente, che nell’incontro solidale in terra straniera trovano la determinazione per far ripartire le proprie esistenze.

Michelle e Noel Keserwany raccontano tutto ciò (Noel è anche co-protagonista) con uno stile che oscilla tra la ruvidità di un realismo a tratti marcato, quasi cinema di marciapiede, e la setosità della sperimentazione artistica, sospesa tra videoclip e performance. Difficile a capirsi senza vedere. Per fortuna, c’è un piccolo manuale delle istruzioni: abbiamo intervistato le due sorelle vincitrici dell’Orso d’oro per far sbocciare significati, idee e sfumature di Les Chenilles. E in tema di fortuna, chissà che la chiacchierata non ne porti un po’, sulla via della seta che conduce agli European Film Awards, a cui il corto è candidato.

La trama di Les Chenilles

Asma e Sarah si incontrano mentre lavorano come cameriere in Francia. Entrambi vengono dal Levante e portano con sé le ombre del passato, ognuno a modo suo. Tentano di fare amicizia tra loro e trovano un terreno comune che risale al tempo in cui la città di Lione era collegata alla loro patria attraverso la Via della Seta. Un film sullo sfruttamento – allora come oggi – e sulla solidarietà femminile, l’amicizia e il conforto (sinossi ufficiale).

Il trailer di Les Chenilles

Il film è prodotto da Dewberries Film in co-produzione con La Biennale de Lyon.

L’intervista: Michelle e Noel Keserwany raccontano Les Chenilles

UN LAVORO PERSONALE

Quanto di autobiografico vi sentite di affermare che sia confluito in Les Chenilles?

Tutte le lotte e le emozioni esplorate nel film sono legate a esperienze che abbiamo vissuto in un modo o nell’altro. Sarah, con la sua fragilità, e Asma, con la sua durezza, rappresentano due lati di noi stesse e delle nostre esperienze. Una parte significativa dei dialoghi del film è stata improvvisata. Noel (che ha interpretato Sarah e co-diretto il film) ha avuto l’opportunità di esprimersi con parole proprie. Il corto è ispirato principalmente alle nostre migrazioni brusche e ai nostri spostamenti non pianificati avvenuti tra il 2019 e il 2022 tra Beirut e Parigi.

Una parte importante del lavoro sul film è consistita nel bilanciare le nostre esperienze personali con le ricerche d’archivio e le discussioni con altre persone che hanno vissuto condizioni simili. Anche se il lavoro è molto personale, cerchiamo sempre di andare oltre le nostre prospettive e di approfondire i temi che affrontiamo. Così facendo, sentiamo di crescere, nonché di acquisire una maggiore comprensione delle nostre esperienze ed emozioni.

IL CORPO DEL LAVORO

Il film inizia con alcune inquadrature di petti femminili, che fanno riferimento all’affermazione di un principe giapponese allorché, nel contesto dell’allevamento dei bachi da seta, affermò che “è tra i seni delle donne che i bozzoli dovrebbero essere posti per schiudersi”. Mi sembra che da questo prologo scaturisca e attraversi il film una costante attenzione ai corpi delle donne e ai loro movimenti. Come ci avete lavorato?

Che si tratti delle performance fisiche che attraversano la storia, della vicinanza fisica tra le due attrici, dei fatti storici su come il corpo delle donne sia stato “usato” o della nudità parziale, abbiamo affrontato i corpi senza limiti e senza restrizioni. Il nostro obiettivo è stato quello di creare un’immagine del corpo che fosse impudente, sincera e onesta. Tutto questo ci è sembrato naturale e non calcolato. Siamo donne che scrivono, dirigono e recitano per esprimere noi stesse e i nostri corpi nel modo che riteniamo autentico e veritiero per la nostra storia.

IL PRESENTE È  UNA TERRA STRANIERA

 In Les Chenilles si spiega che le donne nelle fabbriche di seta spesso non potevano parlare tra di loro a causa del rumore, ma che riuscivano comunque a stringere amicizia, “quel tipo di amicizia che poteva salvare un’anima”. Possiamo affermare che a distanza di secoli si tratta della stessa amicizia che intrecciano, ai giorni nostri, le protagoniste Asma e Sarah, cameriere in un ristorante. Quali strategie drammaturgiche avete utilizzato per costruire l’amicizia tra le due protagoniste nel tempo limitato del corto? Per esempio, nella prima parte vedo che ci sono soprattutto sguardi di Asma verso Sarah, e non il contrario.

Quando eravamo ancora in fase di ricerca, ci è caduto l’occhio sul testo che descriveva le condizioni in cui le donne dovevano lavorare nelle fabbriche. In particolare ci ha immediatamente colpito la frase relativa al suono delle macchine e alle amicizie costruite nonostante quelle condizioni invivibili.

Ogni volta che un’informazione o un pezzo di archivio ci tocca così tanto, ci chiediamo: perché? La risposta è legata alle nostre esperienze: Michelle è arrivata a Parigi nel 2019 per una residenza di scrittura di breve durata. Un mese dopo il suo arrivo è scoppiata una rivolta in Libano e a causa della confisca del denaro da parte delle banche e del crollo economico, oltre che per molti altri fattori, è rimasta a Parigi. In quell’occasione ha incontrato alcune donne libanesi, anch’esse riunitesi a causa degli eventi pressanti che si stavano verificando in Libano, e sono diventate amiche.

Les Chenilles, Due cameriere al tavolo discutono con una cliente

Les Chenilles, Asma (a sinistra) e Sarah (al centro) discutono con una cliente

Incontrarsi sotto pressione e affrontare in modo diverso le varie crisi continue fino all’esplosione di Beirut del 4 agosto è stato molto delicato. Quelle donne erano lontane dalle proprie famiglie, da tutto ciò per cui stavano lottando. Così si sono avvicinate, ed è proprio la vicinanza e il sostegno che si sono date l’un l’altra che ha consentito di superare questo periodo così travagliato. Una città straniera, nuova per tutte, è diventata un po’ come una casa lontano da casa.

Ma non è solo dal Libano che sono partiti flussi di migrazione forzata. Nel film, tra l’altro, il personaggio di Asma viene dalla Siria. 

Abbiamo infatti iniziato a incontrare altre donne della regione araba che hanno lasciato i loro Paesi a causa di altre situazioni di stress: regimi politici criminali, guerre e altre gravi incombenze. Ci siamo sentite subito vicine a quelle donne e abbiamo capito che le nostre lotte avevano qualcosa in comune. Ecco perché nel film Sarah è libanese, mentre Asma (interpretata da Masa Zaher) è siriana. Visto che in Siria la guerra e le ondate di immigrazione sono iniziate molto prima del crollo del Libano, Asma risulta più integrata e forte di Sarah. La vista della fragilità di Sarah la mette a disagio perché le ricorda se stessa quando è arrivata 5 anni fa.

Durante la scrittura del film, Michelle ha costruito il personaggio di Asma intorno a Masa, che ha molti punti in comune con il suo personaggio (nonostante il fatto che il risultato finale del personaggio di Asma nel film sia piuttosto diverso dal suo personaggio reale).

AMICHE ALL’IMPROVVISAZIONE

La costruzione della finzione, dunque, si è notevolmente alimentata dagli scambi avvenuti nella realtà. C’è un riflesso di questi rapporti reali anche nella stesura, o forse dovrei dire, nell’improvvisazione di alcuni dialoghi?

Il dialogo è stato costruito sull’interazione organica tra Masa e Noel. Il giorno in cui si sono incontrati hanno fatto una passeggiata a Parigi. Quando sono tornate, hanno raccontato a Michelle ciò di cui avevano parlato, come le ricette di shawarma, le madri e il prezzo elevato degli affitti. Michelle ha preso nota di questi punti e dopo molti brainstorming tutte e tre abbiamo deciso di lasciar spazio all’improvvisazione in occasione delle riprese. Michelle lanciava argomenti più ordinari alla luce del giorno, quelli più personali nel pomeriggio, fino alle domande più profonde della notte. In questo modo la luce si è gradualmente affievolita e l’atmosfera si è fatta sempre più intima col procedere della conversazione. Dunque, l’amicizia reale che è nata tra noi tre, e tra Masa e Noel in particolare, ha fortemente ispirato il film.

UN CUORE FEMMINISTA

Possiamo dire che l’amicizia tra Asma e Sarah si rafforza non solo come amicizia tra due migranti, ma anche come legame speciale tra due donne? E in tal senso, possiamo definire Les Chenilles un film femminista?

Non possiamo distinguere tra due donne che si legano o due migranti che diventano amiche: per noi sono entrambe uguali. Il fatto che abbiano dovuto migrare non cambia la realtà che sono esseri umani che hanno bisogno di legami. Les Chenilles affronta diverse questioni, che vanno dalla parità di genere e dalle ingiustizie contro le donne ad altri temi come il colonialismo, i diritti del lavoro e la migrazione. Da donne cresciute in un ambiente politicamente complesso, abbiamo girato un film che viene dal nostro cuore. Inoltre, il film segue la storia di due donne che vivono l’esperienza della migrazione e le diverse oppressioni che hanno affrontato nelle rispettive città d’origine e che portano con sé durante il proprio viaggio. In questo senso, il film ha una chiara prospettiva femminista.

IL TANDEM E LA SQUADRA

È la prima volta che dirigete un film insieme. Noel, inoltre, fa da attrice co-protagonista. In che modo questa modalità di collaborazione vi ha arricchito?

Di solito scriviamo e dirigiamo insieme le nostre canzoni e i nostri video politici, ma effettivamente questa è la prima volta che dirigiamo un film insieme. Per questo progetto abbiamo deciso di dividerci i compiti: Michelle ha scritto il film e Noel ha assunto un ruolo di attrice, mentre la regia è stata realizzata insieme. L’esperienza è stata arricchente perché abbiamo potuto lavorare in modo complementare. Ci fidiamo ciecamente l’una dell’altra e ci capiamo facilmente, il che rende la creazione del film un processo piacevole e organico.

(Noel) Recitare mi ha permesso di estendere ulteriormente la narrazione e questo mi ha considerevolmente arricchito. La recitazione è molto diverso dalla scrittura e dalla regia, ma tutte e tre le discipline nascono dalla stessa chiara intenzione di spiegare perché e cosa stiamo cercando di dire.  Recitare mi ha permesso di attingere alle mie emozioni e di dare vita al personaggio di Sarah in un modo che può essere impegnativo ma appagante.

Nella recitazione c’è una certa connessione con sé stessi e con gli altri attori, ma anche un distacco dal controllo del set (luci, immagini, suoni, ecc.), a cui non ero abituata. L’esercizio di connettermi con le mie emozioni e i miei ricordi più profondi per rappresentare il personaggio di Sarah nel modo più autentico possibile è stato estremamente prezioso. È stata la mia prima esperienza di recitazione e non credo che ce l’avrei fatta in un film di cui sono anche regista se non ci fosse stata Michelle. Ci capiamo molto bene, essendo sorelle e avendo lavorato insieme per più di 10 anni.

Les Chenilles, però, oltre che sembrare un passo a due – tra le registe-sorelle, tra le due protagoniste – dà davvero la sensazione di essere il frutto di un lavoro corale.

(Noel) Esatto. Abbiamo immediatamente chiarito le nostre intenzioni e fatto delle prove con Karim Ghoreib (il direttore della fotografia) prima delle riprese. Mi sono fidata di entrambi per guidarmi nella recitazione verso il nostro obiettivo comune.

Due donne all'imbrunire

Les Chenilles, Sarah (a sinistra) e Asma (a destra) in un momento amicale all’imbrunire

Inoltre, Masa Zaher (che interpreta Asma) è un’attrice estremamente talentuosa, generosa e impegnata, che ha grandemente contribuito alla mia recitazione e alla regia di Michelle. Dal punto di vista della scrittura, Michelle sapeva esattamente cosa volessimo esprimere. Di conseguenza, è stato naturale per lei costruire il film attorno a personaggi familiari che siamo stati in grado di ritrarre con immediatezza.

LA TRAMA DEL FILM E IL TESSUTO REALISTICO

Tecnicamente parlando, anche se Les Chenilles è un film di finzione, ci sono parti che sembrano quasi documentaristiche. Penso soprattutto all’inizio e alla ricostruzione storica sulle seterie del Monte Libano. Perché questa fusione tra passato e presente, tra documentario e finzione doveva risultare così importante?

Prima di ogni cosa fissiamo sempre i nostri obiettivi e stabiliamo una trama precisa. Il resto è al servizio di questo nucleo.  Non ci limitiamo mai a un formato o a un modo di fare le cose. Crediamo che il genere sia al servizio della nostra storia e non il contrario. E quando i fatti sembrano più strani della finzione, non esitiamo a incorporarli in modo crudo e non filtrato per completare la nostra finzione e avvicinarla alla realtà.

Per Les Chenilles, ci siamo imbattuti nel materiale d’archivio del commercio della seta tra la Francia e il Levante, mentre eravamo in procinto di trovare un equilibrio nella nostra nuova vita tra gli stessi due Paesi.

Che tipo di ispirazione avete tratto da questo materiale?

Il parallelismo tra le ondate migratorie causate dalla crisi economica della fine del XIX secolo, la nostra attuale migrazione e quella di molte altre persone della regione è stato sorprendente. È sembrato un ciclo che si ripete dall’Ottocento a oggi, con schemi molto simili. Ci è parso che questi due periodi di tempo potessero dialogare facilmente. Gli effetti del colonialismo, del lavoro di genere e della migrazione sono vissuti e percepiti in ogni dettaglio della nostra vita quotidiana e non sono solo concetti, fatti storici o materiale d’archivio.

Abbiamo pertanto voluto esprimere questo parallelismo nel nostro film per analizzare il passato e comprendere le nostre emozioni e i nostri pensieri attuali. Questo era il cuore del nostro film, e volevamo farlo attraverso un’opera di finzione che esplorasse la vicinanza tra due personaggi lontani dalla loro patria. È infatti attraverso la finzione che possiamo analizzare ed esprimere i nostri pensieri personali più profondi e quelli di molte persone che abbiamo incontrato, con cui abbiamo parlato e che stanno vivendo la stessa esperienza. La parte storica ci è sembrata molto complementare alla narrazione che stavamo cercando di costruire. Ci è apparsa una decisione ovvia integrarla e intrecciare fatti e finzione per comprendere meglio il contesto storico delle nostre attuali emozioni personali.

MISCELLANEA LIBANESE

C’è un’altra interessante fusione in Les Chenilles, dal punto di vista stilistico. Ci sono parti molto realistiche, con camera a spalla, e altre molto “artistiche”, quasi da videoclip. Per esempio, vediamo il passaggio da uno stile all’altro quando Asma insegue i clienti che non hanno pagato il conto, e poi scappa subito dopo aver spinto Sarah. Come avete gestito l’alternanza tra queste due modalità espressive?

Abbiamo iniziato a creare video musicali e canzoni politiche quando avevamo circa 19 e 21 anni e a pubblicarli online per frustrazione. Usavamo testi, immagini e musica per esprimere argomenti complessi nel modo più accessibile e inclusivo possibile. Lo abbiamo fatto per circa un decennio. Con Les Chenilles volevamo fare lo stesso, ma attraverso un formato più lungo, quello del cinema.

Non abbiamo imparato nulla di cinema a scuola o all’università. Abbiamo sempre usato tutti i mezzi a disposizione e li abbiamo mescolati insieme, per creare la forma più adatta al contenuto: dai tagli delle notizie alle gif, fino ai video a bassa risoluzione dei telefoni. Lo scopo è sempre stato quello di trasmettere il nostro messaggio nel modo più efficace possibile e senza confini. In questo primo film, abbiamo sentito la necessità di miscelare ancora una volta le nostre modalità espressive, in modo da veicolare il sentimento che volevamo condividere nel modo più fedele. Musica, documentario, poesia e narrativa sono stati utilizzati nella drammaturgia della storia al servizio di tutta la gamma emotiva delle due protagoniste.

Prima di ogni altra cosa, crediamo che sia essenziale costruire una solida struttura della storia per rendere possibile e agevole questo mix di tecnica mediatica e trama non lineare. Ci assicuriamo sempre che la forma, per quanto audace, sia al servizio del contenuto e non viceversa.

L’ARTE DEL (O NEL) CINEMA

Nel corto abbondano scene in cui le due protagoniste si ritrovano in presenza di statue o dipinti, li vedono, ne traggono suggestioni e pensieri. Perché avete deciso di utilizzare questi spunti della storia dell’arte?

Prima di girare e ultimare la sceneggiatura, abbiamo visitato molti musei di Lione, tra cui il Museo di Belle Arti di Lione e il Lugdunum – Museo gallo-romano di Lione. Durante queste visite abbiamo esaminato le opere d’arte e verificato il significato e la storia dietro ciascuna di esse.  Nel corso di questa fase di ricerca, abbiamo trovato alcune opere che si adattavano molto bene a quanto volevamo comunicare con Les Chenilles.

Les Chenilles, donna guarda statua gigante

Les Chenilles, Asma a dialogo con un’opera d’arte dal bruto aspetto maschile

Un esempio è dato da Lucrezia, un dipinto di Guido Cagnacci al Museo di Belle Arti di Lione. La storia della donna è nota: Lucrezia era una dama romana che si uccise dopo essere stata disonorata da Sesto, figlio del re di Roma. Ci è sembrato che il significato e l’aspetto visivo fossero molto vicini a una questione che volevamo sollevare nel film (non diciamo quale, per non svelarlo agli spettatori) ed è per questo che l’abbiamo utilizzata.

Secondo noi, in generale, non c’era bisogno di spiegare esplicitamente nel film il motivo per cui abbiamo usato proprio queste opere d’arte. Tuttavia, possiamo dire che hanno contribuito al significato del corto e che hanno avuto un senso per noi dal di dentro mentre pensavamo alla storia e sviluppavamo il film, in quanto trasmettevano una certa sensazione che si combinava bene con quello che stavamo cercando di dire sullo schermo. Volevamo usarli nel modo più sottile possibile, cercando il riflesso dell’emozione piuttosto che il significato esplicito che si cela in esse.

HORROR VACUI?

Sia nel film che nelle vostre note di regia, avete parlato del vuoto “che la migrazione forzata crea”. Potreste descriverci questa sensazione in modo più preciso? E come avete cercato di ricrearla in Les Chenilles?

Vivere in un Paese in cui la situazione politica è in costante stato di emergenza lascia poco tempo per riflettere sui problemi della propria vita. Pianificare il futuro diventa impossibile. Quando si esce da questo stato e ci si ritrova in un luogo dove ci si può rilassare e pensare di nuovo, si percepisce come un vuoto da riempire. Anche questa, a suo modo, è un’emergenza, perché la mente non è abituata a funzionare al di fuori di questo stato di stress. Tutto può sembrare privo di significato e il relativo benessere può trasformarsi in senso di colpa.

Nel film volevamo creare una sensazione di calore e vicinanza che fosse l’opposto di questo vuoto. Lo abbiamo fatto ritraendo un’amicizia che riempie una parte del vuoto che abbiamo provato quando eravamo lontane da casa. È una sensazione che noi stesse e molti dei nostri amici e conoscenti abbiamo provato. Abbiamo scoperto che connettersi con le persone e creare spazi sicuri di amicizia può aiutarci a esplorare e digerire la vertigine del vuoto e a trovare un equilibrio più sano tra i due Paesi.

COLONIALISMO, OGGI

Come abbiamo già rimarcato, Les Chenilles si ispira alle difficili condizioni di lavoro delle donne nelle seterie francesi del XIX secolo nel Levante, e in particolare nella zona del Monte Libano. Tale situazione storica non riguarda solo le dinamiche di genere, ma anche il colonialismo. Quali sono secondo voi le forme più pericolose del colonialismo moderno? E ritenete che il Libano via sia ancora in qualche coinvolto?

Per discutere a fondo la questione del colonialismo moderno su scala globale sarebbe necessaria un’altra ampia intervista con il contributo di diversi esperti. Tuttavia, possiamo dire che Les Chenilles si concentra su come la nostra regione del mondo non sia stata in grado di stabilire l’autosufficienza a molti livelli, lasciandoci vulnerabili all’intervento straniero di varie nazioni come Francia, Iran, Stati Uniti e Arabia Saudita. Questi interventi hanno ripetutamente destabilizzato il Libano.

Ciò si sta ripetendo oggi, durante la peggiore crisi economica che il Paese abbia mai visto. Le banche sequestrano i soldi depositati e il valore della moneta subisce la peggiore svalutazione della storia. La classe media sta sparendo, mentre aumenta il numero di cittadini che vivono sotto la soglia di povertà. Siamo reduci da una delle più grandi esplosioni non nucleari della nostra storia, che ha fatto saltare in aria Beirut nel 2020.  Ancora una volta, il Libano è testimone di uno tsunami migratorio e di nazioni straniere che sfruttano la nostra situazione per promuovere i propri interessi e le proprie ideologie.

Il nostro film mette in evidenza non solo gli effetti del colonialismo, ma anche i fattori interni che lo hanno permesso e rafforzato. Attualmente è la classe privilegiata, spesso collegata o allineata al sistema politico, a trarre vantaggio dalla crisi.

Da parte nostra, dividiamo il nostro tempo tra la Francia e il Libano, poiché è difficile risiedere solo in Libano. La Francia è un Paese molto stimolante per gli artisti, ma ha le sue difficoltà. Nel nostro film, esploriamo le sfide psicologiche e fisiche del vivere tra due Paesi e come questo abbia avuto un impatto sulle nostre vite personali.

UMANITÀ CHE MIGRA

In Italia si parla molto della questione dei migranti. Nel Paese ci sono diverse posizioni ideologiche. Tra queste, attualmente, c’è anche quella di chi accusa il Governo di mostrare poca umanità nei confronti dei migranti. Secondo voi, qual è l’aspetto principale dell’esperienza di un migrante che i sistemi statali non riescono a comprendere e di cui non si occupano?

È importante notare che il nostro film si concentra su di una migrazione in parte volontaria, nonostante le pressioni che possono aver spinto le donne a lasciare il loro Paese d’origine. Tuttavia, riconosciamo che per molti altri la migrazione forzata possa essere molto più traumatica e persino pericolosa per la vita.

Veniamo alla tua domanda. Crediamo che molti sistemi e individui non riescano a cogliere una responsabilità umana fondamentale: opporsi ai governi che maltrattano i migranti forzati. È un obbligo morale radicato nella responsabilità storica. Al contrario, trascurare la situazione di chi è nel bisogno, permettendo che soffra o muoia senza dignità o senza i diritti umani fondamentali, è un crimine, non solo una posizione ideologica che può essere discussa o giustificata.

Gli Stati e i sistemi possiedono una conoscenza approfondita delle cause, delle implicazioni umanitarie e dei pericoli associati alla migrazione forzata. Purtroppo, molti di questi enti scelgono di non intervenire a sostegno delle persone in pericolo. Non si curano della perdita di vite umane. Per mantenere una facciata di correttezza politica, spesso si ricorre a leggi e decisori ipocriti, che permettono di mantenere pubblicamente la propria immagine ignorando la sofferenza degli altri.

È purtroppo un fenomeno ricorrente in molti Paesi del mondo che i politici scarichino sui migranti la colpa del fallimento del sistema politico. Spesso usano questo discorso durante i periodi di turbolenza politica come mezzo per eludere le responsabilità e guadagnare popolarità. Questa strategia non solo è disonesta e ingiusta, ma distoglie anche l’attenzione dalle cause profonde dei problemi del Paese e mina gli sforzi per affrontarli.

Anche su questo, forse, servirebbe un’altra, intera intervista. Ma intanto, grazie per aver risposto a tutto così appassionatamente e nel dettaglio.

Grazie a te per l’attenzione al nostro film e le domande interessanti.

(si ringrazia la produttrice Marine Vaillant)

Les Chenilles

  • Anno: 2022
  • Durata: 30'
  • Genere: Drammatico, sperimentale
  • Nazionalita: Francia
  • Regia: Michelle e Noel Keserwany