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‘I figli del Fiume Giallo’, su MUBI il capolavoro di Jia Zhangke

Un film denso e meticoloso

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I figli del Fiume Giallo (Ash is the purest white) di Jia Zhangke è un film del 2018, candidato alla Palma d’Oro, e penultimo lungometraggio del regista, la cui opera più recente è Swimming Out Till the Sea Turns Blue.

Guarda I figli del Fiume Giallo su MUBI.

Commentatore critico ma di classe ed equilibrio, Jia Zhangke prosegue la sua indagine sulle trasformazioni della sua patria, ponendo l’accento sulle continue sfide e la capacità di adattamento che è richiesta agli individui. La sua musa, Zhao Tao, con la quale collabora da lungo tempo, nuovamente qui rappresenta una donna la cui dignità si è consolidata nella sofferenza e senza nulla chiedere agli altri.

Un film denso e meticoloso, che, malgrado l’apparente moderata narrazione, impavido, aggredisce un progresso iniquo che lascia in tanti sopraffatti.

I figli del Fiume Giallo, la trama

Dantong è un villaggio di minatori dello Shanxi. Una periferia popolare, ben meno sviluppata e attrezzata delle grandi città della costa orientale. Qiao Qiao (Zhao Tao) è la fidanzata del gangster magnanimo Bin ge (Fan Liao).

Malgrado la sua gestione “pulita” degli affari, Bin si fa dei nemici. Viene quindi braccato e assalito, e grazie alla freddezza di Qiao, sopravvive. La donna infatti, spara in aria due minacciosi colpi per allontanare gli aggressori, ma questo le vale cinque anni di carcere.

– Questa mano mi ha salvato la vita.

– Non sono mancina, ho sparato con la destra. Neanche ti ricordi.

Trascorsi gli anni di detenzione, Qiao Qiao torna a cercare Bin nella lontana Fengjie, dove lui si è rifatto una vita seguendo l’avanzare del progresso cinese sublimato nell’opera della Diga delle Tre Gole. Ma Bin non la vuole più con sé. In una sequenza magistralmente diretta ed interpretata, i due si congedano, non senza lacrime.

Solo sedici anni più tardi torneranno a rincontrarsi, quando Bin, in una situazione di forte mancanza, tornerà a cercare “l’unica che non avrebbe riso di lui”.

La Cina di Jia Zhangke

Lo scorcio fatiscente e obsoleto di quella Cina che sopravviveva con quasi nulla, fa sembrare quei pochi anni trascorsi tra la prima e la seconda parte del film, come un’altra epoca. La periferia e la campagna di Jia Zhangke si alternano, così come si alternano immagini di fiction e documentario, attori professionisti e passanti.

Una sequenza fondamentale di I figli del Fiume Giallo si svolge sul percorso del fiume che conduce alla Diga delle Tre Gole. Un’opera che ha rivoluzionato enormemente l’assetto agricolo, industriale ed economico della Cina, spostando un numero considerevole di abitanti dalle aree interessate dall’invaso, a città costruite di tutto punto come nuovi insediamenti. Un cambiamento considerevole, metafora di ciò che attende Qiao Qiao in questo mondo che se l’è dimenticata. O meglio che la vuole ignorare.

La città in cui è andata a cercare Bin, è davvero un artifizio, non ritrova neanche le dinamiche e le relazioni tra persone. E così è sola, delusa, tradita: così com’è si lascia immaginare, esserlo anche il regista, che legge in questa Cina in corsa verso l’utopia, la perdita dei legami veri.

Eppure, non smette per tutto il film di omaggiare la bellezza dell’umanità cinese, le pelli raggrinzite degli anziani immortalati in quadri attentamente costruiti. I campi lunghi dei paesaggi che valgono, ma anche i mostri di cemento che schiacciano.

Zhao Tao, un film per lei, un film attraverso lei

Zhao Tao è l’interprete del film, ovvero il media attraverso cui la Cina ci viene raccontata. Al punto che Jia Zhangke si attarda di frequente su di lei, non mostra il controcampo, non regala primi piani a nessuno se non alla sua sola musa. Una musa così potente e temeraria che conquista i cuori di tutti, e poi li abbandona perché fedele al suo primo amore, per il quale ha davvero sacrificato tutto.

I’m not part of the jianghu.

Gli diceva: non sono parte del mondo criminale, della malavita. E invece lo diventa. La freddezza con cui spara i due colpi in aria è disegnata con vigore in questa inquadratura colorata dove l’obiettivo segue il soggetto calamita, il fulcro del film tutto, e lo coglie in piano medio per non farsi mancare l’affanno e il braccio sollevato in aria.

I figli del Fiume Giallo è Zhao Tao/Qiao: non è un film corale anche se la storia si allunga qua e là. I personaggi vengono abbandonati nel cammino, irrisolti, perché non c’è altro interesse se non raccontare di lei e attraverso lei, il cambiamento, il sacrifico, la dignità di donna ferita.

Fan Liao riesce a strappare la corona alla protagonista poche volte, e grazie al suo volto perfettamente in linea con questo personaggio algido e anaffettivo, che sconterà cara la perdita di connessione con l’amore di Qiao.

Il dialogo tra Bin e Eryong, che viene ripreso con fastidiose panoramiche a schiaffo, lateralmente, incorniciato da un ridondante fumo di sigaretta. E poi la geniale scena del funerale, dove un gruppo di gangster radunati e compiti guardano ovviamente un gangster movie per celebrare il defunto. E la parte finale, in cui un Bin ridotto ai minimi termini sfida l’attore a mostrarne sfumature emotive fino a quel momento contrite.

Non si risparmia sui piani sequenza, in cui il regista si affida completamente alla capacità dei due attori di tenere l’azione impeccabilmente per minuti e minuti. È quella sintonia tra protagonisti e regista a confezionare un’opera laconica e consistente.

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