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‘Magic in the Moonlight’ di Woody Allen – la recensione –

Uno dei film più sottovalutati di Woody Allen

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Uno dei film più sottovalutati di Woody Allen è Magic in the Moonlight, come sempre scritto e diretto dal visionario regista newyorkese e interpretato da Emma Stone e Colin Firth. Prodotto dalla casa di produzione della sorella di Allen, la Gravier Productions, il film è stato distribuito nelle sale dalla Sony Pictures Classics. Tra il cast troviamo inoltre Jacki Weaver e Hamish Linklater. È disponibile su Amazon Prime Video.

IL TRAILER

 

Svelare l’inganno e innamorarsi

Siamo in pieni anni’ 20 e l’illusionista Stanley viene ingaggiato dall’amico Howard per smascherare la falsa chiaroveggente Sophie, ospite di alcuni amici di famiglia di Howard. Come era abbastanza intuibile, la giovane sedicente maga è davvero una ciarlatana, ma ciò che Stanley non sa, e che apprenderà più tardi, è che la ragazza è stata a sua volta ingaggiata dallo stesso Howard per screditare l’illusionista per questioni di invidia. Una corsa al gatto col topo tra i due maghi li porterà verso l’innamoramento e il matrimonio.

 Amore, magia e disincanto romantico

Magic in the Moolight è indubbiamente uno dei film minori di Woody Allen, uno tra i più leggeri, ma anche l’opera che riprende e continua il discorso tra amore e inganno iniziato dal cineasta newyorkese con Scoop. Il film di Allen recupera molte sfumature e citazioni di altre sue opere. Ma Magic in the Moonlight si avvicina in parte anche allo stile tra giallo, amore e magia che caratterizza Briggs e Fitzgerald in La maledizione dello scorpione di giada. Stanley cioè Firth è un altro alterego di Allen, saccente e diffidente sull’universo mondo e le persone, pieno di tutte quelle riflessioni da anarchico borghese laico che abbiamo visto in tanti film di Allen : l’esistenza di Dio e l’insistenza dell’interpretazione logica. Salvo poi, come avviene a tutti i personaggi di Woody, cedere all’amore inteso come magia.

L’estetica teatrale e la commedia dell’illusione

La fotografia luminosa e calda fa da sfondo a un’impostazione molto teatrale e impostata tra i vari personaggi. Non è infatti un caso che, dopo l’atmosfera musicale del jazzista Carl Porter, vediamo il personaggio di Firth in un numero di magia proprio in un teatro. Magic in the Moonlight fa riemergere tutta quanta quella teatralità, soprattutto nei dialoghi, del modus operandi già presente in un altro cult di Allen , Commedia sexy in una notte di mezza estate. L’approccio teatrale degli interni nel classico gioco della rincorsa tra i futuri due amanti si mescolerà, come già detto, alla commedia dell’illusione propria di Scoop.

 Stone e Firth, le due parti in commedia

Il fiore all’occhiello del film è indubbiamente Emma Stone che usa il personaggio impostato di Firth per far emergere tutto il suo talento. Lo usa nel gioco del contraltare dell’inganno tra i due, ed è luminosa per come brilla in un altro alter-ego di Allen al femminile. La medium Sophie sembra infatti molto simile al mago Voltan nei suoi vari raggiri che Allen stesso interpreta in La maledizione dello scorpione di giada.

Magic in the Moonlight delinea un intreccio comico su uno sfondo romantico, un film fatto di ribaltamenti tra i due protagonisti e in ciò indubbiamente Woody Allen è maestro. L’ illusionista scettico opposto alla sensitiva visionaria : il guasto al motore, la notte all’osservatorio, il bagno al mare. Strumenti di ribaltamento con cui Allen tira le fila di un diffidente Stanley che si apre piano piano, passo dopo passo, all’immateriale, e a ciò che non credeva: l’amore per Sophie. La Stone vibra di luce, forse anche troppo. Cosa che mette il personaggio di Firth in difficoltà. Gigioneggiano molto; se non fosse un’ottima spalla per la futura Mia di LaLaLand passeremmo la sua interpretazione come sottotono o addirittura anonima.

Una regia statica ma funzionale in una fotografia basic

Il sodalizio con Vittorio Storaro arriverà solo con Cafè Society e ad onor del vero il pur valido d.o.p Darius Khondji non è propriamente perfetto. La fotografia presenta infatti di alcune lacune. Molto spesso la Stone viene illuminata troppo con sfondi esageratamente sfocati. Piccolezze su un’estetica buona ma registicamente non in grandissimo spolvero, forse perché ci si aspetta sempre da Allen alcuni virtuosismi che qui mancano. Una grammatica registica ridotta fin troppo all’essenziale, seppur limpida e lineare.

Alla fine Magic in the Moonlight, pur con evidenti imperfezioni tecniche, si riconosce in Allen stesso e al suo innato talento di rendere nuovo ciò che ha già detto (la madre credulona, la magia contro il pensiero razionale). Woody Allen, qui nel suo momento più benevolo e positivista, ci vuole leggeri, speranzosi, e spogliati da ogni sorta di diffidenza verso ciò che bisogna comprendere per forza. E tra i limiti dell’opera di certo Magic in the Moonlight fa emergere il reale topic: l’amore è l’unica magia che resiste ad ogni trucco.

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