Una ragazza dalla testa rasata e un uomo dalla folta chioma si trovano nella sede della polizia morale di Teheran per lo stesso motivo: il sequestro della loro auto. Entrambi sono stati ripresi dalle telecamere di sorveglianza e il loro comportamento è stato considerato inappropriato. La donna fotografata alla guida della sua auto senza indossare l’hijab, il tradizionale velo delle musulmane, il ragazzo scambiato per una donna a causa dei capelli lunghi.
Secondo la legge islamica vigente in Iran, infatti, non è accettabile che le donne escano di casa senza indossare l’hijab. Coprendosi i capelli, portano avanti un dovere morale, poiché attraverso l’utilizzo del velo mantengono sotto controllo gli “istinti peccaminosi” degli uomini che le circondano e di loro stesse.
La polizia morale o religiosa ha la funzione di individuare e fermare i presunti autori di reati contro la morale del Corano, in particolare ciò che riguarda il codice di abbigliamento. Anche gli uomini possono essere trattenuti per una barba troppo lunga o abiti considerati inadatti. Ma le donne rimangono il principale obiettivo dei pattugliamenti. Tra i reati maggiormente contestati alle donne ci sono: l’uso scorretto dell’hijab e l’impiego di rossetti, jeans strappati, gonne troppo corte e abiti non sufficientemente larghi.
Solitamente il rilascio avviene il giorno stesso, ma per le donne è necessario che un familiare maschio si presenti di fronte alle autorità affinché vengano liberate.
Il film è diretto da Alireza Kazemipour, un pluripremiato sceneggiatore, regista e produttore iraniano-canadese. Nel 2010 ha conseguito il Master in Regia Cinematografica presso la Facoltà di Belle Arti dell’Università di Teheran e ha diretto il suo primo cortometraggio, Slowness. Nel 2020 ha realizzato il suo secondo film, The Blue Bed, che è stato selezionato in più di ottanta festival cinematografici in tutto il mondo. Di recente ha diretto il film documentario, Margin vs. Center (2021), e i cortometraggi Split Ends (2022) e The Gold Teeth (2022).
Split Ends è interpretato da Marjan Alizadeh, Mehran Mirmiri e Hadi Eftekharzadeh e ha già ottenuto alcuni importanti riconoscimenti, tra cui il premio Amnesty di Short on Rights, sezione internazionale del Corto Dorico Film Fest.
La vicenda è ambientata quasi esclusivamente in una sola location, ovvero una stazione di polizia di Teheran.
La fotografia scelta è molto naturale, e si avvicina a immagini di stampo documentaristico. La regia potrebbe essere definita invisibile, poiché la macchina da presa si limita perlopiù a seguire i personaggi e le azioni, senza virtuosismi registici o movimenti di macchina eccessivamente particolari.
Interessante il fatto di aver incentrato il corto sui capelli dei protagonisti, utilizzandoli come metafora per raccontare in modo apparentemente semplice temi molto più complessi riguardanti le contraddizioni della società iraniana e la condizione della donna.
Inoltre, aldilà di quella che è la società iraniana nello specifico, la storia permette a chiunque di sentirsi rappresentato e riconoscersi almeno in parte nei personaggi, perché tratta di temi invariabilmente universali, quali la libertà di espressione, la libertà di scegliere come utilizzare il proprio corpo e il proprio aspetto, e la volontà di non omologarsi a ciò che la società ci impone.