The Natural History of Destruction: la distruzione delle città tedesche durante la seconda guerra mondiale. Presentato alla prima edizione di UnArchive Found Footage Fest.
The Natural History of Destruction Introduzione al tema del film
Il fronte interno (in inglese homefront) è l’idea che una guerra non vada combattuta solo nel campo di battaglia, tra le linee che fanno scontrare due schieramenti, ma che questa debba essere portata anche dietro queste linee, colpendo il cuore pulsante della forza oppositrice, dove i mezzi di produzione continuano a far uscire armi, munizioni, veicoli ed equipaggiamento di ogni tipo per poter permettere allo sforzo bellico di continuare.
Questa idea, seppur allora ancora acerba, già esisteva nella prima guerra mondiale. Con l’avvento dell’aviazione i tedeschi furono i primi ad andare ben dietro le linee nemiche, grazie all’utilizzo di zeppelin e in seguito di bombardieri, in missioni ad altissimo rischio nella quale i fallimenti erano frequenti, a bombardare le città britanniche nella speranza di poter demoralizzare il morale degli inglesi.
Dalla fine della prima guerra mondiale nel 1918 e all’inizio della seconda iniziata ufficialmente nel 1939, le tecniche sono migliorate, così come il mondo dell’aviazione si è evoluto, facendo crescere ancora di più l’idea che attaccare le città nell’entroterra nemico tramite l’utilizzo di squadroni di bombardieri fosse essenziale, se non più importante del fronte di battaglia stesso, in quello che era un nuovo tipo di guerra. Una guerra che non considera più solo il soldato armato e in uniforme nella trincea, ma anche la sorella che lavora in fabbrica, la madre che lavora in sartoria e il padre che è rimasto senza una gamba dal conflitto precedente e che si sostiene con una pensione di invalidità.
Al giorno d’oggi, soprattutto nel conflitto ucraino, il fronte interno viene combattuto non più tramite bombardamenti a tappeto, ma tramite precisi e mirati attacchi usando missili balistici teleguidati, limitando quindi i morti, accidentali o meno. Ciononostante, i civili alla fine sono sempre le maggiori vittime.
Qualcosa ne sa il regista ucraino Sergei Loznitsa, già regista di Donbass (2018), State Funeral (2019), Babij Jar. Kontekst (2021) e The Kiev Trial (2022), che tramite un impressionante lavoro di montaggio di filmati di archivio descrive il ciclo di distruzione che nel fronte interno della seconda guerra mondiale sconvolgeva le città tedesche e inglesi.
“Molti sostengono che i bombardamenti non possono vincere una guerra. Beh, la mia risposta è che non è ancora mai stato provato, e vedremo.” – Arthur Travers Herris, Comandante della Royal Air Force, 1942.
The Natural History of Destruction La narrazione di un ciclo
Il film racconta quello che è possibile definire un ciclo. Si focalizza sulla vita quotidiana di una città: cittadini che vanno al lavoro, che siedono a un tavolo del ristorante, che prendono il tram e che chiacchierano allegramente, per poi passare alla notte in cui questa diventa soggetto di un forte bombardamento. Città che si illuminano come un macabro cielo stellato, dove nuove stelle si formano con costanza, quasi senza sosta. Nelle incursioni diurne si ha una prospettiva ancora più lucida della situazione. Le bombe cadono indiscriminate su porti, case, fabbriche, chiese e piazze, dando l’impressione che l’unico posto sicuro possa essere un ben protetto bunker sotterraneo, oppure da qualche parte nella campagna distante dai confini della città.
Quando le bombe smettono di cadere la città possiede un nuovo volto: un volto sfigurato.
Palazzi ridotti a macerie, cadaveri di uomini, donne e bambini lungo la strada e incendi che divampano ovunque.
Si viene poi portati in una fabbrica di aerei, dove si segue il processo produttivo di aerei alleati e dell’Asse, arrivando poi alla fase di armamento e di decollo, ricominciando così il ciclo. Le condizioni con la quale i bombardamenti avvengono spesso variano. A volte è una città tedesca, a volte una città inglese, capita anche che dei caccia nemici provino a fermare al meglio il bombardamento, abbattendo i caccia grazie alle loro mitragliatrici, ma alla fine il risultato è sempre lo stesso.
Il concetto della natura della distruzione deriva dallo scrittore contemporaneo tedesco W.G. Sebald, che con il suo libro pubblicato nel 2004 in Italia dal titolo Storia naturale della distruzione (Adelphi Edizioni) piazza il lettore nelle strade di città come Amburgo e Dresda durante i bombardamenti alleati. Il bombardamento di quest’ultima, in particolare, è noto per la sua brutalità: l’utilizzo di bombe incendiarie provocò la morte di un numero di civili tedeschi che varia tra i 23 mila e i 35 mila civili.
Il lato delicato della seconda guerra mondiale
Il film, muto per gran parte del tempo, accompagnato però da una colonna sonora composta ad arte che dà il giusto peso alle scene, riporta discorsi di Churchill, di Herris e di un nazista non ben definito, che elaborano la loro retorica. Così come i nazisti vedono la distruzione della loro cultura, gli inglesi vedono nei loro bombardamenti un gesto di superiorità tattica e morale; il supporto degli americani aiuta questa “natura” a far girare ad oltranza il ciclo, che porterà distruzione fino alla fine.
Il film quindi fa luce su un lato delicato della seconda guerra mondiale, che, nonostante il regista condanni fermamente, ancora oggi fa discutere molto gli storici. La guerra mossa contro il fronte interno si è rivelata incredibilmente efficiente per gli alleati, che grazie a ciò sono riusciti a scongiurare perdite devastanti per le loro forze militari, distruggendo mezzi di produzione e il morale delle truppe e dei superstiti, a costo, però, di un numero altissimo di morti civili.
C’est la guerre Le mille sfumature di grigio
È anche il motivo per cui ancora si discute del bombardamento di Hiroshima e Nagasaki. Evitando un’invasione di massa da parte delle forze alleate (operazione Downfall) si è riusciti a mettere in ginocchio il Giappone imperiale, a costo però di un numero che varia tra i 150 mila e i 200 mila morti civili, senza considerare il bombardamento di Tokyo con bombe incendiarie nel 1945 che provocò un numero simile se non superiore di vittime. Discutere però del numero preciso delle vittime di questi bombardamenti è pressoché inutile, dato che si tratta di una cifra così elevata che soltanto quella dovrebbe mettere in soggezione qualsiasi studioso dotato di una sana etica morale, ma sono le infinite retoriche con la quale queste azioni vengono viste a creare dibattito.
C’est la guerre, purtroppo. La guerra è un mondo in cui il bianco e nero non esistono, ma composto da mille sfumature di grigio; il bianco e il nero si mescolano l’un l’altro, creando una miscela nella quale le due parti non si distinguono più.
Bisogna però non farsi ingannare dalle retoriche dei “vincitori”, e saper riconoscere che qualsiasi tipo di violenza contro la popolazione civile non è mai veramente giustificabile.
The Natural History of Destruction è presentato alla prima edizione di UnArchive Found Footage Fest
Il sito del festival:
UNARCHIVEFEST – Unarchive Found Footage Fest