Alphaville Cineclub ricorda lo scrittore Antonio Tabucchi a pochi giorni dalla scomparsa, proponendo, mercoledì 4 aprile alle ore 21.00 nella sua sede in Via del Pigneto 283, la serata ‘Matar a saudade’, in cui verrà proposta la visione del lungometraggio Notturno Indiano (1989) per la regia di Alain Corneau, preceduta da letture e partiture musicali a cura di Patrizia Berlicchi.
Antonio Tabucchi, legato da un amore viscerale al Portogallo, è stato il maggior conoscitore, critico e traduttore dell’opera dello scrittore Fernando Pessoa, dal quale ha attinto i concetti della saudade, della finzione e degli eteronimi. Ne conosce l’opera durante gli anni sessanta, frequentando le sessioni letterarie alla Sorbona; rimane talmente affascinato dai temi del grande scrittore che, tornato in Italia, frequenta un corso di lingua portoghese per comprenderne meglio l’opera. I suoi libri e saggi sono stati tradotti in 18 paesi, compreso il Giappone. Con María José de Lancastre, sua moglie, ha tradotto in italiano molte delle opere di Fernando Pessoa, ha scritto un libro di saggi ed una commedia teatrale. Ha ottenuto il premio francese “Médicis étranger” per Notturno indiano, ed il premio Campiello per Sostiene Pereira. Da alcuni suoi lavori, il cinema d’autore ha tratto lungometraggi di struggente atmosfera.
Facciamo nostre le parole che la giornalista Daria Bignardi gli ha dedicato nella sua rubrica settimanale all’interno dell’ultimo numero della rivista Vanity Fair.
“Certi scrittori sono mondi: incontri un libro e inizia un viaggio. Una delle cose più belle della giovinezza sono questi viaggi, le emozioni di scoperte che restano per sempre. La prima volta che leggi le poesie di Fernando Pessoa e Carlos Drummond De Andrade, la prima volta che vai a Lisbona, la prima volta che ascolti il fado, la prima volta che sogni l’India: sono tutti regali di Antonio Tabucchi, morto domenica 25 marzo a Lisbona a sessantotto anni.
Tabucchi se lo scopri da giovane non ti lascia più, anche se poi non lo leggi per tanti anni: ti abita dentro per sempre, in un angolo, come tutti gli autori davvero grandi. Forse il suo primo libro che ho letto è stato Notturno indiano: un piccolo Sellerio blu con in copertina il particolare di un’antica miniatura indiana, bellissima. Un libricino perfetto per chi ama i percorsi incongrui, i viaggi che non sai dove ti portino, per chi cerca qualcosa che non sa cos’è ma sa che c’è: un libro che parla del lato notturno delle cose, quello che più ti affascina quando hai vent’anni. Anche Tabucchi da ragazzo, mentre studiava, cercava. E viaggiava: in uno di quei viaggi, a Parigi, incontrò su una bancarella un libro del poeta portoghese Pessoa, e quella divenne la passione che lo guidò per anni. Quando hai una passione che ti guida, difficilmente sbagli: Tabucchi, che era di un paese vicino a Pisa, dopo aver insegnato a Bologna e a Genova, seguendo gli echi di Pessoa arrivò a Lisbona, la sua vera città, e ci rimase per sempre. A Lisbona è ambientato il suo romanzo più popolare, dal quale è stato tratto il film di Roberto Faenza interpretato da Marcello Mastroianni: Sostiene Pereira, la storia del vecchio, grasso e lento ex giornalista di cronaca nera Pereira e della sua passione per gli elogi funebri degli scrittori scomparsi. Un libro per capire che non è mai troppo tardi per prendere coscienza e coraggio. Ma il suo capolavoro, e se non avete mai letto Tabucchi potreste iniziare da qui, è stato Requiem, che scrisse direttamente in portoghese e fu poi tradotto in italiano. «Se qualcuno mi chiedesse perché questa storia è stata scritta in portoghese direi che avrebbe potuto essere scritta in portoghese e basta», diceva: e misteriosamente, quando lo leggi, in italiano perché non sai una parola di portoghese, capisci che è davvero così.
Leggere Tabucchi, soprattutto da giovani, aiuta a conoscere se stessi, a capire chi siamo, che cosa stiamo cercando: è il senso della letteratura più umano, il più appassionato e imprescindibile. Se di tutto resta un poco, perché mai non dovrebbe restare un po’ di me? recita Drummond De Andrade tradotto da Tabucchi, il più poeta tra gli scrittori. Ha scritto Valeria Parrella di averlo conosciuto a Lisbona, e che nell’ultima email ricevuta le scriveva: «Un caro saluto, e stai allegra». La ringrazio di aver condiviso con noi questo saluto che faccio mio, nostro.”(Daria Bignardi, VANITY FAIR)