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Conversation

‘Amusia’ conversazione con Carlotta Gamba

Un film dietro l'altro, Carlotta Gamba è diventata l'icona di un cinema d'autore coraggioso e raffinato.

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Da America Latina dei fratelli D’Innocenzo ad Amusia di Marescotti Ruspoli, appena uscito nelle sale, Carlotta Gamba è diventata il volto di un cinema che non ha paura di osare.

Il film è distribuito da 102 Distribution.

carlotta gamba

Carlotta Gamba prima di Amusica

Amusia è solo l’ultimo di quattro film girati uno dietro l’altro in cui hai interpretato personaggi impossibili da dimenticare per la loro forte istanza iconografica. Il tuo è un inizio di carriera da centometrista, vissuto senza un attimo di pausa.

Grazie mille, diciamo che sono molto felice di come tutto è iniziato. Incrociamo le dita e speriamo che continui così.

Dopo gli studi all’Accademia Nazionale di Arte Drammatica “Silvio D’Amico” le tue scelte sembrano un po’ la conseguenza della tua formazione, rivolgendosi a un cinema d’autore, colto e coraggioso, in cui la potenza della messa in scena va di pari passo con un’intensa presenza attoriale.

La scelta di studiare in Accademia è dovuta più che altro alla mia passione per il teatro, ed è vero che le mie sono frequentazioni cinematografiche di nicchia, caratterizzate da un tipo di impostazione che è anche teatrale. Sono stata fortunata perché ho iniziato con i fratelli D’Innocenzo, ovverosia con un cinema d’autore al suo massimo, quello che più mi appassiona. Per questo sono molto felice di Amusia.

Parliamo di un cinema molto coraggioso e, nella direzione degli attori, poco italiano, per il fatto di non rifarsi alla tradizione della maschera italiana.

I fratelli D’Innocenzo con gli attori lavorano molto sul personale ed è bello perché ti insegnano che puoi dare qualcosa di tuo – e quindi di unico – al personaggio, mentre il teatro e la maschera italiana prevedono canoni e personaggi predefiniti. Lavorare con loro è un insegnamento bello e appagante per chi deve recitare perché senti anche tu di mettere un tassello al film, contribuendo alla sua riuscita.

carlotta gamba

La preparazione di Amusia

Hai appena detto che i fratelli D’Innocenzo chiedono all’attore di partecipare alla costruzione del personaggio. Prendendo in considerazione il tuo lavoro in Amusia ti chiedo se tu abbia messo a punto un tuo metodo per entrare nel ruolo.

Per il momento no. Ho però capito quanto sia importante avere un dialogo e un rapporto di fiducia con il regista perché quando mi sento al sicuro divento libera di esprimermi anche in contesti più complicati. In Amusia il lavoro con Marescotti Ruspoli e Giampiero De Concilio, con cui siamo sempre in scena, ha funzionato così. Abbiamo fatto nostri i personaggi, abbiamo studiato molto il testo insieme, ne abbiamo parlato e fatto molto prove insieme. Quindi sì, in Amusia il lavoro è stato quello di riempire il personaggio anche di cose nostre.

Rispetto ai film precedenti Amusia presenta diverse novità, come lo è per te essere diretta da un regista esordiente in un ruolo da protagonista. In più, il personaggio di Livia è, almeno in parte, l’unico tra quelli da te interpretati a non essere una proiezione del desiderio maschile.

Sì, è vero. Interpretare Livia è stata una sfida ardua, perché, se vogliamo, Amusia era un po’ come il mio primo film per le ragioni che hai appena detto. È stato importante non aver sentito tutta la responsabilità sulle mie spalle, ma aver lavorato di squadra con Giampiero e Marescotti. Grazie a loro è come se fossi riuscita a distribuirla un po’ anche agli altri. Lavorare a un’opera prima e stata un’esperienza bellissima. Per questo sono contenta di averne fatta un’altra subito dopo.

Penso tu intenda Billy di Emilia Mazzacurati.

Esatto. Mi è piaciuto molto lavorare con persone vicine alla mia età. È stato appagante e pieno di nuove scoperte.

I personaggi di Carlotta Gamba

Il fatto di sembrare più giovane rispetto alla tua età si accompagna a una fisiognomica che sfugge un po’ la tipicità mediterranea e si avvicina a quella nordica. In termini di recitazione tutto questo ti conferisce una liquidità che ti pone in bilico tra realtà e immaginazione. Il fantasmatico è una caratteristica dei tuoi personaggi.

È vero, è molto bello quello che dici. Avere un’immagine fluida è una fortuna perché mi permette di non essere legata a un unico modello femminile. Peraltro, mentre leggevamo il copione di Amusia ci siamo detti che la storia poteva essere il frutto della fantasia del personaggio di Giampiero che a un certo punto vede questa ragazza e comincia a fantasticare ciò che viene dopo.

Anche perché nella primissima inquadratura a entrare dentro lo schermo è una parte impercettibile di te. Lo stesso accade al coprotagonista, ridotto a un’immagine riflessa nello specchietto  della macchina. E lo stesso succede alla fine dove la cabina vuota, con le fotografie di voi due ritrovate dal padre di Livia, sembrano restituirvi a quella dimensione fantasmatica che aveva caratterizzato l’inizio della vostra conoscenza.

Sì, infatti, loro lo dicono nel film, cioè sia lui che lei per ragioni diverse vogliono scappare dalle loro vite e quindi sì, assolutamente, fanno di tutto per essere sfuggenti, per non essere presenti alle rispettive realtà.

I due protagonisti

La fine, con la macchina che sfreccia lungo il fiume, per avanzare nella campagna ferrarese, fa di voi una versione sentimentale di Bonnie e Clyde. Dei veri e propri fuorilegge dell’amore.

Assolutamente sì.

In certi passaggi i due protagonisti sono figure di un paesaggio più astratto che reale, messo in scena dal regista attraverso la trasfigurazione di una architettura urbana destinata a fare da specchio alla condizione dei protagonisti. Penso all’hotel amour, ripreso in una delle prime scene. Sia Livia che Lucio vi stanno come fossero all’interno di un acquario che li isola dal resto del mondo.

Sì, il set del film era a Tresigallo che, con i suoi edifici, alla fine diventa un personaggio. D’altronde in Amusia ogni luogo lo è, raccontando qualcosa che sfugge alla comprensione delle parole. Nel film non si parla molto, così, spesso sono gli edifici, con i loro colori e con la loro forma, a raccontare le sfumature di una mente sempre in bilico sull’orlo dell’onirico. Come dicevamo prima Amusia racconta una sorta di sogno con i suoi fantasmi e con i luoghi della storia che avvalorano questo tipo di dimensione.

I luoghi ricorrenti di Carlotta Gamba

Il rapporto tra figura e spazio come sintomo di una precisa condizione esistenziale è stata una costante presente nei film da te interpretati. Così succedeva con la villa di America Latina e la chiesa di Dante, filmati per esaltare l’alienazione esistenziale dei tuoi, come degli altri personaggi. Amusia non sfugge alla regola, presentando le stesse caratteristiche.

Sono contenta di poter comunicare anche con i luoghi e con le loro immagini che sono una delle note più importanti dei film. E poi è bello pensare di non essere mai sola in scena, ma di avere sempre qualcosa che dialoga con me. Tornando al discorso di prima, mi sento molto fortunata per i film che per ora sono riuscita a fare.

A proposito degli accessori presenti sul set, in Amusia i vestiti ti hanno molto aiutato nella costruzione del personaggio. Il cappotto sgualcito e i capelli scarmigliati mi hanno ricordato il personaggio di Marlon Brando in Ultimo tango a Parigi. D’altronde Amusia, come il film di Bernardo Bertolucci, racconta una storia d’amore totalizzante, capace di lasciarsi dietro tutto e tutti.

Si, è vero, è un accostamento bello e sensato. In più essere paragonata a un uomo, in questo caso un’icona come Marlon Brando, permette di mettere da parte le distinzioni di genere per concentrarci sul cuore delle cose. In questo caso ammetto che, ogni tanto, anche io come Livia sarei scappata da casa. Forse con la fantasia un amore lontano dalla realtà l’ho vissuto anche io.

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I costumi

La tunica indossata da Beatrice in Dante di Pupi Avati, la dominanza dei colori chiari e del biancore di quelli della madre e delle due sorelle in America Latina. Nelle tue interpretazioni i costumi, per come li hai indossati, sono parte integrante delle tue performance.

Sì, in America Latina oltre a quello molto iconico indossato quando scopriamo la bambina imprigionata in cantina, i nostri vestiti erano tutti pensati su dei colori pastello chiari e tenui, proprio per significare un tipo di immaginazione molto infantile. Tre ragazze bionde e con gli occhi azzurri, vestite con dei colori come quelli, erano il modo per rimandare lo spettatore alla purezza e alla forza della bellezza femminile. Dante, oltre a raccontare un’epoca, fotografa la condizione femminile, mostrando una donna giovane e piena di vita, imprigionata e costretta dentro i suoi vestiti. Beatrice si sposa con un uomo che non ama e i vestiti, con la loro foggia, mi hanno aiutato a capire la sua condizione. Essendo nata nel 1997 sono lontanissima da quell’immaginario e i costumi mi sono serviti per dare sostanza al mio personaggio, facendolo sembrare una persona reale così come voleva Pupi Avati, preoccupato di far trasparire l’umanità e la condizione di una ragazza dei suoi tempi. Nel film di Marescotti Ruspoli, invece, i vestiti raccontano la voglia di scappare senza preoccuparsi di cosa portarsi dietro. Anche a costo di restare per tutta la vita vestiti nello stesso modo. Amusia è bello perché da una parte è molto reale, dall’altra immaginifico. Ha un’ambiguità di fondo che ti fa riflettere e così facendo permette alla storia di restare viva al punto di non sapere quale sarà la sua definitiva evoluzione.

Livia comunica al mondo

Amusia ha diversi livelli di lettura, ognuno dei quali non si esaurisce in un unico significato. Penso alla patologia di cui soffre Livia, che però diventa anche il modo di comunicare al mondo il senso di inadeguatezza tipica dei giovani della sua età.

Affrontando il personaggio di Lidia mi sono più che altro soffermata sulla sensazione di diversità che si ha nella vita. A tutti capita di sentirsi diversi e sbagliati rispetto agli altri. Amusia racconta una diversità e l’incomunicabilità di Livia nei confronti del mondo esterno. La madre sembra capirla, ma alla fine non fa nulla per aiutarla. Poi è vero che non possiamo sempre dare la colpa ai genitori, quindi Livia si ritrova, come tutti, a doversi aiutare da sola per cercare di trovare il proprio posto nel mondo. In un momento in cui i social sono presentissimi nella nostra vita è facile sentirsi diversi dagli altri perché il paragone è sempre dietro l’angolo, quindi sì, c’è molto della nostra contemporaneità dentro Lidia. Chiaramente non soffro della patologia del mio personaggio, ma nel sentirmi diversa e sbagliata sono come lei. Quindi ho cercato di riempire e di colmare quello spazio che ci allontanava con questo, con la difficoltà di sentirsi al proprio posto.

Anche il fatto che la patologia le impedisca di condividere con il padre la passione per la musica, altro non è che un modo per fare i conti con la figura genitoriale e porre in essere quel conflitto che apre le porte alla vita adulta.

Sì, peraltro è una conquista a cui sono arrivata da poco. A un certo punto ti rendi conto di come tra te e i tuoi genitori non ci sia più molto da dire e da condividere. In realtà quando si scavalla quel momento ci si ritrova adulti e si ritrovano i genitori a cui si guarda come persone, al di fuori del loro ruolo. Ci si rende conto che sono esseri umani come noi, con i pregi e i difetti di tutti. Non è un caso che sia il padre a trovare le foto della figlia e fare pace con lei.

Trova le fotografie che ritraggono la figlia insieme a un altro uomo. La presa di coscienza di cui parlavi accade anche a lui, costretto a prendere atto che Livia è diventata una donna.

Sì, all’inizio la madre sembrava più vicina a lei, poi in realtà è il padre a fare qualcosa per cercarla. Prende in mano la foto senza farla vedere alla moglie. Lui ha fatto pace con lei mentre all’inizio il senso di insopportabilità del vivere nasce da lui.

La carriera di Carlotta Gamba

Dicevamo dell’accelerazione della tua carriera, una volta finiti gli studi. Anche essere andata a Venezia con il tuo primo film ne è un altro segno. Per molti si tratta di un punto di arrivo, per te ha rappresentato la partenza.

Innanzitutto speriamo che tutto questo sia bene augurante per il proseguo. Il Festival di Venezia è stato un grande amore inaspettato, ma anche una grande paura. L’anno prima ero in Accademia e andare a Venezia con un film rappresentava un sogno impossibile. Catapultata in un mondo che non conoscevo non sapevo mai cosa dovevo fare. È stato straniante. Poi c’è stata l’emozione di vedere il film in sala con il pubblico, i registi, il cast e la mia famiglia. È stato un momento indimenticabile. La felicità di poter mostrare ai miei genitori cosa sono riuscita a fare è stata impagabile.

Peraltro America Latina è un film “alieno” nel panorama italiano, e come tale destinato a essere apprezzato in tutto il suo valore nel prossimo futuro.

Sono molto orgogliosa di questo film. È il mio primo amore con il cinema. Trovo che sia di una delicatezza e dolcezza non banali.

Il cinema di Carlotta Gamba

Avendo finito da poco gli studi ti chiedo in che maniera la tecnica entra in gioco nelle tue performance. Ne fai uso in maniera consapevole o è qualcosa di acquisito, destinato a esserci in maniera istintiva.

Quando arrivi sul set, almeno io, non hai tempo di pensare alla tecnica. In qualche modo l’ho fatta mia e non ho bisogno di ricordarla per farla entrare in funzione. Il mio metodo è quello di cercare di entrare il più possibile in empatia con il mio personaggio: di farlo vivere e di essere viva dentro di lui. Quando, finita l’Accademia, mi sono ritrovata sul set, i fratelli D’Innocenzo sono stati i miei primi maestri cinematografici. Sono stati loro a insegnarmi a prendere le piccole cose e regalarle alla mdp. Per me sono stati fondamentali perché mi hanno sbloccata considerando che, pur parlandosi, teatro e cinema sono comunque due arti molto diverse. Nel cinema il difficile sta nel trovare la giusta misura nella quale vivere davanti alla telecamera.

Parliamo delle tue preferenze cinematografiche in termini di attrici e di film.

Tra le attrici fondamentali metto la Gena Rowland dei film di John Cassavetes e la Isabelle Huppert di quelli di Michael Haneke. In Italia piace molto Alice Rohrwacher  e di conseguenza sua sorella Alba. Ho visto Le onde del destino di Lars Von Trier e ho amato da subito Emily Watson. Mi innamoro dei film e di conseguenza delle attrici che li interpretano.

Amusia

  • Anno: 2023
  • Durata: 90'
  • Distribuzione: 102 Distribution
  • Genere: drammatico
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Marescotti Ruspoli
  • Data di uscita: 27-April-2023

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