Un lavoro condiviso. Questo è il germoglio che ha dato vita a Futura, progetto e resa simbiotica di tre punti di riferimento del consolidato cinema italiano di terza generazione: Pietro Marcello, Francesco Munzi, Alice Rohrwacher.
Un’opera autenticamente collettiva
Futura nasce dalla voglia dei tre registi di realizzare qualcosa insieme. Letteralmente insieme, senza scindere il visivo in racconti differenti nello stile. E lavorare su un magma tanto incandescente quanto delicatissimo da maneggiare: i giovani Italiani e il futuro che hanno davanti.
Futura è un film di sentimento, come la stessa Alice Rohrwacher l’ha definito, nell’esplorazione sotto forma di reportage, al servizio delle realtà, dei pensieri, delle dinamiche sociali, geografiche, culturali. I registi indossano il ruolo di puri testimoni ed esecutori di un archivio visivo contemporaneo. Il giro nell’Italia di oggi, inframezzato da parallelismi delle inchieste di Mario Soldati, Luigi Comencini e Gianfranco Mingozzi, ha al centro:
I divenenti
coloro che sono al confine dell’età adulta. In fase di trasformazione: una sorta di “creature sovrannaturali”. E così vengono osservati, ‘indagati’ dal Nord al Centro al Sud, dalle città alle periferie, alle campagne. Le domande sono semplici e profonde insieme, come i tentativi di approfondire risposte che a volte restano sospese. Il senso di esclusione predomina come la consapevolezza dei giovani Italiani di vivere in un Paese dove sono a dir poco ignorati da qualunque progettualità politica.
Il futuro in Italia non esiste: l’immobilismo domina e frena qualunque forma di rinnovamento. Molti ragazzi, i più creativi, sono già proiettati via, in un Estero dove si coltiva la giovinezza, la si stimola, la si seduce con un’indipendenza lavorativa, economica, esistenziale.
Nei rispettivi universi individuali di sogni, speranze, la paura di fallire è tanta. Soprattutto di non riuscire a rimanere aggrappati a se stessi, di doversi arrendere a sopravvivere ad una realtà che non possono governare. Il sogno è ancora un riferimento: influencer e calciatore diventano obiettivi tanto astratti quanto illusoriamente raggiungibili dentro una precarietà che non dà alternative concrete.
I frammenti che Futura ci rende riescono a rappresentare uno sguardo d’insieme, variegato: gli adulti sono ancora visti come altra dimensione, che poco comprendono. Razzismo, violenza femminile, identità di genere, etichettati come roba da vecchi. I giovani sono proiettati in un vissuto quotidiano emancipato da barriere, discriminazioni. Vogliono vivere la propria vita, essere liberi di decidere, di sbagliare.
Il rapporto con gli adulti oscilla tra ribellione e riconoscenza. Chi vuole allontanarsi quanto prima da un’alterità in cui non si riconosce, chi, invece, ripagare i propri genitori dei sacrifici vissuti in nome del benessere dei figli.
Social network e tecnologia non rappresentano la panacea di tutti i mali. Molte le voci di dissenso, tra i ragazzi, quantomeno nella percezione che la realtà è fuori da un virtuale che può diventare a tutti gli effetti uno stupefacente.
Futura è un archivio della contemporaneità, pervaso da una sottrazione stilistica voluta. Al centro ci sono i divenenti, i contesti che li abitano, le emozioni che li attraversano. A loro Pietro Marcello, Francesco Munzi, Alice Rohrwacher si accostano con estrema delicatezza, senza pregiudizi. Le domande, semplici e dirette, tessono una mappa che, come uno specchio, si sovrappone a un mondo spiritualmente e materialmente distante: pronto a plasmare la giovinezza, ma anche a farsi plasmare da una identità rinnovata.
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