Lo avevamo visionato giá grazie a Mente Locale e ne parliamo anche oggi che viene presentato a Firenze per il Sentiero Film Factory, di cui Taxi drivers è media partner. Si tratta di un documentario che vi consigliamo assolutamente di non perdere: Neighbour Abdi diretto dal regista olandese Douwe Dijksta.
L’opera è una produzione olandese che ha visto coinvolte la VALK productions e la EODOCS in collaborazione con CoBo, NPO e The Netherlands Film Fund, realizzata come parte del programma Teledoc Campus. È stata distribuita in Italia dalla Zen Productions.
Il mediometraggio è stato inizialmente presentato nel 2022 in anteprima mondiale al Locarno Film Festival, vincendo il Pardino d’argento.
La sinossi
Come si può comprendere un passato marcato dalla violenza? Abdi è un designer di mobili e assistente sociale di origini somale, trapiantato nei Paesi Bassi. Con l’aiuto del suo vicino di casa, il regista Douwe, Abdi ripercorre alcuni episodi della sua vita, fra guerra e criminalità. In uno studio di effetti speciali, i due amici ricostruiscono i momenti di un passato infausto, trovando leggerezza nel dolore e concentrandosi sul processo creativo del documentario.
Una sinossi chiara e senza troppi giri di parole: da questi dettagli si evince già che non sarà una narrazione semplice, o forse sì? Douwe e Abdi si dimostrano un’accoppiata vincente, dove l’uno fornisce tutta la conoscenza tecnica possibile a supportare l’altro nel racconto di una storia sì unica ma mediaticamente vicina a tutti, in quanto coinvolge un paese e dei temi che sono al centro dell’opinione pubblica da decenni.
Abdi il cantastorie?
Immigrazione, guerra, povertà e riscatto sono parole chiave che riassumono tantissimi contesti e argomenti, ma che non rendono a sufficienza la paradossalità e la crudeltà di una situazione che a noi, fortunati occidentali, sembrerebbe impensabile, se non addirittura esagerata. Forse consci proprio di questo problema, dovuto sicuramente alle contemporanee narrazioni mediatiche, ree di aver trasformato temi fondamentali in spettacoli distanti e accattivanti, Abdi e Douwe decidono di sfruttarlo per creare un documentario poetico, dove “poetico” deve intendersi etimologicamente come “produrre dal nulla”.
Eppure è contraddittorio parlare di “produzione dal nulla”, non trovate? Abdi il materiale da cui partire ce l’ha eccome, ma il suo estro incandescente lo porta a trasformare un contesto personale e invisibile in una storia nuova, revitalizzata e sceneggiata, interpretata da attori all’interno di uno studio di effetti speciali, dove il chroma key è contemporaneamente una stanza verde, vuota e qualsiasi scenario possa passarci per la testa (una vicenda degna di Charlie Kaufman, insomma). Una sorta di incertezza metadiscorsiva diventa quindi uno dei centri di questo lavoro: quanto si è disposti a credere a ciò che vediamo? Quanto ci sentiamo emotivamente coinvolti dalla storia di Abdi? Ma è davvero andata così? I punti di vista cambiano bruscamente, così come cambiano bruscamente gli strumenti che ce li restituiscono: si passa dalla telecamera alla notifica push del telefono allo schermo di proiezione; dal dettaglio tipicamente cinematografico al piano sequenza, alla mise en abyme della struttura documentaria e del reportage giornalistico. Si ha dunque a che fare con una vera e propria interfaccia, che sottopone lo spettatore a una miriade di stimoli, obbligandolo a prestare enorme attenzione a questo percorso ipertestuale.
Con l’affacciarsi di tante domande le parole chiave cambiano inevitabilmente, e sono tutte frutto di Abdi: creazione e accettazione. Le capacità del cinema digitale esplodono sotto l’impulso irrefrenabile di un uomo che ha accettato con dignità e curiosità la vita, consapevole di tutte le difficoltà che questa ti costringe ad affrontare. Non c’è trauma né rimpianto, solo voglia di trovare un meritato equilibrio (“La vita è la vita. La prendi come viene”). Una calibrazione di forze ed energie resa possibile solo grazie ad un’indagine schietta e “aristotelicamente potenziale” delle proprie radici.
Per concludere
Abdi e Douwe sono l’icona di un’integrazione culturale e concettuale perfettamente riuscita, oltreché agognata da chiunque abbia un minimo di buon senso. Il risultato è un dialogo sinfonico e compassionevole, che attraverso la più spinta modernità sa ricondurci al nostro lato più umano ed empatico.
Per tutte le recensioni su Sentiero Film Factory, leggere qui.
Neighbour Abdi
Anno: 2022
Durata: 28' 41"
Distribuzione: Zen Productions (Italia)
Genere: Documentario poetico
Nazionalita: Paesi Bassi
Regia: Douwe Dijksta
Data di uscita: 03-August-2022
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