Inseparabili – Dead Ringers è una miniserie ideata da Alice Birch, ispirata al capolavoro omonimo di David Cronenberg del 1988 a sua volta adattamento del romanzo Twins di Bari Wood e Jack Geastland del 1977. I sei episodi sono stati rilasciati da Amazon Prime Video il 21 aprile 2021.
ROSSO E BIANCO, FUOCO E GHIACCIO
Uno dei luoghi comuni più comuni nell’audiovisivo è che i remake sono sempre peggio dell’originale; c’è poi la credenza che le serie tv tratte dai film siano in genere un gradino più in basso, mentre negli ultimi anni affollati da #metoo e figliocci vari, il rifacimento di una storia con il protagonista del sesso opposto a quello originario viene sempre e comunque a priori sbertucciato.
Inseparabili – Dead Ringers è quello show che con un colpo di spugna cancella tutti i preconcetti e i giudizi faciloni da salotto buono. Certo, il moloch con cui si confronta è Cronenberg, non un regista ma un autore anzi una letteratura del cinema: e il suo film non solo permetteva a Jeremy Irons di entrare nella storia con una performance gigantesca, ma cristallizzava lo stile del cineasta canadese in uno stile inconfondibile e inimitabile. Uno stile su cui si è detto e scritto il lecito e di più: Inseparabili prosciugava letteralmente l’immaginario del suo autore sublimando la riflessione su corpo e psiche, organico e inorganico, spaventose separazioni e impossibili ricomposizioni, restituendo un horror interiore e inquieto.
La serie di Prime, intelligentemente, parte proprio da là: non rinnega niente, e anzi per alcuni versi ricalca pedissequamente il suo modello.
Ci sono Beverly ed Elliot, gemelli omozigoti entrambi ginecologi, che si scambiano i partner e le esperienze in una simbiosi fisica e psichica che non può che scivolare verso l’abisso; c’è il rosso, che non è un colore ma un cromatismo emotivo in una fotografia estremamente evocativa; e c’è tanto simbolismo che impregna il racconto, dando il ritmo alle immagini e alla narrazione che sembra dilatarsi e restringersi come palpitazioni oscene, come un organismo vivente.
Solo che se là i gemelli erano uomini, con tutto quello che ne consegue (a livello sessuale, di immaginario, di portata metaforica), qua ci sono due donne del 2023 – con tutto quello che ne consegue.
Inseparabili – Dead Ringers sceglie fin da subito l’immediatezza esplicita: parte con il sangue, si apre con vagine dilatate dal parto e continua con peni turgidi in bella vista. Non nasconde niente, neanche il suo voler incarnare quel racconto originale senza pudore ma anche senza timore o complessi di inferiorità: e fa bene, perché da alcuni punti di vista il Dead Ringers di Prime Video ampliando degli aspetti della trama li approfondisce in maniera sottile e vertiginosa. Fin dallo sfruttamento che fa fino in fondo dei nomi delle sue protagoniste (Elliot e Beverly) ambiguo nel genere, cosa che si perdeva quando era un uomo a portarli.
Conseguentemente, il tema del racconto vira lievemente fino a cambiare sia le dinamiche interpersonali che quelle teoriche, in maniera impercettibile all’inizio, macroscopico nel finale.
Difficoltà di concepimento, etica biomedica, aborto spontaneo e dibattito antiabortista: temi caldissimi e delicatissimi che vengono presi di petto e immersi nel sangue, ma mai persi di vista. Ancora: l’identità della donna in relazione alla maternità, autonomia del corpo, diritti riproduttivi, dipendenza psicologica.
In questo modo, Inseparabili – Dead Ringers riesce ad essere attuale e contemporaneo senza mai scadere nel clichè, specialmente se visto e letto sullo sfondo dell’erosione dei diritti delle donne sul proprio corpo nel 2023.
E allora si svincola dell’irrinunciabile confronto dell’inizio per diventare un esempio di opera selvaggia, brillante e coraggiosa e senza fronzoli, dalle fortissime, potenti istanze filosofiche senza rinunciare ad essere perturbante nella sua messa in scena per stomaci forti.
Inseparabili – Dead Ringers è una serie selvaggia, brillante e intelligente che rielabora il film e attualizza le tematiche, forte di interpretazioni eccellenti.
p.s.: Rachel Weisz. Un’attrice che dà il meglio di sé, meravigliosa per come polimerizza le due interpretazioni opposte senza ricorrere mai a facilonerie.
L’unico problema è che in questo caso pesa il precedente (quello di Irons), perché per quanto straordinario non c’è niente di nuovo.
Applausi comunque.