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FKFF 2012: “The man from Nowhere” di Lee Jeong Beom e “The Foul King” di Kim Jee-woon

L’evento della terza giornata del Florence Korea Film Fest è stato l’anteprima nazionale di “The man from Nowhere” di Lee Jeong Beom. Nell’ambito della retrospettiva su Song Kang-Ho, è stato proiettato in chiusura di serata “The Foul King”

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The man from Nowhere

L’evento della terza giornata del Florence Korea Film Fest è stato l’anteprima nazionale di The man from Nowhere di Lee Jeong Beom. Il film è stato il campione d’incassi del 2010 in Corea del Sud ed è stato notato negli Stati Uniti tanto da indurre la casa di produzione Dimension Films  a comprarne i diritti per realizzarne il (solito) remake hollywoodiano. Si tratta di un film di genere in piena regola, un thriller adrenalinico ricco d’azione, sparatorie e combattimenti corpo a corpo.

Tae-sik, ex membro dei servizi segreti, è un uomo silenzioso e solitario che gestisce un banco dei pegni ed ha come unica compagnia una bambina vicina di casa, lasciata a se stessa da una madre tossicodipendente legata agli ambienti della malavita. In seguito a questioni di droga, la bambina viene rapita insieme alla madre da una banda spietata di narcotrafficanti, scatenando la reazione di Tae-sik che ingaggerà un cruento duello coi rapitori per ritrovare la ragazzina.

Il regista Lee Jeong Beom, già autore del notevole Cruel Winter Blues, per la sua seconda opera ha il grande merito di azzeccare le facce giuste, a cominciare dai cattivi fino al protagonista interpretato dall’attore Won Bin, già visto nel bellissimo Mother di Bong Joon-ho.

L’uomo venuto dal nulla, con un passato tragico e doloroso, si trasforma, o meglio ritorna ad essere un killer infallibile, nel tentativo di difendere una creatura indifesa che ha già sofferto molto nonostante la giovane età. Come detto in precedenza siamo di fronte ad un solido film di genere, senza sfumature o sottili introspezioni, dove i cattivi sono davvero tali e si empatizza  da subito col protagonista. L’ambientazione prevalentemente cupa e notturna, com’è da tradizione per questo tipo di film,  contribuisce a mantenere lo spettatore in tensione fino al sanguinoso epilogo. Nonostante l’azione pura la faccia da padrona, il regista riesce a delineare in modo efficace lo struggente e commovente rapporto che s’instaura tra Tae-sik e la ragazzina.

The Foul King

Nell’ambito della retrospettiva su Song Kang-Ho, è stato proiettato in chiusura di serata The Foul King, il suo primo film da protagonista assoluto. Il regista della pellicola è Kim Jee-woon che ha diretto Song anche in altri due film, The Quiet Family e Il Buono il Matto e il Cattivo, entrambi inseriti nella rassegna dedicata al grande attore coreano dalla decima edizione del festival.

Dae-Ho, è un goffo impiegato di banca, vessato dal direttore, ignorato dalla collega che ama in segreto e rimproverato continuamente dal padre. Deciso a sfogare le proprie frustrazioni s’iscrive ad una scalcinata palestra di wrestling dove cercano nuovi lottatori. Impiegato di giorno e lottatore mascherato di notte, Dae-Ho diviene the foul king, il re degli inganni e delle scorrettezze, che compie sul ring per sconfiggere gli avversari.

Il film è una sapiente commistione di generi che miscela il grottesco al comico, il romantico al sentimentale, passando per le scene di lotta sul ring, girate in modo magistrale da Kim Jee-woon e  realizzate direttamente dagli attori senza fare ricorso a stuntmen.

Sotto un primo livello di lettura, che ci porta a classificare il film come una divertente commedia, ve ne cova un secondo, più complesso e di forte critica sociale nei confronti della realtà coreana, contraddistinta da una competitività logorante che opprime le persone e le rende frustrate, condannando al fallimento chi non riesce ad adeguarsi o a reggerne i ritmi. Dae-Ho trova nel wrestling una valvola di sfogo, un’evasione dalla realtà quotidiana fatta di umiliazioni e sconfitte. La maschera da lottatore però funziona solo sul ring, quando prova ad indossarla nella vita di tutti i giorni fallisce miseramente e pateticamente. Il regista riesce abilmente a far coesistere i diversi registri del film e a mantenersi felicemente in bilico tra commedia, azione e critica sociale, aiutato da un Song Kang-Ho in stato di grazia, calato perfettamente nella parte di un loser comico e goffo, percorso da una sottile vena malinconica.

Boris Schumacher

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