Quella che rappresenta è, di sicuro, una Firenze dei bassifondi, oscura e sconosciuta ai molti. Il film, in 6 episodi, incrociati tra loro solo in qualche piccolo dettaglio, è tratto dai racconti di Matteo Cecchi.
Con crudezza di immagini e dialoghi, le 6 storie raccontano in maniera soggettiva, spesso con voce fuoricampo, vite allo sbando: giovani figli di operai che preferiscono i soldi facili delle marchette, piuttosto che il lavoro in fabbrica; tossici devoti all’eroina; stupratori sadici e brutali; assassini folli e amicizie abbandonate alla morte solitaria.
Il film, progetto coraggioso ed interessante, risulta però complesso alla visione, soprattutto per il fiume costante d’alterchi e parolacce.
Il messaggio, seppur chiaro e ben decodificato da stereotipi idealizzati di criminali, è reso crudo e profondamente realistico, ma diventa, nell’eccesso della sua estremizzazione, ridondante, smisurato e grottesco. Lo stile, variabile e asciutto, è ben calibrato in relazione ad ogni storia rappresentata.
In quest’ottica, “Tale Figlio” è, a mio avviso, l’episodio più bello, nella sua semplicità e assenza di sovrabbondanza, scevro di dialoghi coloriti, ma narrato, con essenzialità di luogo e tempo, da un figlio addolorato, accecato dal rancore contro un padre padrone.
Merito quindi ad un cinema di ricerca, fatto d’azzardo stilistico e profonda analisi umana; anche se, spesso, le immagini, soprattutto se forti e ben realizzate, non hanno necessità di violenza verbale eccessiva.
Laura Novak
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