fbpx
Connect with us

Interviews

‘La Syndicaliste’ intervista al regista Jean-Paul Salomé

Il film, presentato a Venezia, vede Isabelle Huppert protagonista. Presentato nuovamente al Rendez-Vous, è stata l'occasione per fare alcune domande al regista (e anche al compositore)

Pubblicato

il

jean-paul salomé

Dopo la mostra del cinema di Venezia, è stato presentato anche al Rendez-Vous 2023 il film La Syndicaliste di Jean-Paul Salomé. La protagonista è Isabelle Huppert in un film che racconta un fatto realmente accaduto. Per approfondire meglio il film e le tematiche abbiamo fatto alcune domande al regista Jean-Paul Salomé e anche al compositore Bruno Coulais.

Il tema centrale del film di Jean-Paul Salomé

Vorrei partire dal tema principale del film e dal fatto che hai cambiato registro, passando dalla commedia a un dramma. Nonostante questo, però, si possono riscontrare diversi tratti in comune con le tue precedenti opere, soprattutto con La padrina. Com’è nata l’idea e come mai c’è stato questo cambiamento?

L’idea mi è venuta cercando un po’. In Francia quella di Maureen Kearney è una storia non molto conosciuta (non la conoscevo nemmeno io). C’è, però, un libro, scritto da una giornalista, che ha fatto un’inchiesta su di lei nel momento in cui c’è stato il processo e che ha incontrato per avere ulteriori informazioni. Una volta compreso quello che stava succedendo la giornalista è andata al primo processo dove Maureen si è fatta accusare di aver mentito ed è rimasta sconcertata dall’esito.

Da lì ha creato questo libro-inchiesta e io l’ho scoperto per caso, da un tweet che ne annunciava l’uscita. Mi ha subito incuriosito la cosa, ho letto il libro e all’inizio ho pensato che questa storia era folle, con un personaggio incredibile. Mi sono chiesto dove fosse arrivata questa storia e mi è venuta subito voglia di fare un film. Anche perché la sola cosa che potevo fare, essendo un regista, era provare a fare un film per provare a far conoscere questa storia al grande pubblico. In qualche modo è una storia che è stata raccontata, attraverso documentari, libri, trasmissioni radiofoniche, ma le persone la conoscevano poco. Quindi ho pensato che forse un film, che di per sé ha una vocazione più popolare, avrebbe potuto dare la forza necessaria per far conoscere questa storia.

Questa è la prima ragione. La seconda è che, dopo aver lavorato con Isabelle Huppert per il mio precedente film, volevo tornare a lavorare con quest’attrice. Poi quando ho letto questa storia mi sono immaginato Isabelle in questo ruolo. Ho visto com’era la vera Maureen e mi sembrava che Isabelle le assomigliasse. Partendo da questo ho fatto leggere il libro a Isabelle prima di scrivere la sceneggiatura e lei, dopo averlo letto, mi ha detto «scrivi e fai questo film, lo farò volentieri».

Isabelle Huppert

E infatti è un ruolo che, secondo me, è perfetto per lei.

Sì, è molto somigliante. Abbiamo lavorato molto anche in questo senso.

jean-paul salomé

© 2022 Guy Ferrandis – Le Bureau Films

E, oltre alla somiglianza fisica, c’è anche un lavoro con il trucco e con gli occhiali.

Sì, con tutti gli accessori. Si tratta di un lavoro che abbiamo fatto in seguito e la vera Maureen Kearney ci ha aiutato con orecchini e occhiali. Abbiamo copiato tutto l’aspetto fisico del personaggio tanto che Isabelle non vedeva l’ora di incarnare Maureen.

Gli occhiali per esempio sono usati come dei veri e propri simboli. Maureen cambia e gli occhiali cambiano (nella forma, nel colore) con lei.

È vero. Abbiamo seguito le tappe del personaggio e ci siamo resi conto che il suo look traduce molto bene la sua psicologia. Oltre agli occhiali c’è anche lo chignon. Sono tutte tappe psicologiche riferite al personaggio.

Il ruolo della donna nel film di Jean-Paul Salomé

Isabelle Huppert è la protagonista indiscussa del film, ma, accanto a lei, ci sono molte donne ne La Syndicaliste. E si può dire che hanno tutte un certo potere, ma sono completamente diverse. Oltre a Maureen, infatti, c’è la sua “amica”, la figlia, ma anche la giovane poliziotta. Si può dire, quindi, che come tema, che va di pari passo a quello della vicenda che vede protagonista Maureen, c’è anche quello della figura femminile?

Certo. Maureen è il personaggio centrale del film. Ma non c’è solo lei. Ci sono tutti i personaggi che hai elencato e alcuni, per esempio, non esistevano nella versione reale dei fatti. Il personaggio interpretato da Marina Foïs è esistito ed è stato il capo di Maureen. Le due avevano questa amicizia professionale che non è andata oltre il lavoro, era un sentimento forte che è cambiato a seguito di quello che è successo. Il film prova a mostrare questo rapporto: hanno smesso di vedersi per delle ragioni che La Syndicaliste suggerisce. Ma, nella realtà, è vero che c’è stata questa amicizia forte e poi questa sorta di tradimento personale.

C’è una scena che mi ha colpito particolarmente per come è stata mostrata al pubblico. Quando lei deve rivivere il momento della violenza e le viene chiesto di ricostruire quel preciso istante si trova fisicamente nel mezzo tra vari uomini (il marito, i poliziotti) e, più precisamente, è davanti alla porta e non riesce a passare, anche perché sono tutti grandi e grossi. In questo modo anche noi spettatori cerchiamo di rivivere indirettamente quello stesso disagio. Secondo me è una scena che descrive perfettamente quanto detto fino a ora.

C’è effettivamente questa piccola silhouette di donna contro tutti questi uomini. Il momento della ricostruzione è illegale e addirittura nella realtà l’avvocato non è rimasto lì con loro; li ha lasciati soli ed è partito. Maureen ha accettato di prendere parte a ciò, ma non avrebbe dovuto.

© 2022 Guy Ferrandis – Le Bureau Films

Era una vittima, ma diventa colpevole.

Sì, è l’inizio del processo. Parte tutto da questo.

La musica

Una domanda d’obbligo è quella sulla musica che cambia continuamente: nel momento in cui inizia l’interrogatorio a Maureen essa aumenta di pari passo alle domande. Da quel momento il film diventa un vero e proprio thriller.

In generale sarebbe complicato lavorare in questo modo con la musica, ma per me non è stato difficile perché ho lavorato con il compositore Bruno Coulais che conosco da tempo e con il quale ho lavorato spesso. Ogni volta, però, è diverso così come ogni film è diverso rispetto a quello precedente.

Secondo me, in generale, i suoni devono richiamare un’emozione senza essere ridondanti o sottolineare le cose: devono essere il mezzo attraverso il quale creare qualcosa in più. E, infatti, in alcuni casi non c’è nemmeno la musica. Abbiamo lavorato anche sui rumori soprattutto in alcune parti della storia. La musica è partita idealmente come suono e deve agire come suono. Ci abbiamo lavorato molto perché non è stato facile.

Anche la musica segue Maureen.

Esatto. Come una spirale che diventa sempre più stressante.

Qualche domanda a Bruno Coulais

A proposito proprio della musica, abbiamo fatto qualche domanda direttamente al compositore, Bruno Coulais, che inseriamo qui, come una sorta di parentesi.

Chiedo anche a te della scena dell’interrogatorio da parte della polizia dove la musica cambia e, con lei, inizia anche a cambiare completamente il film.

Sì, c’è l’idea di mettere in moto qualche cosa. La musica segue la narrazione, ma in questa sequenza qualcosa cade facendola diventare sempre più forte con un crescendo. Diciamo che mostra la piega ineluttabile che prenderà la storia.

Quindi si può dire che la musica cambia così come cambia Maureen.

Sì, è l’evoluzione del personaggio.

Un’altra scena importante, musicalmente parlando, è quella finale. Lì la musica utilizzata sembra, in qualche modo, riassumere il film.

Esatto. Come alla fine di un’opera, la musica che abbiamo scelto per la fine del film riassume tutto. Ma è anche una musica che rivela la fragilità del personaggio e qualcosa di ineluttabile a proposito di Maureen. Mette in luce la sua fragilità e le mostruosità che accompagnano questo personaggio.

Un aspetto importante da sottolineare è, inoltre, il fatto che non c’è sempre la musica all’interno de La Syndicaliste. Quindi contribuisce, nei momenti in cui è presente, a dare importanza a determinati frangenti.

C’è sempre il problema di porre la musica in certi punti. Per me la musica non deve prendere per mano lo spettatore e spiegargli cosa si sta vedendo. Al contrario deve essere qualcosa che svela i segreti del film e quello che non è immediatamente visibile dalle immagini.

© 2022 Guy Ferrandis – Le Bureau Films

Si potrebbe quasi dire che, grazie alla musica, si creano due modi per seguire il film e che, poi, vanno poi a coincidere: da una parte c’è la vera storia di Maureen, dall’altra il cambiamento del personaggio.

Sì, e la musica cerca di seguire principalmente il cambiamento personale del personaggio.

La trasformazione del film

Torniamo a fare qualche altra domanda al regista Jean-Paul Salomé.

Come detto, quindi, la musica è anche in grado di cambiare completamente il film. E non solo la musica, anche la tua regia contribuisce a cambiare la storia. Nella prima scena, per esempio, non vediamo subito la protagonista, ma veniamo introdotti alla storia da suo marito con un lungo piano sequenza. Per questo possiamo pensare che all’inizio non si tratti di un thriller, salvo poi ricredersi dopo poco.

Sì, perché per me era importante tradurre il cambiamento della vita di Maureen e trovo che il film dovesse, in qualche modo, deragliare e cambiare registro. Non poteva essere (e io non volevo che fosse) il classico film politico con buoni e cattivi. All’inizio tutti questi personaggi sono usciti dalla sua vita e io volevo che alla fine del film rimanessimo in linea con il suo punto di vista. Penso che sia questo il motivo per cui si ha la sensazione che il film cambi.

Un elemento che influisce in questo, poi, è anche il cambiamento temporale.

Passano diversi anni, c’è un bel salto temporale.

© 2022 Guy Ferrandis – Le Bureau Films

E alla fine Maureen è sola, non ci sono altri personaggi.

Sì, alla fine è sola con i suoi spettatori. Credo che ciò sia evidente anche dal movimento del film, o meglio della camera, che si avvicina sempre di più a lei fino a circoscriverla, come in un loop. Da film politico diventa film psicologico su di lei.

Il sodalizio tra Jean-Paul Salomé e Isabelle Huppert

Per realizzarlo, al di là della storia vera, Jean-Paul Salomé si è ispirato a qualcosa o qualcuno? Per esempio, non so se è perché la protagonista è Isabelle Huppert, ma, secondo me, ci sono delle somiglianze con Elle. Soprattutto nel momento immediatamente successivo alla violenza con l’espressione e il modo in cui lei vive la situazione.

La somiglianza c’è perché c’è l’aggressione. Poi naturalmente c’è Isabelle in entrambi i film, ma quello che volevo far sentire al pubblico era più che altro perché questi uomini dubitano di lei. Lei non ha organizzato tutto questo. Quello che volevo era farlo comprendere allo spettatore. Non volevo solo mostrarlo, ma volevo farlo comprendere e volevo che tutti si mettessero al posto di Maureen e capissero perché questi uomini hanno dubitato.

Poi c’è la sua reazione che non è classica. Ci sono somiglianze, ma anche differenze. In Elle lei non nasconde la violenza, dice che è stata violentata e fa capire che non è niente di grave.

Qui invece non c’è questa reazione, ma a colpire è il fatto che gli uomini trovano questo approccio assurdo. Per esempio lei si rimette anche il rossetto.

Diciamo che qui è più umana in rapporto a tanti altri personaggi che ha interpretato.

Sì, e questa è stata una volontà. È più umana, fragile e vulnerabile anche se all’inizio appare come più forte. Poi perde tutto e diventa fragile fino al processo. Non è come in Elle in questo senso.

Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli

Vuoi mettere in gioco le tue competenze di marketing e data analysis? Il tuo momento è adesso!
Candidati per entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi Drivers