Da oggi disponibile in streaming per gli abbonati di Prime Video il film horror L’esorcista del Papa. Diretto da Julius Avery, è interpretato dalla star neozelandese Premio Oscar Russell Crowe.
Nel film che segna il ritorno al cinema di uno dei più noti esorcisti realmente esistiti, qui alle prese con un racconto di fantasia, il ruolo del Papa è interpretato da Franco Nero.
Il ruolo sociale, oltre che spirituale, dell’esorcista in una società degli anni ’80 dominata da presenze maligne
Dopo un rocambolesco incipit in cui l’astuto esorcista della capitale, Padre Amorth, sventa una suggestione satanica a torto scambiata per possessione, il celebre prelato, verso la fine degli anni ’80, indaga su una presunta presenza satanica in un ragazzino americano.
Il giovane è giunto con la madre e la sorella fino al santuario di San Sebastiano, in un’amena località di campagna spagnola, ereditata dalla donna rimasta vedova.
Il prelato, noto per i suoi metodi talvolta poco ortodossi (e per questo considerato con sospetto) nonostante rimanga il pupillo del Papa in carica, comprende, aiutato dal giovane collega Padre Felipe, che il demone in questione è un elemento assai potente.

L’esorcista del Papa
Un diavolo in grado di suggestionare più persone contemporaneamente e motivato da un’antica vicenda che risale, proprio in quel luogo sacro, ai tempi lontani e bui dell’Inquisizione.
A costo di ricorrere al sacrificio personale, Gabriele Amorth, ossessionato da un episodio occorso durante la propria militanza fra i partigiani e roso dai sensi di colpa per non essere riuscito a salvare una ragazza, riuscirà a sconfiggere anche quel potente demone.
L’esorcista del Papa- la recensione
Noto per essere considerato uno tra i più famosi esorcisti mai esistiti, e operante a diretto contatto con il Vaticano e i papi, Padre Gabriele Amorth ha ulteriormente richiamato notorietà dopo essere stato al centro di un noto documentario diretto nel 2017 dal magnifico regista Wiliam Friedkin (il cineasta di un cult come L’esorcista, oltre che di altre pietre miliari del cinema americano come Il braccio violento della legge, Il salario della paura, Cruising, Vivere e morire a Los Angeles, Killer Joe).
In The Devil and Father Amorth, infatti, Friedkin nel 2016, su invito dello stesso esorcista, vinceva la sua diffidenza su fenomeni misteriosi come gli esorcismi, da lui stesso narrati, filmando un esorcismo reale e finendo per essere coinvolto in un inevitabile confronto con quanto narrato ne L’esorcista.
“Ricordate! Il demone utilizzerà i vostri peccati contro di voi”.
Nel film di Avery invece si torna al film a soggetto e si immagina un caso impegnativo, e dai contorni assai misteriosi, in cui diviene necessario coinvolgere il famoso esorcista.
La vicenda si sforza in tutti i modi di richiamare tutti i cliché più ovvi di un filone horror che, dopo il successo de L’esorcista e dei suoi svariati sequel, ha visto la creazione di un vero e proprio capitolo a sé stante nell’ambito del cinema di genere.
Il diavolo, probabilmente…
Ma il risultato delude: la narrazione pare più preoccupata a creare attorno a sé un’ atmosfera piena di pathos che garantisca spavento e tensione, piuttosto che farsi carico di tirare le somme di una storia che racchiuda in sé qualcosa di davvero originale ed accettabile.

L’esorcista del Papa
Dal canto suo Russell Crowe tenta, probabilmente incalzato dalla bonaria sceneggiatura (a cura di un nome noto come Michael Petroni) di fornire un aplomb talvolta scanzonato e reazionario al suo singolare prelato, provocando nella visione del film una sensazione di imbarazzo, più che di interesse per il personaggio affrontato.
Appaiono inoltre puerili i vezzi con cui si riproducono scorci italiani di un fine secolo davvero colmo di stereotipi più che abusati: lambrette e scorci di una capitale da cartolina, laddove pure l’ambientazione spagnola soffre di vedute ridondanti, a partire dal santuario a forma di castello medioevale che diviene teatro della possessione multipla al centro della storia.