Di drammi ambientati nella seconda guerra mondiale se ne sono visti parecchi. Generalmente ci riportano subito a trincee, uomini infangati e battaglie cruente. Transatlantic, la nuova miniserie di Netflix, scritta da Anna Winger (Unorthodox), ci ricorda che mentre si combatteva in trincea c’era anche chi, usando il suo privilegio come arma, decideva di combattere nelle città.
Transatlantic si basa infatti su una storia vera e poco conosciuta. Quella del giornalista Varian Fry (nella serie interpretato da Cory Michael Smith) che, assieme all’Emergency Rescue Commitee, riuscì ad assistere economicamente più di 4000 persone e a far scappare dalla Francia almeno 2000 persone, tra intellettuali, artisti e accademici ricercati dal terzo reich.
Transatlantic: la trama
La giovane Mary Jane (Gillian Jacobs) usa i fondi della sua famiglia per finanziare l’Emergency Rescue Committee del suo amico e giornalista Varian Fry. Un’associazione che serve per far fuggire dall’Europa persone ricercate dal Terzo Reich. Man mano il loro lavoro diventerà sempre più pericoloso, tra operazioni di spionaggio e tradimenti.
Lo stile
Transatlantic è una miniserie con uno stile ben preciso. Prende molto dalla Golden Age di Hollywood (in particolare non si può non citare il film Casablanca), i colori sono accesi e vibranti, alternati al bianco e nero utilizzato nell’apertura degli episodi, un omaggio al surrealismo tedesco. Molto interessanti anche i titoli di coda che ricordano quelli dei film muti. La miniserie nella sua estetica è ben impacchettata e lo stile è accattivante. Uno stile che sicuramente contrasta molto con i temi piuttosto oscuri della serie.
I personaggi e l’inno all’arte
Courtesy of Netflix © 2023
In realtà, se su carta potrebbe sembrare una storia melodrammatica e oscura, la serie trasmette molta speranza e leggerezza.
Stiamo seguendo dei personaggi che vivono in un momento orribile, è vero, ma stiamo seguendo intellettuali, artisti, amanti della vita, donne forti che lottano per l’altro e uomini che vogliono amare liberamente altri uomini. Insomma, persone che cercano la salvezza nella loro arte, nella loro natura o nella loro filosofia, per elevarsi rispetto alla mera sopravvivenza.
La casa di campagna che diventerà poi il quartier generale del gruppo, diventa una sorta di purgatorio, dove questi personaggi tentano di vivere la loro vita nel modo più normale possibile. Mentre attendono le loro visa o modi meno legali per espatriare.
Tuttavia, alcuni dei momenti sereni dei personaggi a volte sembrano essere fuori luogo, quando si pensa che queste persone sono ricercate e rischiano la morte da un momento all’altro. Sembra molto strano, infatti, vedere gente che rischia di essere segregata in campi di concentramento, organizzare una festa in una villa. Però forse il punto della serie è proprio questo. Parliamo di artisti, e la serie ci ricorda che l’artista, per natura, trova la sua espressione proprio nei momenti più bui. Non mancano infatti le storie d’amore: protagonisti Mary Jane e Albert, e dall’altra parte Varian e Thomas. Storie che sì, intrattengono, ma allo stesso tempo risultano vagamente banali, rispetto ad altre storie che rimangono segregate al background.
Transatlantic: in conclusione
Dal punto di vista estetico la serie non delude. La villa è surreale, sembra quasi uscita da un sogno, e gli artisti la abitano come personaggi di un film surrealista. La rappresentazione di Marsiglia è meravigliosa, come lo sono anche i costumi massimalisti di Mary Jane.
La pericolosità dell’epoca in cui i nostri personaggi si muovono la si percepisce come un’aura. Forse Transatlantic vuole ricordarci che il bello, la gioia, la vita, si possono trovare anche nei momenti più bui. Riesce a farlo navigando anche temi più dark, senza diventare irrispettosa verso l’epoca che sta raccontando. Un inno alla vita e all’arte durante uno dei periodi più bui dell’umanità.