Cosa vuol dire essere poeti (ancora) oggi. Il pugliese Cosimo Damiano Damato, già regista di film d’animazione (La Luna nel deserto) e di vari readings teatrali (Africane ed Orland-Cavalieri per amor cortese), entra nella casa sui Navigli della poetessa Alda Merini per provare a raccontarcelo. La grande autrice (ma il termine è riduttivo), uno degli ultimi pilastri della cultura italiana del Novecento, si svela in modo puro e leggero. Dal dono della poesia, al rapporto con il misticismo, alla musica, all’esperienza del manicomio, amori dati e negati, molte piccole fette del suo privato vengono generosamente offerte allo spettatore e al regista che tacito ascolta (e si commuove). Tra ironia e parole sofferte, la Merini legge alcuni suoi testi (..Io sono l’acqua che si genuflette/davanti la montagna del tuo amore), suona il piano, alternata alla voce sublime di Mariangela Melato che scorre sugli stessi (e su altri) versi, e a quella del regista che a tratti interviene per chiedere o essere complice di un racconto così intimo. La fotografia è sgranata, resa immobile dagli scatti fotografici di Giuliano Grottini o da vecchie foto che sono accenni alla letteratura italiana che fu. Una vera donna sul palcoscenico, tra fogli sparsi e le immancabili sigarette. In tre anni di frequentazione e molti rifiuti, Damato raccoglie tutta la passionalità della poetessa, ne resta piacevolmente coinvolto, fino a commuovere anche lo spettatore. Un documentario necessario, presente a Venezia 2009 per le giornate degli autori.
Natasha Ceci