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‘Clerks III’ di Kevin Smith la recensione

Una dark comedy fedele alla demenzialità neo realista delle origini in un film non necessario

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In Clerks III Kevin Smith richiama il vecchio cast per una reunion, dopo il secondo capitolo datato 2006, che è un punto e un addio sulle vicende di Dante e Randal. Nel cast ritroviamo lo stesso Smith e i protagonisti Brian O’Halloran e Jeff Anderson, con Rosario Dawson in una parte minore rispetto a Clerks II. L’opera, prodotta dalla casa di produzione di Smith, la View Askew Productions, e distribuita dalla Lionsgate, è disponibile da noi su Chili.

Il Trailer

 

Questione di infarto

In conseguenza di un infarto che ha colpito Randal, quindici anni dopo le vicende del primo sequel, la vita del minimarket subisce una sferzata che costringe Dante e l’amico a riflettere su chi sono e su dove sta andando la loro vita. Randal decide di dare un senso alla propria scrivendo una sceneggiatura e ambientandola all’interno del Quick Stop. Dante invece, mentre cerca di aiutare l’amico, fa fatica a superare il fantasma di Becky e della figlia morte in un incidente stradale anni addietro.

 Randal e Dante in versione adulta

La prima sensazione vedendo le scene iniziali è quella del capitolo conclusivo. Anche se inizialmente Smith insiste col riproporci una dimensione dei due commessi che tra partite di hockey e musica punk tentano di riportarci la dimensione leggera e scanzonata mood ’90, è chiaro che la decisione del regista indipendente è quella di mettere la parola fine sulla coppia Dante/Rendal in maniera definitiva. E lo fa attingendo al proprio vissuto, visto che ha subito un reale attacco cardiaco nel 2018.

Il cinico combina-guai Randal , tra le troppe citazioni di Star Wars, vede nella possibilità tragica di lasciarci le penne lo specchio riflesso della sua vita vuota, senza legami e circoscritta nei pressi del Quick Stop di cui è diventato co-proprietario con Dante dopo la parentesi al fast food Mooby’s. Uno dei pochi meriti del film sta nell’aver dato ai protagonisti un’evoluzione che aspettavamo già nel secondo film. Smith mette Dante e Randal dinnanzi al loro approccio alla vita da spettatori facendoli uscire dalla sindrome di Peter Pan, e cinematograficamente da quella di Scemo & più Scemo che aveva contraddistinto il film cult e il suo sequel.

I Demoni di Dante, il meta cinema di Randal

Clerks III è diviso tra due piani orizzontali che tendono ad unirsi atto dopo atto. Perché mentre Randal gioca a fare Tarantino con Jay, Silent Bob, ed Elias, è Dante che vive la maturazione e l’introspezione maggiori. Nel dialogo con il fantasma di Becky tra sogno e realtà, Dante è dei due protagonisti quello che sente di più il peso del ricordo e di una vita che aveva e che non può più tornare.

Il personaggio della Dawson cerca in tutti i modi di farlo rimanere attaccato alla vita, ricominciando il sentiero che l’incidente aveva interrotto. Ma Dante dal canto suo si sente e si vede inadatto nei panni del commesso senza meta. Fa fatica a immaginare e a continuare una vita tra cibo d’asporto e film da nerd incallito. Come ripete spesso nel film e nel confronto finale con l’amico Rendal, lui una vita l’aveva e ora nulla sembra avere più senso.

Le velleità, molto presunte, registiche di Randal portano lo spettatore nella costruzione di un vero film indie. Rientra nella demenzialità e nell’irrealtà la riuscita sequenza di star affermate come Ben Affleck e Sarah Michelle Gellar che fanno un vero provino davanti a Randal per ottenere la parte nel film. Alla fine quest’ultimo, come tutti i registi autori che si rispettano,  decide di interpretarlo lui stesso assieme a Dante.

Per la prima volta sentiamo la voce di Silent Bob, il quale fa emergere tutto l’egocentrismo di Smith che con il narcisismo che contraddistingue i grandi director indirizza Randal sulla fotografia in bianco e nero da usare, proclamandosi operatore del film anche perché la videocamera è sua.

Clerks III e la nostalgia canaglia di Clerks

A ben vedere, oltre la conclusione della storyline d’amicizia tra Randal e Dante, il terzo e ultimo capitolo è anche un film su Clerks. Randal è un improvvisato alter-ego dello stesso Smith e Clerks III diviene il racconto di come il film cult è stato concepito. Il regista cerca di riprodurre le stesse difficoltà produttive che hanno caratterizzato il film d’origine. Adotta il bianco e nero e non a caso gira il film nello stesso negozio in cui il medesimo Smith lavorava. Nella riconciliazione ultima tra Dante e Randal sul capezzale del primo, Smith sostituisce il girato del film di Randal con le vere scene del primo film in un’autocitazione di se stesso e della sua creatura.

Un film grottesco e non necessario

Come molte operazioni revival, Clerks III subisce lo stesso fascino di ciò che non può essere evitato più per amore e riconoscenza verso il View Askewniverse (l’universo cinematografico di Smith) che altro. Il grottesco, e il politicamente scorretto, il linguaggio sboccato, funzionavano su Randal e il Dante di vent’anni fa. Ma come loro stessi ammettono, hanno passato i cinquanta, e vederli oscillare tra redenzione dell’età adulta e linguaggio nerd anni ’90 risulta troppo spesso fuori contesto.

Il lascito dei commessi di Smith

Ciò che il regista di Dogma cerca di dirci concludendo la saga di Dante e Randal , è che alla fine crescere è un passaggio fondamentale anche per irrimediabili fan di Star Wars come i commessi del Quick Stop. E mentre la carrellata all’indietro allontana un Randal solo e il fantasma del suo miglior amico Dante, Smith riprende in totale la quotidianità dell’ultimo clerk. La lontananza dalla vita nel chiuso del suo minimarket.

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