Ospite d’onore del Florence Korea Film Fest 2023 è stato il pluripremiato regista Bong Joon-ho che ha intrattenuto il numeroso pubblico del cinema di Firenze La Compagnia. Un tutto esaurito nel giro di pochissimi giorni, l’incontro con Bong Joon-ho si è tenuto il pomeriggio del 6 aprile 2023 alla presenza di tanti giovani e tanti interessati al cinema, soprattutto sud coreano.
Dopo gli iniziali ringraziamenti e la consegna dei premi della città da parte delle istituzioni, Bong Joon-ho ha risposto alle domande dei presentatori e, al termine, di alcuni dei presenti.
La masterclass di Bong Joon-ho a Firenze
«Spesso nelle interviste cito due film, Psycho e Ladri di biciclette. Li ho visti da piccoli, negli anni della formazione e ho provato fin da subito una grande fascinazione per questi due film. Visti rispettivamente all’età di 9 e 10 anni li ricordo, ancora oggi, molto bene. Il film di De Sica mi è rimasto impresso perché lo collego al fatto che avevo ricevuto, proprio all’età di 9 anni, una bicicletta che poi mi è stata rubata dopo un mese. Quindi lo collego soprattutto a questo concetto più che al neorealismo. Psycho, invece, mi colpì subito perché ha un flusso della storia che non fa capire dove si andrà a parare e mi ha fatto nascere uno shock che continua ancora oggi. Poi sono entrambi film in bianco e nero, ma io il sangue che colava in bagno lo ricordo rosso».
Nel corso dell’incontro Bong Joon-ho ha poi parlato degli attori con i quali ha lavorato, tra cui anche Park Hae-il, al quale il Korea Film Fest 2023 ha dedicato un omaggio proprio in questa edizione.
«Se andiamo a vedere lui è davvero meraviglioso, sembra un cerbiatto. Ma sembra anche psicopatico ed è una benedizione avere questo dualismo intrinseco per un attore. Non a caso mi ha “aiutato” in Memories of murders perché molti, vedendolo, pensavano che fosse lui il colpevole. Lui stesso mi ha telefonato una sera, durante le riprese, per chiedermi se fosse colpevole o innocente».
Le produzioni straniere
Tra le domande fatte al regista anche una sul rapporto con una produzione americana e sull’influenza di questa nella realizzazione di Parasite. A detta dell’autore sud coreano non ci sono state grandi differenze, solo alcune a livello di staff, attori e regolamenti, soprattutto relativamente ai minori.
«Sicuramente mi ha aiutato tutto questo con Parasite che è stato come tornare a casa dopo 9/10 anni. Finalmente potevo controllare ed equilibrare tutto senza problemi di lingua o di cultura».
Altra questione quella sulle disuguaglianze sociali, uno dei grandi temi coreani. «Io sono solo una singola parte di tutto il cinema e non riesco a vedere la foresta. Penso che anche il cinema italiano riesca ancora a trattare questo tema. Ai tempi in cui studiavo cinema ho visto tanti film che parlavano di politica, da Elio Petri a Marco Bellocchio. Mentre tra i giovani contemporanei mi piace molto Alice Rorhwacher che con il suo Lazzaro felice mi ha colpito molto».
Lo spazio per Bong Joon-ho e in Parasite
A proposito del contrasto tra l’orizzontalità di Snowpiercer e la verticalità di Parasite Bong Joon-ho si è definito un regista che «si diverte a pensare come organizzare gli spazi cinematograficamente. Preparando Parasite, sin dalla scrittura della sceneggiatura, ho avuto tanto da riflettere sulla verticalità, quindi era impossibile non inserire le scale. Poi c’è anche una battura precisa in riferimento a questo».
Altro aspetto da analizzare di Parasite è il fatto che il 90% del film sia ambientato all’interno delle case.
La casa della famiglia ricca è tutta costruita sul set, quella della famiglia povera ricostruita dentro una piscina.
La mano del regista sud coreano
Un regista che lavora molto con gli storyboard.
Da piccolo mi piaceva disegnare i cartoni.
Bong Joon-ho disegna i propri storyboard personalmente, «così mi illudo di essere un disegnatore di cartoni animati» perché si sente insicuro. «Poi comunque quello faccio è una specie di paradosso: cerco di essere fedele allo storyboard però concedo anche libertà agli attori».
E inevitabile è stata una domanda sul nuovo film. «L’anno scorso siamo stati in questo set a Londra. Non ho avuto difficoltà a riabituarmi dopo Snowpiercer e anche stavolta ho fatto io lo storyboard. Mickey 17 sarà un film di fantascienza, ma capirete immediatamente che l’ho realizzato io perché si riconosce il mio stile. Ci sono personaggi buffi, goffi, stupidi».
Le domande del pubblico di Firenze a Bong Joon-ho
Spazio, poi, sul finire, alle domande da parte del pubblico.
La prima sull’uso della musica ha permesso a Bong Joon-ho di citare Gianni Morandi e la sua In ginocchio da te che, nonostante la tematica, è inserita in una scena che è l’esatto opposto.
Poi una domanda sull’ispirazione che a volte arriva a parole, altre attraverso le immagini.
Non ho nessuna filosofia, lavoro ogni giorno con impegno.
E poi ancora sulle sceneggiature, alle quali lavora più volte, dando tutto nella prima versione e aggiungendo poi dettagli nella seconda e terza stesura, ha rivelato che, per esempio, per Parasite non aveva in mente all’inizio la conclusione.
La terza famiglia non esisteva da subito. Ho avuto l’idea di inserirla tre mesi prima di girare il film.
E sul successo del suo film Bong Joon-ho ha rivelato di non essere partito dall’idea di fare un film sociale.
Nessuno può evitare di sentirsi parte delle classi sociali, per questo penso abbia avuto tutto questo successo.