Le Lycèen. Ultima proiezione, in cartellone del “Rendez-Vous” il Festival dedicato al Cinema Francese, al Nuovo Cinema Sacher di Roma. Ospite della serata conclusiva il protagonista, Paul Kircher.
“Mi chiamo Lucas, sono un liceale, ho diciassette anni ma sento di non essere più io”. Inizia così il racconto intimo e struggente de Le Lycèen (2022). Presentato in anteprima al Toronto International Film festival del 2022 e fuori concorso al quarantesimo Torino Film Festival. Occhi trasparenti e un sorriso che arriva dritto al cuore. Lucas è un doloroso giovane Werter che, come ogni adolescente, tenta disperatamente di districarsi in un mondo che non sempre riesce a comprendere. Il film più autobiografico di Le Lycèen (“L’Hotel degli amori smarriti” 2019), così come più volte ha dichiarato l’autore, gronda della sua adolescenza e di antichi furori, ma non intende in alcun modo abbandonarsi alla nostalgia.
Le Lycèen il giovane attore si racconta
Un fiume in piena il giovanissimo attore che racconta con entusiasmo, al termine della proiezione, quanto sia stata intensa la sua esperienza sul set, al fianco di Honoré: ”Ha un modo molto personale di dirigere gli attori, racconta. Ci ha lasciato tanta libertà e questo mi ha sorpreso: la sua estrema fiducia in noi interpreti. Credo fosse già sicuro del risultato dall’inizio, quando ci ha scelti. É stato importante girare con lui i primi giorni, conclude. Cristophe ha interpretato il padre e la sua presenza sul set, come attore e non solo come regista, mi ha aiutato a comprendere cosa volesse da me”.
La vita dell’adolescente Lucas è sconvolta bruscamente dalla morte del padre, rimasto ucciso in un incidente…forse un suicidio. Un racconto di formazione in cui l’evento tragico, la scomparsa violenta del padre, dà inizio al duro passaggio all’età adulta segnato da una linea d’ombra, difficile da varcare ma inevitabile. Una volta superata questa soglia non è più possibile tornare indietro per Lucas.
Sua madre (unica figura femminile del film, interpretata da Juliette Binoche) è devastata dalla perdita e diventa per il figlio una creatura indifesa da proteggere. Il rapporto conflittuale, a volte aggressivo, con il fratello Quentin (Vincent Lacoste, al quarto film con Honoré) è profondo e tenerissimo. In preda a dicotomie strazianti, il ragazzo è diviso fra il suo amore carico di rabbia per il genitore che lo ha tradito morendo e il desiderio di controllarlo e indirizzare i suoi passi.
Un diario intimo
Anche in questo diario intimo (dedicato a suo padre) torna il rigore espressivo di Honoré e la sua radicalità di messa in scena. Sebbene due ore siano fin troppe per una narrazione che a volte incespica in ridondanze, il cinema di Honoré è talmente sincero e spiazzante da farsi perdonare talune esitazioni. La tenerezza e la fragilità dell’adolescenza sono al centro del racconto del regista. E così, il viaggio a Parigi con il fratello Quentin, l’amicizia tenera con Lilio e l’attrazione sentimentale che prova per lui innescano la crisi e l’inevitabile cambiamento.
Sebbene, la storia sia ambientata ai nostri tempi, Honoré si concede alcune licenze poetiche soprattutto nella scelta della colonna sonora. Un tuffo negli spensierati anni ’80. Un testo su tutti: l’irresistibile Enola Gay degli Orchestral Maneuvers in the Dark. La musica è una componente importante nella rielaborazione del suo lutto.
E i versi della canzone Conchiglie, che strimpella dolcemente Lillio, sembrano impartire una lezione: “Non ti sei fatto male/Proprio come pensavo/Vedi, non serve a niente/Ripararsi dal vento/Siamo solo conchiglie/Sparse sulla sabbia/Niente potrà tornare/A quando il mare era calmo”.
Sopravvive chi riesce a reinventarsi e rinascere con una nuova coscienza di sé; ognuno cerca di uscire dal vortice come può.