Next door di Yeom Ji-ho è una commedia thriller presentata in Italia al Florence Korea Film Fest, prodotto da KAFA e distribuito da Fine Cut. Una interpretazione convincente di Oh Dong-min, accompagnato da Choi Hee-jin e Lee Jung-hyun.
Un film semplice in termini di produzione, costruito presumibilmente con un budget limitato, ma con grande attenzione alla scrittura. Risulta qui la forza di un prodotto d’esordio indipendente ed esuberante.

Next door, la trama
Chan-woo (Oh Dong-min) sta provando per il quinto anno di fila l’esame di ammissione all’accademia di polizia. La sera prima della scadenza, così squattrinato da non potersi permettere la tassa d’iscrizione, chiama un vecchio amico per un piccolo prestito. Questi, per tutta risposta, lo invita fuori per una bevuta con gli amici. La serata però finisce con troppo alcool, e Chan-woo si risveglia alla mattina con un hang-over da oblio, e…di fianco a un cadavere. Inoltre, è nell’appartamento della vicina e non ricorda nulla di quello che è successo.
Nel fuggire, lascia il cellulare ed è costretto quindi a ritornare nella casa del morto. Ma da quel momento si trova combattuto tra il fuggire nuovamente e l’indagare (con le sue scadenti doti da detective) su cosa sia effettivamente accaduto quella notte e su chi siano vittima e colpevole del lago di sangue sul pavimento.
What is real? It’s about belief!

La claustrofobia nel thriller
Disturbante, oppressivo, esilarante. Surreale al limite.
Next door si svolge tutto in un monolocale coreano, fatta eccezione per un paio di brevi sequenze. Il regista gioca con il claustrofobico spazio di forse venti metri quadrati, con l’obiettivo che si attacca strettissimo al personaggio perché talvolta non ha davvero altro posto in cui stare. Gli spazi non fanno che restringersi nell’avanzare della storia e della confusione, e l’attesa viene ciclicamente interrotta da rumori improvvisi che fanno sussultare.
Malgrado la location, la scena finale è dinamica e tesissima: si spera che tutto si infili senza troppe conseguenze per questo poveretto, che tra l’altro voleva pure stare dalla parte dei giusti. Lo spazio succinto favorisce inoltre l’alternarsi tra il thriller e il comico, che a sua volta gioca a favore della verosimiglianza di tutto l’incidente.
Yeom Ji-ho, che al suo personaggio si rivolge con amorevole attenzione, ci teneva a veicolare un monito alle tremende abitudini alcoliche coreane; e parallelamente, alla minacciosa attrazione verso le cripto-valute, che in Corea ha portato allo sbando diversi giovani.

Oh Dong-min e il suo one man show
Oh Dong-min gioca per un’ora e mezza con se stesso e le sue doti attoriali. Il personaggio di Chan-woo passa dalla vita miserabile al momento di semi-gloria, nel suo goffo tentativo di venire a capo del mistero, solo per lasciarsi infinocchiare dalla bella vicina di casa (Choi Hee-jin).
La recitazione mutevole di Oh Dong-min è la chiave di volta di una sceneggiatura a tratti grottesca. Il tizio è totalmente incapace di ragionare lucidamente, essendosi trovato nel mezzo di un delirio inimmaginabile. Ma poi ci prova perché DEVE tornare alla sua vita e iscriversi a quell’esame che è quasi un’ossessione. Chan-woo è un babbeo, tanto quanto attento osservatore e motivato giustiziere. Come si fa a non volergli bene!
I momenti di tensione convincenti, stipati in una stanza, quando la verità non è nota neanche al pubblico, non hanno limitato Yeom Ji-ho. Il regista esordiente è stato capace di creare situazioni ilari, che avvicinano il pubblico al protagonista, quasi a volerlo schiaffeggiare e farlo riprendere dalla sua ingenuità. Ed ecco che quell’amorevole attenzione che la padrona di casa gli dedica, che il regista gli riserva, coinvolge anche lo spettatore.
Sorridere in Next door è piacevole disturbo, ma del tutto atipico se sul pavimento c’è un cadavere con una pozza di sangue!
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