Monumento alla decadenza. ‘Memento mori’ di Casanova e Toni Servillo al Bifest
Il nuovo film di Salvatores è una disamina sulla vita, il cinema, la vecchiaia e il fascino del 'delabrè'. Toni Servillo con Bentivoglio, in chiave Casanova, sono più capricciosi e fascinosi che mai.
Dal 30 marzo al cinema e in anteprima al Bifest di Bari, Casanova è il nuovo film di Gabriele Salvatores
“Sai cosa disse una volta Hitchcock? Per voi quello che ho fatto è soltanto un film. Per me invece è tutta la vita”
La recensione
“Nulla è più fugace della forma esteriore che appassisce e muta come i fiori di campo, all’apparir dell’autunno”
Severino Boezio
Sdoppiato tra la vita e il cinema, uno in bianco e nero e l’altro a colori, come è giusto che sia, il percorso visivo di Il ritorno di Casanova, (tratto dall’omonimo testo di Schnitzler, (non la cotoletta, né la sindrome), ma il drammaturgo viennese, quello di Doppio sogno e grande ispiratore di Freud), assurge a sé tutta la malinconia di un fiore che sta per appassire.
Ma anche la poesia dello sfiorimento, la nostalgia della vanitas, quando questa venga eseguita di pari passo a maturità, saggezza, esperienza, fascino.
Proprio come un vaso di fiori di Manet o una poesia di Emily Dickinson: “Mi nascondo – nel mio fiore, | perché mentre appassirà nel tuo Vaso – | tu – senza saperlo – sentirai per me – | quasi – una malinconia”, la natura morta, ha da sempre attratto menti sensibili.
Come in questo caso dove i temi di morte, vecchiaia, solitudine, misti ad elementi autobiografici di Salvatores, (che racconta di aver appreso di dover morire per uno sbaglio di diagnosi), generano riflessioni profonde su paure esistenziali ed ipocondrie che, sommate, producono un film certamente autentico e a tratti ironico.
Il tutto viene eseguito con contorni sfuocati, fuori fuoco, blurred, per imprimere la sensazione di sogno e opalescenza lattiginosa.
In un’epoca in cui prevale il corpo sempre tonico, scattante, perfetto e la sua orrenda turgidezza, fotografata, allarmantemente volgare, in forme, rotondità e pantagrueliche remise en forme, un film sull’appassimento di mente, cuore e corpo, sembra quasi anacronistico.
Invece no!Perché?
Primo. Perchè il film emana poesia ed è scritto con intelligenza. I dialoghi sono incisivi e sottili e ben farciscono una imbottitura fotografica adamantina nei bianchi e neri, (merito di Italo Petriccione) che colpisce per lucidità ed angoli di osservazione. Anche inaspettati.
Da essa si entra e si esce nei colori della pellicola ‘di e su Casanova’, quella che si sta creando al montaggio. Insinuandosi e sortendo dal film nel film, in cui il meta-film diviene un omaggio onorario e certo al cinema. Forma d’arte unica e autentica di salvezza. Coadiuvata da citazioni d’arte 700centesche, Tiepolo, one for all.
Secondo. La realtà dei fatti è che un vecchio cerca la gioventù per sentirsi vivo. Ma è anche vero il contrario. Che la gioventù ha bisogno dell’esperienza per germogliare. Il chiasmo tra le due realtà produce saggezza e bellezza. Anche di questo parla il film. Forme diacroniche di amore.
Terzo. I luoghi, gli ambienti, di Rita Rabassini, dipanati tra antico e moderno, castelli e attici, oltre che proni al super-contemporaneo – vedesi la tecnologia che infarcisce e inonda le vite, le case della gente, fagocitandole, crea una tensione propria e inaspettata.
Il regista racconta infatti che la sua casa domotica, troppo tecnologica, gli ha impedito di accendere la luce per due anni, contribuendo ad aggiungere spesso anche ironia a un film che è perlopiù profondo.
Ai luoghi si aggiungono poi impeccabili, i costumi di Patrizia Chiericoni.
Girato a Milano e spesso nello splendido Hotel de Milan, il film anche nelle altre locations, tra cui i canali di Venezia, le ville, i giardini sontuosi è un polmone di verde, architetture e bellezza.
Il sofisticato montaggio In e Out di Julien Panzarasa, già costruttore del capolavoro Jeeg Robot, subisce un fascino estero, rendendo il Ritorno di Casanova un film quasi francese e comunque internazionale nell’approccio visivo. Esso diviene verticalmente ipnotico nei suoi sdoppiamenti, con e senza colore, che riecheggiano, a livello letterario, il famoso “Doppio sogno” di Schnitzler, in cui vita, realtà e sogno adombrano la metafisica. E la psicoanalisi.
Freud
In una lettera del 14 marzo 1922, questo scrisse Sigmund Freud su Schnitzler: «Il Suo determinismo come il Suo scetticismo – che la gente chiama pessimismo – la Sua penetrazione delle verità dell’inconscio, della natura istintiva dell’uomo, la Sua demolizione delle certezze convenzionali della civiltà, l’adesione dei Suoi pensieri alla polarità di amore e morte, tutto ciò mi ha commosso come qualcosa di incredibilmente familiare.»
E si potrebbe dire esattamente lo stesso di questo nuovo film.
Unico neo
Se proprio si dovesse trovare un neo, esso sarebbe un appuntino sulle scelte musicali. Queste per correità e corrività risultano compiacenti e sembrano appiattire tutto il resto, che si staglia invece, a differenza loro, per originalità di scrittura e di idee.
Queste invece sono ampiamente motivate e alimentate dall’immarcescibile scrittura di Contarello che è quasi sempre una garanzia di un tuffo nell’assoluto e in quel precariato dell’umanità che tanto ci sta a cuore.
La sinossi
Leo Bernardi è un affermato e acclamato regista alla fine della sua carriera, che non ha alcuna intenzione di accettare il suo lento declino. Per la sua ultima opera, Leo ha scelto di raccontare il Casanova di Arthur Schnitzler, un personaggio incredibilmente simile a lui, più di quanto lui stesso possa immaginare.
Quello raccontato da Schnitzler è un Casanova che ha ormai superato la sua gioventù, i tempi di gloria sono andati: non ha più il suo fascino e il suo potere sulle donne, non ha più un soldo in tasca, non ha più voglia di girare l’Europa. Dopo anni di esilio, ha un solo obiettivo: tornare a Venezia, casa sua.
Nel suo viaggio verso casa, Casanova conosce una ragazza, Marcolina, che riaccende una fame di conquista che non sentiva da anni. Nel tentativo di sedurla, Casanova arriverà alla più tragica delle conclusioni: è diventato vecchio. Non è un caso se Leo Bernardi abbia deciso di raccontare questa storia proprio adesso, in un momento cruciale della sua vita e della sua carriera. Le inquietudini e i dubbi dei due sono incredibilmente simili. È più importante il Cinema o la Vita? Continuare a recitare il proprio personaggio o lasciarsi andare alle sorprese che la vita ti propone?
Il trailer
Il Cast e la produzione
Nel cast ottimi tutti gli attori, tra cui l’icastico Toni Servillo che ama l’incisiva Sara Serraiocco. Accompagnato da Fabrizio Bentivoglio, Natalino Balasso, Alessandro Besentini, Bianca Panconi e con la partecipazione di Antonio Catania. Tutti ottimamente diretti e in relazioni ottimali tra loro, persino le scelte visive sono congrue all’epoca e ai ruoli.
Una produzione Indiana Production con Rai Cinema, Ba.Be Productions ed EDI Effetti Digitali Italiani, in collaborazione con 3 Marys Entertainment, in associazione con BPER Banca S.p.A. ai sensi delle norme del tax credit, con il contributo di Regione del Veneto
Vuoi mettere in gioco le tue competenze di marketing e data analysis? Il tuo momento è adesso!
Candidati per entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi Drivers