Da oggi disponibile su MUBI il premiato film Tengo Sueños Eléctricos, opera prima nel lungometraggio della regista trentacinquenne costaricana Valentina Maurel, che si è fatta conoscere al Festival di Cannes nel 2019 col suo precedente lavoro, un cortometraggio intitolato Lucia en el Limbo.
Il film, presentato al Festival di Locarno 2022, si è aggiudicato ben tre premi importanti come il Premio per la miglior regia, quello per il Miglior attore (Reinaldo Amien Gutierrez) e la Miglior attrice (Daniela Marin Navarro).
L’età delle scelte difficili e della presa di coscienza del proprio corpo
Eva vive la fine del matrimonio dei genitori insieme alla burrasca ormonale che l’accompagna alla vigilia dei suoi sedici anni. Il padre è un artista sfaccendato e afflitto da crisi esistenziali che lo portano a stati di frustrazione difficili da gestire.
La madre intende ristrutturare casa non appena l’ex consorte si decide a trovarsi una sistemazione indipendente.
Eva non vuole perdere il gatto che la madre non vuole ospitare nella casa una volta ultimata, anche perché l’animale, per la tensione palpabile tra le mura domestiche, fa pipì ovunque tranne dove dovrebbe.
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La giovane, turbata da una situazione familiare incandescente, decide, contro ogni aspettativa, di trasferirsi a vivere col padre, e per questo lo aiuta a trovarsi una nuova sistemazione.
Ma la giovane, ribelle e spigolosa, non è certo in sintonia con il modo di vivere di un uomo un p0′ alla deriva, alla ricerca di una ispirazione che latita e rende sempre più precaria la sua esistenza, sia in termini materiali che morali.
Tengo Sueños Eléctricos – la recensione del film
La talentuosa Valentina Muriel prosegue, con questo suo premiato primo lungometraggio, il viaggio esplorativo dell’adolescenza quando l’età adulta e il risveglio dei sensi rendono ingestibile e imprevedibile il comportamento dell’adolescente.
La Muriel incentra la sua analisi sul rapporto contrastato, ambiguo e anche un po’ sadomasochistico che la protagonista ha con il proprio padre. Un uomo, quest’ultimo, irrisolto, che ha perso molto di quanto aveva in precedenza, sia in termini di affetto che di autostima. Che si ripara dalla disperazione aggrappandosi a quello scampolo di ispirazione che ancora lo guida e lo ha reso qualcosa di simile ad un artista maledetto.
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Dopo il pluripremiato Aftersun di Charlotte Wells, o forse in realtà prima o almeno contemporaneamente se si confrontano le due opere in termini cronologici di produzione, il rapporto tra un padre ed una figlia sta al centro di uno snodo di sentimenti che nel film della Muriel danno vita ad un altro e decisamente più crudo tipo di rapporto tra genitore e figlia.
Un contrasto che assume anche connotati drammatici e persino violenti, reso assai poco nell’intimo, ma sentitamente provato a livello reciproco, come un vero rapporto destinato a durare e a segnare due esistenze apparentemente allo sbando.
Un film ben poco rassicurante (se si osa tentare un confronto con il più noto film della Wells), che vive del nervosismo isterico dei suoi due splendidi personaggi, resi con vigore e una prova attoriale davvero eccezionale da parte loro, giustamente premiati a Locarno con i due prestigiosi riconoscimenti.