Presentato alla Festa del Cinema di Roma 2022 e al Festival del Cinema Tedesco 2023, Rheingold è il nuovo film di Fatih Akin, dopo Oltre la notte (con cui vinse il Golden Globe per il miglior film straniero nel 2018) e tre anni dopo Il mostro di St.Pauli.
Il regista tedesco torna a raccontare storie di immigrati in Germania (come lo stesso Akin), cresciuti in luoghi socialmente complessi, in mezzo alla violenza e alla criminalità, attraverso la vita di personaggi alla costante ricerca di sè stessi e di redenzione. In questo caso il film ripercorre l’adolescenza travagliata e gli spostamenti internazionali di Giwar Hajabi, in arte Xatar, rapper curdo nato nell’Iran di Khomeini e cresciuto in Germania.
Rheingold: la trama
Nato in Iran nel 1981 da genitori curdi (il padre è il compositore Eghbal Hajabi), Giwar riesce a scappare dal paese con la famiglia, a seguito delle dure e violenti repressioni condotte da Khomeini contro i curdi iraniani. Dopo una prigionia in Iraq, la famiglia giunge prima a Parigi e in seguito a Bonn, dove si stabilisce e dove Giwar si avvicina alla violenza e alla criminalità, che lo porterà anni dopo ad avere contatti con la malavita di Amsterdam e a mettere in atto una rapina a un furgone contenete un carico d’oro.
La ricerca dell’oro
Giwar significa “nato dalla sofferenza”. Ed è una descrizione letterale, nel caso di Xatar, nato da una famiglia in fuga, in un paese che intraprese una vera e propria guerra contro il popolo curdo. La sofferenza è quella patita da Giwar, partorito in una caverna piena di pipistrelli durante un bombardamento (una genesi al tempo stesso supereroistica e profetica), ma anche quella da lui arrecata in particolare alla madre e alla sorella, con le sue scelte adolescenziali che lo avvicinano sempre di più al mondo criminale.
Tutto il suo tribolato cammino ha origine da quella sofferenza, che permea i primi ricordi da bambino cresciuto in una prigione, faccia a faccia con il dolore, l’oppressione e la morte. Un tormento che lo insegue per tutta la prima parte della sua vita, annebbiato dalle innumerevoli idee e pulsioni che lo spingono a non trovare mai pace e a dover viaggiare costantemente, muovendosi contro un destino che sembra segnato.
Una commistione di generi
La frammentarietà, i continui spostamenti di Giwar e la sua mancanza di stabilità sono resi da Fatih Akin attraverso un incessante salto tra generi cinematografici diversi. Se all’inizio Rheingold sembra orientarsi verso i canoni del dramma carcerario prima e sociale poi, in seguito spazia tra il thriller e l’heist movie. Ma è l’anima del gangter movie a essere predominante, attingendo alla classicità del racconto (quella dei vari Scarface, Piccolo Cesare, Nemico pubblico) in cui un giovane immigrato cresce in ambienti colmi di violenza sino ad avvicinarsi alla criminalità, tendando di farsi strada con approcci avventati e ambiziosi, sino a mettersi nei guai con i boss più potenti.
A fare da collante ai vari momenti del film e alle peripezie del protagonista è la musica. Quella del padre (che lo accompagnerà per sempre), quella rap, di cui si innamora e che lo spinge a tentare di fondare una propria etichetta e a registrare il suo primo brano, Number 415, in prigione, e soprattutto la musica di Richard Wagner, L’oro del Reno, che accompagna l’arrivo della famiglia Hajabi a Bonn e che dà il titolo al film.
Il dramma musicale del compositore tedesco, una delle quattro parti del Der Ring des Nibelungen, diventa una sorta di scheletro del racconto, evocato da quella ricerca dell’oro (potere, violenza) che diviene poi letterale con il furto (ma i riferimenti sono anche all’oro bianco, la cocaina, e alla scritta “oro planteado” sulle casse delle bottiglie che devono trasportare) che compromette tutto e che porta solo a una maggior sofferenza. Ma il vero oro si rivela la stabilità che tenta finalmente di raggiungere Giwar tramite il suo primo disco.