Aron Lehmann è il regista del film Quel che si vede da qui, presentato al Festival del cinema tedesco 2023.
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La genesi del film di Aron Lehmann
Com’è nata l’idea per questo film? Conoscevi già il libro dal quale hai tratto il film?
No, non lo conoscevo. Sono stato coinvolto dai produttori che hanno acquistato la licenza per portare sullo schermo la storia raccontata nel libro. Mi hanno chiesto se ero interessato a leggerlo perché cercavano un regista, ma anche un autore e uno sceneggiatore. Volevano qualcuno che ricoprisse questi ruoli.
Ho letto il libro, che ho amato, e realizzare il film è stata una vera e propria sfida. Ho amato il tono del racconto e la storia, anche perché non era una storia classica. E ho capito subito che si trattava di una sfida fare un film su questo perché sarebbe stato diverso sullo schermo rispetto al libro. Ma, nonostante questo, ero emozionato e interessato.
Ho incontrato l’autrice del libro, Mariana Leky, e abbiamo avuto, insieme, la sensazione di voler creare un linguaggio. Ci siamo aiutati e, alla fine, ho chiesto la sua approvazione prima di consegnare lo script ai produttori e ai distributori. La sua approvazione era importante perché ho dovuto cambiare molte cose, ma ho voluto comunque mantenere il tono della storia originale.
Tempo e coraggio
Non ho letto il romanzo, ma credo non sia stato semplice mescolare presente, passato e futuro nel film. All’inizio non si capisce cosa sta succedendo, ma poi, grazie alla tua regia, si comprende l’azione dalla quale scaturisce tutta la storia e si riesce a seguire con più facilità la protagonista e il susseguirsi degli eventi. Quindi credo che il tempo sia uno degli elementi chiave di questa commedia. Sei d’accordo?
Sì, la storia nel libro copre un arco temporale di 20 anni ed è davvero epica. Sapevo che avevo 90/100 minuti di tempo sullo schermo. Come hai detto, il tempo è importante e il tempo della storia e del racconto era fondamentale per me.
Ho deciso di raccontare la storia di quando Luise è bambina solo per due giorni e poi mi sono concentrato su quando è grande. E nelle piccole finestre ho cercato di inserire il discorso dell’okapi, a volte anche in spazi in cui, sul momento, non si comprende. Ma l’ho inserito comunque per poi farlo capire dopo e far capire le conseguenze. Conseguenze che domani, o tra alcuni anni, possono avere ripercussioni.
Tutto quello che si fa ha delle conseguenze, sia nella sua dimensione che in generale. Qualcosa di piccolo può diventare qualcosa di grande e qualcosa di tragico può diventare bellissimo fuori da quel contesto. Si sente il vuoto, ma si può creare qualcosa di bello e di nuovo.
A un certo punto del film c’è una frase il coraggio è la chiave del successo. Pensi che questo sia un film coraggioso? E credi di essere anche tu un autore coraggioso? Sicuramente il fatto di esserti cimentato con una storia del genere, tutt’altro che facile, mi fa propendere per il sì.
Sicuramente è stato un rischio fin dall’inizio, anche se i produttori erano felici e dalla mia parte, perché sapevamo che questo non era uno script classico, composto da tre atti complessi. Era un esperimento; non potevo promettere loro di riuscire nell’impresa.
Vorrei citare un mio amico, che è anche un attore tedesco famoso, Thorsten Merten, che ha recitato in tutti i miei film e in questo appare con un ruolo più marginale. Quando ero un giovane studente mi disse anche se qualcosa può sembrare uno schifo può comunque diventare grande. Significa che devi rischiare qualcosa per ottenere qualcosa di meraviglioso. Se non osi non succede niente. E ti annoi. Si può anche sbagliare, ma meglio sbagliare piuttosto che annoiarsi.
Le ispirazioni
Hai avuto delle ispirazioni per realizzare questo film? A me, guardando il tuo film, oltre a Aron Lehmann, sono venuti in mente Wes Anderson, Il favoloso mondo di Amélie e Sliding Doors.
Sicuramente ci sono state delle ispirazioni, anche se inconsapevolmente.
Capisco quello che vuoi dire, ma credo che il riferimento a Wes Anderson sia solo per quanto riguarda gli aspetti tecnici e stilistici. Amo i film di Wes Anderson e anche Amélie, che mi ha ispirato in parte, soprattutto per come fare a spiegare questo mondo senza perdere troppo tempo.
Ho visto Amélie e altri film simili, ma non ero interessato a fare una copia. Wes Anderson, per esempio, ha un modo diverso di lavorare con gli attori rispetto a me. Lui è più artificiale. Amo quello che fa, ma io provo sempre a rendere i miei attori più trasparenti. Cerco sempre emozioni, mi piace lavorare anche con l’improvvisazione e questo non ha niente a che vedere con Wes Anderson. Ma, allo stesso tempo, certamente parla un linguaggio che amo.
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Insomma, a volte non so quali sono le mie ispirazioni, ma il nostro stile in generale ha qualcosa di quello che amiamo e facciamo ogni giorno.
Aron Lehmann e il cinema tedesco
Non posso non farti una domanda sulla recente vittoria di Niente di nuovo sul fronte occidentale agli Oscar. Cosa ne pensa Aron Lehmann? Ma, soprattutto, cosa pensi del cinema tedesco adesso nel mondo e cosa significa questa vittoria?
Prima di tutto bisogna dire che Niente di nuovo sul fronte occidentale non è un film per il cinema, ma per uno streamer. Penso che si tratti di qualcosa di nuovo ora nel nostro mondo. Il fatto che gli streamer abbiano grandi ruoli nel fare film che sono per il piccolo schermo è una novità.
Penso che siano tempi duri per il cinema oggi. Non è un momento facile fare film per il cinema perché non è così facile avere il pubblico in sala. Netflix significa semplicemente cliccare su un pulsante e credo che noi, invece, abbiamo bisogno di tornare indietro e consumare la nostra arte insieme. Anche perché si tratta di qualcosa di speciale: essere in un luogo insieme e parlare del film alla fine della proiezione e sentire l’arte insieme al pubblico. Penso sia meraviglioso. I cinema sono qui per i film, i film per il cinema e noi dobbiamo credere che i cinema mostrino qualcosa per cui le persone possano dire è qualcosa di speciale.
Purtroppo abbiamo perso la fiducia nei film. Ora i titoli hanno 2/3 settimane per ottenere visibilità, poi vengono tolti dai circuiti. Dobbiamo lottare di più per i film e selezionare i migliori da vedere al cinema. Perché quando si va in sala bisogna vedere qualcosa di speciale e unico.
Non c’è un posto migliore per guardare il film se non quando si abbassano le luci e tutti stanno in silenzio in sala.
Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli