Al suo esordio nel cinema italiano Isabella Nefar è protagonista insieme a Jasmine Trinca di un confronto all’ultimo respiro, ad una sorta di “Eva contro Eva” in cui le ragioni personali si mescolano alle urgenze della Storia.
L’attrice italo-iraniana Isabella Nefar è la co-protagonista di Profeti di Alessio Cremonini.
Il film è distribuito da Lucky Red.

Foto di Paolo Palmieri
Profeti, tra gli altri temi, affronta quello per certi versi indicibile quale è quello della conversione religiosa. Un argomento tanto delicato quanto difficile da mettere in scena. Secondo me Alessio Cremonini ci riesce proprio perché evita di dare risposte. Mi chiedevo invece se tu per interpretare Nur qualcuna te la sei data?
Sì, credo che l’idea di Alessio era di non dare alcuna risposta di fronte a un’esperienza oltremodo personale. Piuttosto penso che lasci lo spettatore libero di capire il motivo per cui Jasmine lo fa: se sia spinta dalla paura o da un improvvisa illuminazione, oppure semplicemente per un qualche tipo di complicità con Nur.
Penso però che il risultato delle vostre interpretazioni dipenda in qualche modo dal pensiero che vi siete fatte a proposito del modo in cui i vostri personaggi partecipanti a questo processo.
Avevo in mente alcune cose, altre le ho ricavate dal testo, per come Alessio ha scritto il personaggio di Nur. Non so come hanno fatto i provini le altre attrici, ma la mia intuizione era di mostrare Nur molto centrata nelle sue decisioni, nel suo credo. Ho pensato a lei come a una Giovanna d’Arco contemporanea a cui in certi momenti sei anche portata a dare ragione. Quando dice a Sara, “Tu sei una giornalista che viene in Medio Oriente dopo aver vissuto un po’ in Egitto. Pretendi di raccontare la Guerra Santa invece di mostrare le moschee bombardate dagli eserciti occidentali”, capisci di essere di fronte a un personaggio con tante dimensioni. Lei è anche altro e non solo la carceriera e l’antagonista di Sara. Di Nur mi interessava mostrare la fragilità appartenente a molte delle persone che entrano nel Califfato per sentirsi parte di una comunità. Il genio di Alessio è stato anche quella di renderla umana mostrandola decisa, ma anche esitante.

Backstage e foto di scena durante le riprese del film Profeti di Alessio Cremonini con Jasmine Trinca. Prodotto da Cinema Undici e Luck Red. Foto di Kash Gabriele Torsello
Il personaggio di Isabella Nefar
Stiamo parlando di un personaggio sfaccettato, al quale ci si avvicina con sentimenti e pensieri contrastanti. Anche andando avanti nella sua conoscenza è difficile esprimersi su di lei in maniera netta.
Esatto. Guardando il film ci sono alcuni momenti, come quello in cui, dopo la morte del marito, lo Sceicco le comunica che dovrà sposare un altro uomo, in cui ci si chiede cosa pensa. In quel momento Nur ha la faccia coperta dal hijab, ma poco dopo, quando passa davanti allo specchio e vede i suoi occhi, puoi provare a capire qualcosa di più. Alessio in questo mi ha dato fiducia, permettendomi di andare a fondo del personaggio.
Il fascino di Nur deriva anche dal rimanere fino all’ultimo sfuggente. Pur andando avanti con la storia capisci che in lei c’è dell’altro, senza sapere cos’è.
Sì, questa è stata una delle cose che mi aveva colpito di più quando avevo letto il copione. D’altronde è una caratteristica del cinema di Alessio, quella di non darti una sola risposta, lasciando allo spettatore la possibilità di decidere da che parte stare. Per fortuna Profeti non è un film che vuole imporre allo spettatore la propria idea.

Backstage e foto di scena durante le riprese del film Profeti di Alessio Cremonini con Jasmine Trinca. Prodotto da Cinema Undici e Luck Red. Foto di Kash Gabriele Torsello
Il cinema di Alessio Cremonini
Profeti rappresenta una dimensione materiale, ma anche mentale, con una cinematografia che assorbe anche elementi di matrice teatrale. Penso alla centralità delle riprese, all’utilizzo di un unico spazio, all’evocazione di una storia in parte “invisibile” che voi portate in scena incarnandola attraverso i vostri personaggi.
Penso che tutto questo faccia parte del lavoro di Alessio. Anche nel suo film precedente, Sulla mia pelle, c’erano questo tipo di scene, fatte di inquadrature fisse, con personaggi che si parlano per diversi minuti, senza bisogno di utilizzare campo e contro campo. In questo modo riesci a sentire l’esiguità dello spazio, ma anche il senso di prigionia materiale e interiore vissuto dai protagonisti. Il fatto di non vedere mai la luce esterna rende bene la dimensione di claustrofobia vissuta dai due personaggi.
Di questo viaggio interiore Nur rappresenta la parte più concreta nel senso che a lei non solo spetta il compito di occuparsi della prigioniera, ma anche di favorirne la crisi di identità. Una consistenza resa anche dal fatto che Nur mentre parla è sempre impegnata in azioni quotidiane. Questa riporta sempre il film a una realtà fatta di cose concrete.
Sì, anche questa è stato un aspetto di forte presa nei miei confronti, e cioè il fatto di come Nur porti Sara ad avvicinarsi alla conversione senza forzature, ma attraverso un giro diverso, più ampio, anche in termini di tempo. Quando lo sceicco le chiede di fare più in fretta lei risponde di aspettare, di dare alle cose il tempo di fare il suo corso. Quella di lasciare andare le cose invece che agire in maniera diretta e brutale appartiene all’atteggiamento femminile.

Sara e Nur
La quotidianità di Nur è sempre in funzione di una controparte, mai di se stessa. Paradossalmente anche il lavaggio del corpo trova una spiegazione “esterna”, ossequio alle leggi del Corano.
In Nur tutto è più scoperto: un po’ per il fatto di stare nella sua casa, un po’ perché la religione che ha abbracciato la porta a pregare molte volte al giorno, a fare le abluzioni. La conversione di Sara è parte di queste azioni.
Penso che la conversione si spieghi anche dallo stretto contatto giornaliero tra Sara e Nur. Una vicinanza così assoluta può dare vita a processi di imitazione.
Esatto. Penso che anche Alessio ci abbia pensato. L’essere per così tanto tempo a stretto contatto con una persona con cui condividi la stessa casa, lo stesso letto, e con cui stai sempre insieme senza separarti mai può innescare questo tipo di reazione. Nur è molto abile a portare Sara nella sua direzione. Anche il dettaglio di lavarsi i denti a letto diventa un pretesto per parlare del Profeta.
In questo processo il personaggio di Nur rimane sempre in bilico tra l’essere carnefice, complice o semplice testimone. Talvolta assume il ruolo maschile, come quando sottolinea di dormire nel letto occupando il lato che spettava al marito. Pur se in maniera impercettibile all’interno di questo schema i vostri ruoli cambiano di continuo. Anche in termini di temperatura emotiva.
Sì, sono d’accordo. Lei fin da subito fa capire le regole. Prima della scena del letto dice a Sara quello che non può fare. Subito dopo però si mostra più comprensiva, spronandola a parlare apertamente. Il che, se ci pensi, è un po’ una contraddizione rispetto alla condizione di cattività imposta alla sua interlocutrice.

Similitudini e differenze
Come rappresentanti di culture diverse Nur e Sara in fondo sono più simili di quanto immaginano. Entrambi sacrificano tutto al proprio credo. Nur fa così con la religione, Sara con la professione di giornalista.
Penso che il film smentisca certi luoghi comuni riguardo alla distanza tra Oriente e Occidente. Peraltro le due donne vengono da un passato molto simile. Hanno vissuto entrambe in Europa per poi fare scelte differenti ma come dici, caratterizzate da un credo molto forte. Entrambe vivono sotto un patriarcato. Nur lo fa capire a a Sara quando afferma che la libertà della donna occidentale non è poi tanto differente dalla sua, perché in maniera diversa entrambe accettano un sistema di tipo patriarcale. D’altra parte la similitudine riguarda anche la loro condizione. Nur non si sente prigioniera però in qualche modo anche lei è vittima di un sistema.
Profeti è un film profondamente contemporaneo anche nel mettere in scena due personaggi femminili per farne le protagoniste della storia. Peculiare è invece la rappresentazione del tradimento della complicità femminile, della cosiddetta sorellanza, oggi più che mai al centro dell’indagine cinematografica. In questo senso lo spaccato raccontato dal film arricchisce la rappresentazione della condizione femminile dei nostri giorni.
È un discorso molto complesso perché inizialmente i ruoli sono chiari su chi è la vittima e chi il carnefice. Poi subentra uno spazio d’ascolto tra i due personaggi che in qualche modo finisce per creare una complicità. Quando Sara decide di convertirsi lei le dice che saranno sorelle. Quindi a mio avviso una complicità esiste, anche se poi verrà spezzata quando Sara capirà di essere stata in qualche modo manipolata.
Isabella Nefar e Jasmine Trinca
Per il tipo di storia e per come è stato girato era necessario che tra te e Jasmine ci fosse un’assoluta sintonia. Immagino quanto sia stato importante per voi poter contare sui piani d’ascolto.
Non essendoci conosciute prima e non avendo mai fatto delle prove sono stati di grande aiuto. Alessio lo è stato. La sua sceneggiatura è riuscita a ridurre tutto all’essenziale. Tra Nur e Sara non c’è una conversazione colloquiale, ma un grande ascolto e molta attenzione rispetto alle cose da dire. È stato tutto molto organico, tra le battute, il fatto che io e Jasmine non ci fossimo mai conosciute prima, e poi con il set, stretto e claustrofobico. Tutto portava a quel tipo di relazione.
Lo era anche la posizione della mdp, sempre o quasi addosso ai vostri corpi. Il volto è stato uno strumento di comunicazione decisivo.
Non avendo scene in esterno ma piani fissi, in cui siamo spesso sedute, molte delle battute erano pronunciate dagli occhi e dallo sguardo. Il non detto continuava a parlare nel nostro monologo interiore. Da qui, credo, la posizione della mdp, fissa e vicina a noi.
Il carattere di Nur attraverso Isabella Nefar
Profeti è un film rigoroso nella sua essenzialità. Questo secondo me ha fatto si che entrambe vi siate aiutate con qualsiasi particolare presente sul set. Nel tuo caso i vestiti sono stati molto importanti. Ne indossi di diversa foggia e colore. Di stampo religioso ma anche casual. Ogni variazione ti ha permesso di mostrare un lato del carattere di Nur.
Mi hanno aiutato tantissimo! La prova costumi ci ha permesso di scegliere in quale direzione andare. Se optare per una rappresentazione più classica o per un’altra, più veritiera. Indossando queste tuniche mi sono sentita dentro una sorta di uniforme. Stringermi i capelli all’indietro mi ha subito fatto sentire come Nur, centrata sul da farsi alla maniera di un militare. Cosa che lei era, avendo avuto un passato da foreign fighters. Peraltro una volta indossate sei costretto ad assumere una posizione diversa dal solito, anche nel modo di camminare. Il fatto che Nur vesta Sara con i suoi stessi abiti mi sembrava la direzione più adatta per ricreare questo mondo di prigionia. In quelle condizioni basta un vestito per annullare la tua identità.
Come si diceva, appari per lo più seria e determinata. In alcuni momenti, però, lasci palesare nel tuo personaggio la presenza di una fanciullezza che ci riporta agli aspetti meno forti e conosciuti della personalità di Nur. La scena della cioccolata mangiata sul letto sembra quasi una trasgressione alla sua militanza.
Quando ho letto quella scena mi sono detta che era bellissima perché ci dava la possibilità di rendere il personaggio in maniera più complessa. Nonostante sia un personaggio crudele, affiliata al piano di persone che credono nella violenza e in un mondo fatto di alcune regole atroci, lei la sera sta seduta a letto e quello che vuole fare è mangiare la cioccolata. L’ho trovata un dettaglio molto interessante Quando mi sono documentata su alcune di queste ragazze, una di loro mi diceva che in aeroporto, prima di lasciare l’Europa, è andata al supermercato a comprare un sacco di scatole di cioccolato e menta perché sapeva che arrivando in Siria non le avrebbe trovate.

Backstage e foto di scena durante le riprese del film Profeti di Alessio Cremonini con Jasmine Trinca. Prodotto da Cinema Undici e Luck Red. Foto di Kash Gabriele Torsello
Attrice e personaggio
Come attrice ti era richiesto di sposare una mentalità molto dura. In questo caso la regola di non giudicare il tuo personaggio era fondamentale.
Certo. Il personaggio così come lo vedi era stato scritto da Alessio. La osserviamo sempre molto centrata e attenta alle parole. Quando ho letto il personaggio di Nur c’erano degli aspetti così vicini alle mie origini da poter condividere alcune sue posizioni perché alla fine l’Islam di cui parla in taluni passaggi è anche bello. Nonostante io non sia una persona religiosa, in quei momenti era per me più comprensibile. Poi ci sono dei momenti in cui dice cose atroci rendendo più difficile l’immedesimazione. La concentrazione mi ha permesso di rimanere dentro le sue decisioni e sulla concretezza del suo modo di parlare.
Il tuo mestiere è un insieme di astrazione e immedesimazione. Qual è il tuo metodo?
Dipende dal progetto. Per Nur mi interessava capire il credo più che la persona. Ho fatto molta ricerca su coloro che si arruolano all’Isis. Vivono in paesi dell’Occidente dove i progetti di integrazione sono inefficaci e questo provoca un sentimento di estraneità da cui deriva la ricerca di luoghi in cui sentirsi parte di una comunità. Essendo state vittima di razzismo e alienazione, entrare nel Califfato le fa sentire coi piedi finalmente a terra e parte di qualcosa.
Nella realtà, e diversamente dalle vicende del film, le vostre posizioni erano in un certo senso invertite perché di fronte avevi un’attrice italiana molto affermata mentre per tu eri al tuo primo lungometraggio italiano. La possibile soggezione nei confronti di Jasmine poteva nuocere alla credibilità del tuo personaggio. Così non è stato.
Grazie a Jasmine mi sono sentita a mio agio e senza alcun timore. Sapevo del suo talento e della sua grande carriera mentre io ero al debutto in Italia, al mio primo film da coprotagonista. Accanto a lei e ad Alessio mi sono sentita accolta e libera di mettere in Nur tutto ciò che avevo in mente.
Il cinema di Isabella Nefar
Parliamo dei tuo modelli cinematografici.
Se ti facessi la lista di attori e registi preferiti faremmo notte. Tra questi c’è di sicuro Patricia Arquette. Lei è capace di unire la comicità a un lato molto dark. Vedermi come lei nei prossimi vent’anni mi farebbe molto piacere. Come registi mi piace molto Yorgos Lanthimos. Essere in un suo film sarebbe una bella sfida perché i suoi attori devono essere concreti pur avendo a che fare con dei concetti astratti.
Del cinema italiano cosa ti piace?
Tantissimo Martin Eden. Luca Marinelli è uno degli attori giovani più bravi in assoluto. Matteo Garrone è un altro regista di cui mi piace l’intera filmografia. Amo molto il realismo di Jonas Carpignano.
Guardando Profeti non si può fare a meno di pensare a cosa sta capitando in Iran…
Credo che il film sia uscito in un momento veramente significativo rispetto a quello che sta succedendo in molti paesi del Medio Oriente. Per come mette in luce la condizione della donna Profeti ci insegna in qualche modo che li sono molto spesso le donne a prendere in mano la situazione per cercare di cambiarla. Lo vediamo all’inizio attraverso la combattente curda. Nonostante sia prigioniera di quel mondo ha comunque scelto lei di farne parte diventando una combattente. Credo che questo metta in luce quanto sta succedendo in Iran come in Afghanistan, dove sono state le donne ha iniziare le proteste. Se il film mette in luce la natura combattente delle donne Medio Orientali rispetto a quelle occidentali penso anche che Profeti voglia lanciare un concetto meno divisorio tra questi due mondi. La lotta al patriarcato esiste in entrambi e credo che il film lo dica in maniera chiara.