Asciutto, crudo, efficace: è quanto basta per descrivere The Wrestler di Darren Aronofsky vincitore del Leone d’Oro alla 65ª Mostra del cinema di Venezia. Nel cast Mickey Rourke, Marisa Tomei e Evan Rachel Wood.
Distribuzione Lucky Red
La trama di The Wrestler
Alla fine degli anni ottanta il wrestler professionista Robin Ramzinski, noto con il nome d’arte di Randy “The Ram” Robinson, è al culmine della carriera, dopo aver sconfitto in un match memorabile per il wrestling il suo acerrimo avversario, l’Ayatollah. Anni dopo tira avanti esibendosi per i fan del wrestling nelle palestre dei licei e nelle comunità del New Jersey. Ridotto in povertà, separato dalla moglie, allontanatosi dalla figlia Stephanie ed incapace di sostenere un qualsiasi vero rapporto umano, Randy vive per il brivido dello show, per l’adrenalina del combattimento e per l’adorazione dei fan. (trama ufficiale).
Recensione
Mdp a spalla, piani-sequenza, qualche isolato jump-cut (salto nel montaggio) e una fotografia ruvida e sgranata costruiscono l’architettura essenziale ma compatta di questa pellicola in cui Mickey Rourke giganteggia incontrastato.
Il sogno americano è infranto e il vento del fallimento spazzano via le ultime carcasse dell’edonismo reaganiano.
Gli antieroi, oramai divenuti i protagonisti assoluti di una cospicua fetta della cinematografia a stelle e strisce, rivelano il lato oscuro della luna. Si perde, finalmente. Ma non si smette di combattere, fino all’ultimo respiro. Il vero “loser” non è più chi fallisce, ma chi non ha mai provato a tracciare il proprio cammino.
Una certa iconografia cristologica intesse la figura di questo tenace lottatore che, nonostante una grave cardiopatia, non vuole, né può sottrarsi ad un fatale destino. Dopo un incontro particolarmente violento, la sua carne martoriata rievoca prepotentemente le torture subite dal Nazareno di Mel Gibson. Ma probabilmente l’accostamento più lusinghiero che si potrebbe azzardare è suggerito da quella nutrita schiera di “poveri cristi” che rimpinguarono le pellicole del primo Pasolini, quello epico e naturalmente catto-comunista.
The Wrestler: Ai margini
D’altronde tutta la messa in scena mostra un individuo che vive ai margini della middle-class statunitense e che, contemporaneamente, non ha alcuna coscienza politica. Insomma un sottoproletario che, anche in virtù di una complicata situazione familiare, sembra un degno epigono del Citti di Accattone.
La coltre di polvere, accumulata sotto i tappeti arabescati degli uffici asettici della Grande Mela, si libra libera nell’aria, come le ceneri di Ground Zero, intossicando i polmoni di coloro che non ne sospettavano nemmeno l’esistenza.
Nessuno meglio di Rourke poteva interpretare il ruolo di questo personaggio solo, segnato dal tempo, dimenticato.
Rourke non vinse, ma Wenders, presidente della giuria a Venezia, dopo aver reso note le premiazioni relative alle migliori performance attoriali maschili, alluse, neanche troppo velatamente, alla superiorità della prestazione di Rourke rispetto a quella di Silvio Orlando. Ai posteri la sentenza.
Diceva Beckett:
“Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.”
L’anno del dragone di Michael Cimino, con Mickey Rourke
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