Dal 23 febbraio su Mubi è possibile recuperare un interessante film intitolato The loneliest planet, interpretato dalla star messicana Gael Garcia Bernal nei panni di un sensibile fidanzato che decide, assieme alla affiatata compagna, di concedersi una vacanza a piedi lungo i sentieri montuosi e impervi, ma magnifici, del Caucaso.
Scortati da una guida locale che riesce a diventare poco per volta loquace, i due andranno incontro a un inconveniente dal quale scaturirà una reazione istintiva probabilmente anche comprensibile, ma in grado di apportare conseguenze irreparabili a un rapporto di coppia che pareva perfetto.
La ragione, il sentimento, e l’istinto di sopravvivenza…
Una affiatata coppia di trentenni, Alex (Gael Garcia Bernal) e Nica (Hani Furstenberg), appassionati di gite a piedi, decidono di intraprendere un viaggio tra le affascinanti montagne del Caucaso.
In un primo momento i due si prefiggono di organizzare e portare a termine da soli quel lungo e tortuoso percorso, ma strada facendo si rendono conto che una guida risulterà di sicuro una scelta lungimirante e prudente, oltre che opportuna.
Il viaggio si rivela duro come preventivato, ma la bellezza di quegli spazi aperti contaminati sembra ripagare i coniugi di tutti i sacrifici.
Un giorno, tuttavia, l’incontro con alcuni pastori nomadi crea un fraintendimento e una reazione improvvisa dalla quale scaturisce una controreazione da parte di Alex che lascerà interdetta e completamente senza parole la moglie.
In seguito il viaggio proseguirà con meno emozioni, segnato da quel fatto che, rivisto anche con uno spirito più meditativo e riflessivo, non impedirà tuttavia da una parte di rinunciare a farsi delle domande, e dall’altra innescherà una sorta di mortificante e lacerante senso di colpa che, probabilmente, avrà effetti devastanti sul futuro di una coppia che, fino a poco prima, pareva perfetta e armoniosa.
The loneliest planet: la recensione
Il secondo film da regista della videoartista americana, ma di origini russe Julia Loktev, prova a sondare le reazioni incontrollate che guidano l’essere umano e lo inducono talvolta a rendersi protagonista di reazioni che non esprimono il sentimento originario che il soggetto prova, imponendogli reazioni che egli stesso non sa spiegarsi come abbia potuto intraprendere.
Sarà proprio una di queste azioni guidate dall’istinto che finirà per mettere a repentaglio un’unione che, fino a pochi istanti prima di quel gesto, pareva improntata a una simbiosi perfetta di interessi, sentimenti e attrazione fisico-sessuale.
Se da un punto di vista generale l’idea di incentrare tutto un film su una reazione di pochi secondi in tutto appare originale, come profonde e drammatiche appaiono le conseguenze che deriveranno da quel gesto spontaneo, va anche detto che il resto della storia si rivela inevitabilmente un po’ succube di tutta una attività descrittiva e preparatoria che si rivela non particolarmente incalzante.
Istinto fuori controllo o “forza maggiore”?
Certo la regia sfrutta con una certa astuzia e lungimiranza i paesaggi mozzafiato di una zona montuosa davvero lussureggiante e maestosa, ma la preparazione alle conseguenze è davvero un po’ troppo lunga e non particolarmente incalzante.
I due attori protagonisti, dal canto loro, appaiono piuttosto credibili e affiatati per rendere credibile la loro coppia, e il soggetto del film ricorda curiosamente un altro noto film del celebrato regista Ruben Östlund, ovvero quel controverso e stordente Forza maggiore che, a conti fatti, si rivela una delle vette del celebre cineasta due volte Palma d’Oro a Cannes premiato nel 2022 per Triangle of Sadness.
Forza maggiore di fatto dimostra di saper gestire meglio la premessa e la conseguenza di un medesimo gesto compiuto in concomitanza di episodi nettamente distinti l’uno dall’altro rispetto a questo The loneliest planet, ma certo il fatto di risultare datato posteriormente al film della Loktev, induce quantomeno a porsi qualche interrogativo sull’originalità dell’idea che sta alla base del film di Östlund.